Lawfare in Ecuador

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La pandemia non ferma le operazioni lawfare in America Latina contro i principali dirigenti delle sinistre progressiste e socialiste.

Nella giornata di martedì un tribunale della Corte nazionale di giustizia dell’Ecuador ha condannato l’ex presidente Rafael Correa a 8 anni di prigione per il presunto crimine di “corruzione aggravata”, considerato colpevole in concorso con l’ex vicepresidente Jorge Glas.

La sentenza non solo condanna Correa alla prigione, ma disabilita anche la sua partecipazione politica in Ecuador per 25 anni, un fatto che l’ex presidente ecuadoriano ha denunciato e che ha descritto come una persecuzione politica dell’attuale presidente, il traditore Lenín Moreno.

Moreno è stato vicepresidente dal 2006 al 2013 con Rafael Correa alla presidenza. Successivamente viene candidato alla presidenza nel 2017 affiancato da Jorge Glas come vicepresidente. Una volta eletto, su una piattaforma politica di continuità con Rafael Correa, compie un’incredibile inversione di marcia adottando politiche di stampo neoliberista.

Secondo la sentenza, emessa dai giudici Iván León, Marco Rodríguez e Iván Saquicela, nel caso chiamato “Casi di corruzione 2012-2016”, Correa e Glas sono considerati “responsabili di istigazione alla corruzione aggravata”.

L’autorità giudiziaria ha precisato che la vittima in questo caso è lo Stato e che ciò è stato dimostrato dalla Procura. «È stato dimostrato che i pagamenti sono stati riportati al livello gerarchico superiore, guidato da Rafael Correa e dall’ex vicepresidente Jorge Glas».

La risposta di Correa è arrivata tramite il social network Twitter: «Non imparano dalla storia. Non hanno capito nulla di Lula, Cristina, Evo. Certo, con questa persecuzione hanno fatto un danno a breve termine! Ma a lungo termine ci rendono solo invincibili. Non saranno in grado di cambiare il corso della storia. Resisteremo e vinceremo!».

A subire la stessa condanna a 8 anni anche 20 ex funzionari del partito politico guidato da Correa, Alianza PAÍS, accusati di finanziamento illecito dell’organizzazione politica.

Al portale RT, Correa da Bruxelles ha dichiarato: «Li aspettavamo, erano disperati nel condannarmi per qualcosa. L’ex presidente ecuadoriano ha poi aggiunto: «In uno stato di diritto, sarebbe impossibile».

Dal suo punto di vista, è stata presa la decisione giudiziaria di limitare le sue aspirazioni elettorali e distogliere l’attenzione pubblica dall’emergenza sanitaria che la nazione sta attraversando, nel mezzo della pandemia di coronavirus: «Distraggono le energie del paese, dovremmo essere preoccupati per i morti non sepolti».

A questo proposito, l’intervistato ha insistito sul fatto che le autorità dovrebbero ora concentrarsi su «come sta crescendo l’epidemia».

Guayaquil, città dell’Ecuador sull’Oceano Pacifico, capoluogo della Provincia del Guayas e del Cantone di Guayaquil, vero cuore economico del paese andino, vive una grave crisi provocata dalla pandemia di Covid-19. I morti vengono lasciti per le strade e i corpi marciscono o vengono dai alle fiamme per le strade della città. Le pompe funebri sono chiuse, finanche le bare scarseggiano. Forse l’emblema del fallimento di Lenin Moreno capace di riportare l’Ecuador ai suoi tempi più bui. Quella ‘larga noche neoliberal’ da cui Rafael Correa aveva tirato fuori il paese con grandi sacrifici.

L’ex presidente ha annunciato che è intenzionato a portare il suo caso all’attenzione dei livelli più alti di giustizia: «Vinceremo nei tribunali internazionali», ha promesso.

Sottolineano che nel suo caso vi sono chiari aspetti di fallacia nelle accuse: «La prova principale sono i file nella cartella di un consulente. Siamo riusciti ad averli e con perizia internazionale abbiamo dimostrato che sono stati “hackerati” nel 2016 e modificati fino al 2018, qualcosa di totalmente manipolato».

Sulla situazione politica e giudiziaria in Ecuador, l’ex capo di Stato ha affermato che «non esiste giustizia e l’Europa non dice nulla».

«L’Ecuador sta attraversando una crisi umanitaria senza precedenti. Tuttavia, la persecuzione non si ferma poiché temono che Rafael Correa e la ‘revolución ciudadana’ vincano nuovamente nelle urne. Basta con gli abusi», ha denunciato tramite Twitter Ricardo Patiño. Ex ministro degli Esteri, Economia e Difesa durante la presidenza di Correa. Abusi ancor più gravi perché arrivano nel pieno di una pandemia dove l’Ecuador è investito in pieno e le politiche del governo Moreno risultano inadeguate.

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