Scontro di risoluzioni sul Venezuela nel Consiglio dei Diritti Umani

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Poche ore fa, il Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite (ONU), con sede a Ginevra, ha tenuto la 45a Sessione Ordinaria in cui si è ratificata ed estesa la presenza e lo sviluppo della cooperazione ed assistenza tecnica con il Venezuela da parte dell’Ufficio dell’Alta Commissaria che rappresenta Michelle Bachelet, avviata nel 2019.

Questo ufficio è l’unica istanza dell’ONU costituita per occuparsi di temi sui diritti umani ed, inoltre, attualmente mantiene coordinamenti permanenti con lo Stato venezuelano per lo sviluppo di questa materia.

Dopo il tendenzioso e politicizzato rapporto della Missione ‘Indipendente’ di Determinazione dei Fatti per il Venezuela (MDH), promossa dal Gruppo di Lima, gli operatori della guerra contro il Venezuela cercavano di intensificare le pressioni internazionali con la scusa dei diritti umani, i cui fini, a breve termine, consistono nell’impedire che si realizzino le elezioni parlamentari del 6 dicembre.

Dando continuità a questa strategia, il Gruppo di Lima ha inviato la richiesta al Consiglio dei Diritti Umani per estendere il mandato parallelo della Missione “Indipendente”.

In mezzo alle attuali tensioni geopolitiche, in cui i poli imperiali occidentali stanno utilizzando strumenti di coercizione militari ed economici in modo sempre più diretto, questa istanza dell’ONU è immersa in questo difficile scenario, cosicché l’Ufficio presieduto da Bachelet e la “Missione” promossa dal Gruppo di Lima, hanno ottenuto il via libera nella sessione del Consiglio.

VOTAZIONI E LA CORRELAZIONE DI FORZE

La prima risoluzione che sosteneva la presenza e cooperazione dell’Ufficio dell’Alta Commissaria è stata presentata da Iran, Siria, Turchia e Venezuela ed è stata approvata con 14 voti a favore, 26 astensioni e 7 voti contrari. Al contrario, la “Missione” parallela del Gruppo di Lima ha ottenuto 22 voti a favore, 22 astensioni e 3 voti contrari.

Ma quali sono i voti più importanti in ciascuna risoluzione? Nella risoluzione della Missione “Indipendente” hanno votato a favore paesi legati alla campagna di “massima pressione” USA contro il Venezuela, principalmente i membri del Gruppo di Lima, Germania, Olanda, Spagna ed Ucraina.

Diversi media ed opinionisti dell’opposizione, si sono cartellizzati per valorizzare, come insperato, il voto dell’Argentina a questa risoluzione, ignorando i grandi limiti del paese sudamericano come la coazione del debito ed un orientamento della sua politica estera compiacente con gli USA.

Tuttavia, il Messico, seguendo la Dottrina Estrada, ha votato a favore della risoluzione per il coordinamento del lavoro con l’Ufficio guidato da Bachelet, accompagnato da alcuni paesi africani membri del Consiglio.

In questa votazione, paesi come Argentina, Germania e Spagna si sono astenuti. E molto prevedibilmente, disconoscendo l’Ufficio dell’Alta Commissaria, hano votato contro i paesi latinoamericani allineati agli USA: Brasile, Cile, Perù ed Uruguay.

Sebbene il Venezuela abbia emesso un comunicato ribadendo il suo impegno nei confronti dell’Ufficio dell’Alta Commissaria, disconoscendo, in modo categorico, la duplicità con altri meccanismi, la proroga per la “Missione” parallela, appendice del Gruppo di Lima, servirà da ariete per silurare la cooperazione ed attaccare l’impegno dello Stato venezuelano in materia di diritti umani.

Inoltre, l’estensione della “Missione” implica il proseguimento del frustrato tentativo di soppiantare la presenza del Venezuela nel Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU, ottenuta nell’ottobre dello scorso anno con 105 voti.

In questo senso, il Venezuela accoglie con favore l’approvazione della risoluzione che sostiene il lavoro congiunto con l’Ufficio dell’Alta Commissaria per i Diritti Umani, che nonostante riflettere alcune contraddizioni con lo Stato venezuelano, detta istanza si trova nel quadro costitutivo dell’ONU e riconosce le legittime autorità del Venezuela.

DIRITTI UMANI COME ARMA GEOPOLITICA

E’ stata evidente la strumentalizzazione del discorso sui diritti umani, soprattutto da parte USA. Discorso che è stato nutrito dai grandi media che facilitano la sua agenda geopolitica per continuare ad esercitare pressioni su alcuni paesi che spingono un modello alternativo.

Questo scenario non è l’eccezione. Si è forzata la narrativa sui diritti umani per promuovere un cambio di governo da queste istanze internazionali. La guerra contro il Venezuela si sviluppa su più fronti, tanto dalle minacce belliche come dalle interferenze distruttive promosse da spazi diplomatici. Cioè, la geopolitica abbraccia tanto la guerra che la diplomazia, i mezzi con cui si organizzano le coalizioni tra Stati.

Pedro Baños nel suo libro “Il Dominio Mondiale”, spiega che la diplomazia coercitiva usa la coazione, applicando misure economiche come sanzioni, embarghi, congelamento di beni ed espulsione da organismi internazionali. Queste azioni aggressive sono altamente dannose per i paesi non allineati agli USA.

Storicamente, ci sono infinite registrazioni di come i diritti umani siano usati come scusa per intervenire in paesi contrari agli interessi USA, usando, a posteriori, la giustificazione dell’intervento come una “salvezza”.

Reuters pubblicava, nel 2011, mesi prima dell’intervento militare in Libia, che, in quel paese africano, si estendevano le proteste contro Muammar Gheddafi e che la protesta era dovuta al fatto che i manifestanti “spontanei” volevano la fine degli abusi contro i diritti umani.

Successivamente quell’agenzia di notizie, utilizzando come fonti Human Rights Watch, Amnesty International, Dipartimento di Stato USA, faceva un breve resoconto di alcune denunce fatte da ONG, sostenendo che le forze di sicurezza “hanno arrestato centinaia di libici che si opponevano al loro governo o che le autorità temevano che potessero opporsi … le manifestazioni studentesche furono represse violentemente. Gli oppositori politici furono arrestati ed incarcerati”. Vale la pena ricordare la situazione della Libia di oggi.

A ciò si aggiunge l’invasione di Grenada nel 1983, dove l’Assemblea Generale ONU votò contro tale azione con 108 voti, avendo come risposta, dagli USA, che questa azione collettiva era necessaria per ripristinare la democrazia. E per concludere la giustificazione davanti all’ONU, l’allora presidente Ronald Reagan, espresse che “non era un’invasione ma una missione di salvataggio”.

Suona familiare? È lo stesso schema usato contro il Venezuela. In questo caso, la Missione “Indipendente” assume il compito di centralizzare il riesame dei casi di violazione dei diritti umani in Venezuela con un rapporto segnato da grandissime falle nell’uso deliberato delle fonti.

Le amministrazioni USA disprezzano un numero crescente di istituzioni e norme multilaterali, tuttavia si coinvolgono nei diversi scacchieri internazionali per portare avanti i propri obiettivi.

Attualmente, il Venezuela permane in un costante braccio di ferro geopolitico per evitare il fallimento del suo Stato e garantire la pace nella regione.


CHOQUE DE RESOLUCIONES SOBRE VENEZUELA EN EL CONSEJO DE DERECHOS HUMANOS

Hace pocas horas el Consejo de Derechos Humanos de Naciones Unidas (ONU), con sede en Ginebra, celebró la 45° Sesión Ordinaria en la que se ratificó y se extendió la presencia y desarrollo de la cooperación y asistencia técnica con Venezuela de la Oficina de la Alta Comisionada que representa Michelle Bachelet, iniciada en 2019.

Esta oficina es la única instancia de la ONU constituida para atender los temas de derechos humanos y, además, actualmente mantiene coordinaciones permanentes con el Estado venezolano para el desenvolvimiento de esta materia.

Tras el sesgado y politizado informe de la Misión “Independiente” de Determinación de Hechos para Venezuela (MDH), promovida por el Grupo de Lima, los operadores de la guerra contra Venezuela buscaban recrudecer las presiones internacionales con la excusa de los derechos humanos, cuyos fines, a corto plazo, consisiten en impedir que se realicen los comicios parlamentarios del 6 de diciembre.

Dándole continuidad a esta estrategia el Grupo de Lima envió la solicitud al Consejo de Derechos Humanos para extender el mandato paralelo de la Misión “Independiente”.

En medio de las tensiones geopolíticas actuales, en las que polos imperiales de Occidente están utilizando instrumentos de coerción militares y económicos de una manera cada vez más directa, esta instancia de la ONU se encuentra inmersa en ese difícil escenario, así que, la Oficina presidida por Bachelet y la “Misión” auspiciada por el Grupo de Lima, obtuvieron el visto bueno en la sesión del Consejo.

VOTACIONES Y LA CORRELACIÓN DE FUERZAS

La primera resolución que respaldaba la presencia y cooperación de la Oficina del Alta Comisionada fue presentada por Irán, Siria, Turquía y Venezuela y se aprobó con 14 votos a favor, 26 abstenciones y 7 votos en contra. En cambio, la “Misión” paralela del Grupo de Lima obtuvo 22 votos a favor, 22 abstenciones y tres votos en contra.

Pero, ¿cuáles son los votos más resaltantes en cada resolución? En la resolución de la Misión “Independiente” votaron a favor países acoplados a la campaña de “máxima presión” de Estados Unidos contra Venezuela, principalmente los miembros del Grupo de Lima, Alemania, Holanda, España y Ucrania.

Diferentes medios y formadores de opinión de la oposición, se cartelizaron para abrillantar como inesperado el voto de Argentina a esta resolución, haciendo caso omiso de las grandes limitaciones del país suramericano como la coacción de la deuda y una orientación de su política exterior complaciente con Estados Unidos.

Sin embargo México, siguiendo la Doctrina Estrada, votó a favor de la resolución para la coordinación de trabajo con la Oficina que lleva al frente Bachelet, acompañado por algunos países africanos miembros del Consejo.

En esta votación, se abstuvieron países como Argentina, Alemania y España. Y muy predecible, en desconocimiento a la Oficina de la Alta Comisionada, votaron en contra los países latinoamericanos alineados a Estados Unidos: Brasil, Chile, Perú y Uruguay.

Si bien Venezuela emitió un comunicado reiterando el compromiso con la Oficina de la Alta Comisionada, desconociendo de manera tajante la duplicidad con otros mecanismos, la prórroga para la “Misión” paralela, apéndice del Grupo de Lima, servirá como ariete para torpedear la cooperación y atacar el compromiso del Estado venezolano en materia de derechos humanos.

Además, la extensión de la “Misión” implica continuar con el ensayo frustrado de desplazar la presencia de Venezuela en el Consejo de Derechos Humanos de la ONU, la cual se obtuvo en octubre del año pasado con 105 votos.

En este sentido, Venezuela celebra la aprobación de la resolución que respalda el trabajo mancomunado con la Oficina de la Alta Comisionada de los DDHH, que a pesar de reflejar algunas contradicciones con el Estado venezolano, dicha instancia se encuentra dentro del marco constitutivo de la ONU y reconoce a las legítimas autoridades de Venezuela.

DERECHOS HUMANOS COMO ARMA GEOPOLÍTICA

Ha sido evidente la instrumentalización del discurso sobre los derechos humanos, especialmente, por parte de Estados Unidos. Discurso que ha sido nutrido por los grandes medios de comunicación que facilitan su agenda geopolítica para continuar ejerciendo presión sobre algunos países que empujan un modelo alternativo.

Este escenario no es la excepción. Se ha forzado la narrativa de los derechos humanos para impulsar un cambio de gobierno desde estas instancias internacionales. La guerra contra Venezuela se desarrolla en múltiples los frentes, tanto por las amenazas bélicas como por la interferencia destructiva impulsada desde espacios diplomáticos. Es decir, la geopolítica abarca tanto la guerra como la diplomacia, los medios por los cuales se organizan las coaliciones entre Estados.

Pedro Baños en su libro “El Dominio Mundial”, explica que la diplomacia coercitiva usa la coacción, aplicando medidas económicas como sanciones, embargos, congelación de activos y expulsión de organismos internacionales. Estas acciones agresivas son altamente perjudiciales para los países no alineados a Estados Unidos.

Históricamente, hay un sinfín de registros de cómo los derechos humanos son utilizados como excusa para intervenir a países contrarios a los intereses de Estados Unidos, empleando a posteriori la justificación de la intervención como una “salvación”.

Reuters publicaba en 2011, meses antes de la intervención militar a Libia, que en ese país africano se extendían las protestas contra Muamar Gadafi y que el reclamo se debía a que los “espontáneos” manifestantes querían el fin de los abusos contra los derechos humanos.

Luego esa agencia de noticias, usando como fuentes a Human Rights Watch, Amnistía Internacional, Departamento de Estado de EEUU, hacía un recuento breve sobre unas denuncias hechas por ONG, alegando que las fuerzas de seguridad “arrestaron a cientos de libios que se oponían a su gobierno o que las autoridades temían que pudieran oponerse…las manifestaciones estudiantiles fueron reprimidas violentamente. Los opositores políticos fueron arrestados y encarcelados”. Vale recordar la situación de Libia hoy día.

A esto se suma la invasión a Granada en 1983, donde la Asamblea General de la ONU votó en contra de tal acción con 108 votos, teniendo como respuesta por parte de Estados Unidos que esa acción colectiva era necesaria para restaurar la democracia. Y para rematar la justificación ante la ONU, el entonces presidente Ronald Reagan, expresaba que “no era una invasión sino una misión de rescate”.

¿Suena familiar? Es el mismo esquema usado contra Venezuela. En este caso, la Misión “Independiente” asume la tarea de centralizar la revisión de los casos de violación de derechos humanos en Venezuela con un informe marcado por grandísimas fallas en el uso adrede de las fuentes.

Las administraciones de Estados Unidos desprecian el número creciente de instituciones y normas multilaterales, sin embargo, se involucran en los diferentes tableros internacionales para avanzar en sus objetivos.

Actualmente, Venezuela permanece en un constante pulseo geopolítico para evitar el quiebre de su Estado y asegurar la paz en la región.

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