Salim Lamrani* https://lapupilainsomne.wordpress.com
Traduzione Alessandro Pagani
Uno sguardo alla “Nostra America”, la “Seconda Dichiarazione dell’Avana” e la “Dichiarazione dell’ALBA”
In occasione del Decimo anniversario della fondazione dell’Alleanza Bolivariana per i Popoli della Nostra America avvenuta nel 2004 e a 120 anni dalla caduta in combattimento di José Martí, è necessario analizzare attentamente tre testi fondamentali per l’integrazione latinoamericana.
Introduzione
I tre documenti, “Nostra America”, la “Seconda Dichiarazione dell’Avana” e la “Dichiarazione dell’ALBA”, rappresentano, invero, una sfida per realizzare l’integrazione latinoamericana in un contesto geopolitico dominato dall’oscura ombra egemonica degli Stati Uniti e che riflettono un prospettiva storica di quella che è stata l’epopea emancipatrice dei paesi del Nuovo Mondo dal XIX secolo fino al XXI. “Nostra America”, testo redatto nel 1891 da José Martí, Apostolo ed Eroe nazionale di Cuba, creatore del progetto di integrazione, costituisce quella preziosa cristalleria storica e ideologica atta per ottenere l’unità delle nazioni latinoamericane. “La Seconda Dichiarazione dell’Avana”, proclamazione pubblicata nel 1962 dopo il trionfo della Rivoluzione Cubana e come risposta sovrana dinanzi alla decisione delle Organizzazioni degli Stati Americani – sottomessi al potere statunitense – di rompere le relazioni diplomatiche con l’Avana, rivendica il progetto martiano e segnala come principale nemico dell’indipendenza e della sovranità del continente: il potere imperialista di Washington. Attraverso l’Alternativa Bolivariana per le Americhe del 2004, si pone in essere il sogno bolivariano e martiano verso l’integrazione continentale, con l’accordo tra Cuba e Venezuela, per una cooperazione strategica che – poi – si estenderà, di fatto, ad altre nazioni della Patria Grande; seppellendo, così, il progetto dell’ALCA portato avanti da quel “Nord farraginoso e brutale”.
“Nostra America”, testo primordiale che occupa uno spazio privilegiato nella storia del pensiero latinoamericano, riflette un sentimento di emancipazione. In siffatta esortazione all’unione necessaria, José Martí, precursore della lotta antimperialista, afferma che la federazione dei popoli latinoamericani – che gira intorno ai valori e agli interessi comuni – è l’unica strada verso la redenzione contro il “gigante dalle sette leghe”, che aspira a dominare il continente. Questo frammento – che riflette al meglio il pensiero martiano – rappresenta un’esortazione a serrare le file per impedire che gli Stati Uniti si impossessino delle ricchezze dell’America Latina, con lo scopo di ampliare la propria politica espansionista, così devastante per i popoli ispano-americani. In questo appello alla presa di coscienza e ad abbracciare la lotta, il Maestro privilegia la forza delle idee giuste e generose, le cosiddette “armi del giudizio”, giacché come egli ebbe a dire: “Trincee di idee valgono di più che le trincee di pietra”.
L’estratto della “Seconda Dichiarazione dell’Avana” è senza dubbio il testo più trascendentale della storia politica del continente, a partire dalla pubblicazione di “Nostra America”. Ispirato direttamente nell’idearlo martiano, di forti tendenze socialiste, siffatto documento esorta a tessere lacci indissolubili tra gli eterogenei membri della famiglia latinoamericana che ha come denominatore comune – beninteso – l’aspirazione ad ottenere la Seconda e (definitiva, NDT) indipendenza, passo verso quella che deve essere – finanche – l’emancipazione dal tallone imperialista statunitense. La marcia unita, di tutti i segmenti sociali, è una necessità storica e vitale per poter innalzare questa seconda battaglia comune contro l’oppressore del Nord, che rappresenta il principale ostacolo all’edificazione della Patria di Bolivar. Sicché, questo scritto costituisce un’appello a non lasciarsi sottomettere e a rafforzare la ribellione di tutte le nazioni contro un potere egemonico che ha come extrema ratio di annichilire le aspirazioni di libertà, eguaglianza e giustizia sociale degli umili e dei “poveri della terra” americana.
La “Dichiarazione Congiunta”, testo politico firmato dai presidenti Hugo Chavez (Repubblica Bolivariana del Venezuela) e da Fidel Castro (Repubblica socialista di Cuba) nel 2004, traccia la base indissolubile dell’attuale Alleanza Bolivariana per i Popoli della Nostra America. Questa coalizione integratrice nasce come opposizione alle ambizioni di Washington (e nella fattispecie dall’allora presidente USA, George W. Bush) che vorrebbe trasformare l’Emisfero Occidentale in una zona di libero commercio neo-liberale, e che – a sua volta – aprirebbe la strada alla sottomissione e dipendenza delle nazioni latinoamericane alla Casa Bianca. Il capitale trasnazionale domina le economie regionali e le relazioni tra il Nord e il Sud; là dove a imperare è la legge del più forte. Elaborata inizialmente come alternativa, l’ALBA è la risposta di quei due paesi che oggi rappresentano il più alto livello di potere popolare all’interno dello scacchiere politico e ideologico latinoamericano dinnanzi ai tentativi egemonici da parte del Nord. Essi, infatti, prediligono basare le relazioni nella reciprocità, nella solidarietà, nella non ingerenza nelle questioni interne e nel rispetto mutuo. Anche l’essere umano ha un ruolo importante, essendo al centro del progetto di società che si vuole costruire, dando così forza al sogno bolivariano e martiano di emancipazione sociale.
In che senso questi tre testi fondamentali, scritti – oltretutto – in tre secoli differenti, rivendicano la salvaguardia dell’indipendenza e dell’identità latinoamericane? perché vengono considerati come la base della Resistenza storica al potere egemonico degli Stati Uniti nel continente?
Sono tre gli aspetti fondamentali che rappresentano i testi quivi menzionati, e che rappresentano – finanche – l’argilla fondamentale dei differenti processi di integrazione e Resistenza agli interessi imperialisti degli Stati Uniti del Nord America. Primo, sebbene siano stati scritti in tre distinti periodi storici, tutti e tre segnalano uno stesso nemico comune, vale a dire quel “vicino formidabile” che disprezza e ignora ai popoli del Sud, o come direbbe José Martí, prendendo spunto dal testo della Seconda Dichiarazione dell’Avana – “al capitale monopolista yankee”, o a quel Nord che non nasconde i “suoi appetiti di dominio sulla regione”, che si evince nella Dichiarazione dell’ALBA. Orbene, l’unione di tutte le forze patriottiche del continente è la premessa per l’edificazione di una politica di Resistenza alla struttura egemonica che vuole seppellire i popoli latini attraverso la sottomissione e la schiavitù.
Pertanto, è necessario creare la federazione continentale, “La solidarietà più amplia possibile tra i popoli dell’America Latina e dei Caraibi”, dal momento che “è l’ora di serrare le file e di marciare uniti”, in quella che è questa “famiglia di 200 milioni di fratelli”. Insomma, l’obiettivo comune è di edificare la Patria Grande di tutti, dove “il meglio dell’uomo” prevalga nel cammino verso “un destino migliore comune” basato nella “cooperazione, la solidarietà e la volontà comune di avanzare tutti assieme verso i livelli più alti di sviluppo”.
- Un nemico comune: il potere imperialista ed egemonico yankee
Fin dalla fondazione delle Tredici colonie e l’inizio del processo espansionista, gli Stati Uniti si sono contraddistinti come la principale minaccia per quelle giovani nazioni latinoamericane di allora. La dottrina del “Destino Manifesto”, che istituzionalizzava la conquista di tutto il continente era presentata come la missione divina del “popolo imprenditore e rampante”, ebbe conseguenze devastanti per il Messico, che perse più della metà del suo territorio durante la guerra del 1846-48. Martí, visionario e uomo dei suoi tempi, interpretò con immensa lucidità il pericolo rappresentato da “i giganti che portano con se le sette leghe negli stivali” e che dedicò tutta la sua vita ad allertare i suoi compatrioti latinoamericani sulle mire egemoniche del potere imperialista del Nord. Ardente difensore della sovranità e dell’identità latinoamericana, il cubano, dotato di una forza spirituale impressionante, fu capace, inoltre, di moltiplicare i propri sforzi per ottenere l’indipendenza totale della sua terra natale, ostacolata da Washington fin dai principi del XIX secolo, per via della sua posizione geo-strategica e per le sue risorse naturali. In “Nostra America”, testo che ispira le gesta epiche del combattimento è anche uno stimolo alla Resistenza. L’Apostolo ricorda, infatti, che la lotta per l’indipendenza e la sovranità è un combattimento che si riflette in ogni istante della vita, con il fine di evitare di essere colonizzati dal potere che vuole opprimerci. “La piovra” solo attende il momento giusto per scagliarsi “con la sua forza che la contraddistingue” su quelle giovani repubbliche ispano-americane. Martí denunciava, altresì, coloro che aprivano “le porte allo straniero”, alludendo alle élite corrotte e putrefatte che pullulano nel continente e che non ci pensano un istante a firmare un patto con il diavolo del Nord, a consegnare l’economia nazionale e le risorse naturali, anteponendo, così, il proprio egoismo all’interesse della propria Patria. L’indipendenza dell’America Latina è pertanto minacciata dal disprezzo del vicino del Nord che – per via della sua avidità e della sua “tradizione di conquista”, si ostina a non volerla riconoscere.
La Seconda Dichiarazione dell’Avana si inserisce nella continuità di “Nostra America” e denuncia “lo stesso nemico” che segnalava lo stesso Martí. Dopo aver ottenuto l’indipendenza, all’indomani di una lunga lotta contro l’impero spagnolo che durò quasi un secolo e che costò non pochi sacrifici, l’America Latina si trova costretta a intraprendere una battaglia senza quartiere contro il potere statunitense, che non ha rinunziato a dominare il continente. Il luogo eletto per rendere pubblico siffatta proclamazione è nientemeno che la capitale di Cuba e questo rappresenta senza dubbio un gesto simbolico, dato che l’Isola di Cuba rappresenta senz’altro la lotta dei popoli del Sud contro tutti i demoni. In effetti, trent’anni di lotta tra 1868 e il 1898, durante la guerra di indipendenza che fu, inoltre, la più lunga e cruenta di tutto il continente, Cuba ha visto i suoi sogni di emancipazione frustrati per via dell’intervento imperialista degli Stati Uniti, che trasformarono la Patria di Martí in un volgare protettorato e in una repubblica neocoloniale.
Dopo sessant’anni di dominio statunitense, del 1898 al 1958, il popolo cubano realizzava – finalmente – il suo sogno di una Patria libera e sovrana grazie al trionfo della Rivoluzione capeggiata da Fidel Castro il Primo gennaio 1959. Fin da subito, però, l’isola dovette fronteggiare l’ostilità del vicino imperialista che non accettava la realtà di una Cuba sovrana, nonché la perdita di ciò che costoro definivano come la propria “frutta matura”. La Seconda Dichiarazione dell’Avana afferma solennemente che la lotta contro l’imperialismo yankee è un combattimento di tutta l’umanità e di tutti i popolo, in particolare dei più umili, “dei popoli ancestrali”, “dei contadini senza terra”, degli “operai espropriati”, ma anche delle “masse progressiste”, degli “intellettuali onesti e brillanti”. In altri termini, l’America Latina deve diventare l’esempio della Resistenza contro quel “Nord farraginoso e brutale” che tutt’oggi la disprezza.
La fondazione dell’ALBA è, quindi, una risposta all’ALCA, progetto di dominio economico elaborato da Washington per infiltrarsi nelle economie latinoamericane e dirigerle a favore degli interessi delle transnazionali statunitensi. L’ALCA è la continuazione dell’ALENA, zona di libero scambio che include i territori del Canada, Stati Uniti e Messico, creata nel 1994, e che ha devastato l’industria e l’agricoltura messicana, impossibilitate – quest’ultime – nel competere con i prodotti che giungono dal vicino Nord. Onde evitare un’approfondimento del neoliberalismo promosso dal presidente Bush, e che avrebbe gettato l’intera America Latina in una “dipendenza e subordinazione senza precedenti”, nacque un’alternativa elaborata da Fidel Castro e Hugo Chavez. Entrambi questi grandi statisti, che rivendicavano il progetto politico di Bolivar e Martí e che avevano beninteso gli interessi inconciliabili delle due Americhe e che “chi dice unione economica dice unione politica”, interpretarono l’ALCA come una delle differenti manovre di Washington per impossessarsi delle ricchezze del continente. L’ALCA ha come obiettivo di impedire l’indipendenza economica dei paesi del Sud e di rafforzare la dipendenza dei prodotti e finanziamenti del Nord, come si evince nel caso del debito estero.
Prima di proporre un modelle differente per la Patria Grande, l’ALBA si presenta – innanzitutto – come un bastione della Resistenza agli appetiti del gigante del Nord, che vorrebbe proseguire il saccheggio del continente e mantenerlo sotto controllo, ragione per cui rifiuta “con fermezza il contenuto e i propositi dell’ALCA”. Per porre fine con la “povertà”, con la “disperazione dei settori maggioritari” delle popolazioni latinoamericane, con la “snazionalizzazione delle economie regionali” e con la “sottomissione assoluta ai dettami stranieri” nacque – infine – l’ALBA.
Ciò detto, per poter resistere al “Nord farraginoso e brutale” e al suo potere egemonico, atto ad impossessarsi dell’intero continente, è importante rafforzare l’unione della famiglia americana che è accomunata dalle stesse aspirazioni, verso un destino migliore e che suddetti documenti riflettono.
Continua: “Le gesta emancipatrici verso l’integrazione dell’America Latina” (2/2)
- Dottore in Studi Iberici e Latinoamericani dell’Università di Parigi La Sorbona – Parigi IV, Salim Larari è professore titolare dell’Università de La Reuniòn e giornalista, specialista delle relazioni tra Cuba e Stati Uniti. Il suo ultimo libro si intitola The Economic War Against Cuba. A Historical and Legal Perspective on the U.S. Blockade, New York, Monthly Review Press, 2013, con un prologo di Wayne S. Smith e una prefazione di Paul Estrade
La gesta emancipadora hacia la integración de América Latina (1/2)
Una mirada a “Nuestra América”, la “Segunda Declaración de La Habana” y la “Declaración del ALBA” (1/2)
Salim Lamrani
En ocasión del décimo aniversario de la fundación de la Alianza Bolivariana para los Pueblos de Nuestra América en 2004 y a 120 años de la caída en combate de José Martí, conviene echar una mirada a tres textos fundadores de la integración latinoamericana.
Introducción
Los tres documentos, “Nuestra América”, la “Segunda Declaración de La Habana” y la “Declaración del ALBA”, simbolizan los desafíos de la integración latinoamericana en un contexto geopolítico dominado por la sombra tutelar hegemónica de Estados Unidos y esbozan un panorama histórico de esta epopeya emancipadora de los países del Nuevo Mundo desde el siglo XIX hasta el siglo XXI. “Nuestra América”, texto escrito en 1891 por José Martí, Apóstol y Héroe nacional de Cuba, creador del proyecto integrador, constituye el pilar fundacional del edificio unificador de las naciones latinoamericanas y echa las bases teóricas de esta aspiración histórica. “La Segunda Declaración de La Habana”, proclama publicada en 1962 tras el triunfo de la Revolución Cubana y la decisión de la Organización de Estados Americanos –supeditada al poder estadounidense– de romper las relaciones diplomáticas con La Habana, reivindica el legado martiano y señala al principal enemigo de la independencia y de la soberanía del continente: el poder imperialista de Washington. Con la Alternativa Bolivariana para las Américas de 2004, se consagra finalmente el sueño bolivariano y martiano de una integración continental con el establecimiento entre Venezuela y Cuba de un acuerdo de cooperación multifacético que se extendería a otras naciones de la Patria Grande, y queda sepultado el proyecto del ALCA defendido por el “Norte revuelto y brutal”.
“Nuestra América”, texto inaugural que ocupa un espacio privilegiado en la historia del pensamiento latinoamericano, cimienta el anhelo emancipador. En esta exhortación a la unión necesaria, José Martí, precursor de la lucha antiimperialista, recuerda que la federación de los pueblos latinoamericanos en torno a valores e intereses comunes es la única puerta de salvación contra el “gigante de las siete leguas” que aspira a dominar el continente. Este fragmento, revelador del pensamiento martiano, constituye una exhortación a cerrar filas para impedir que Estados Unidos se apodere de las riquezas de América Latina y prosiga su política expansionista tan devastadora para los pueblos hispanos. En este llamado a la toma de conciencia y al combate, el Maestro privilegia la fuerza de las ideas justas y generosas, las “armas del juicio” pues “trincheras de ideas valen más que trincheras de piedra”.
El extracto de la Segunda Declaración de La Habana es sin duda el texto más transcendente de la historia política del continente desde la publicación de “Nuestra América”. Inspirado directamente en el ideario martiano, de ideología socialista, ambiciona tejer lazos indisolubles entre les distintos miembros de la familia latinoamericana que aspira a conseguir su segunda independencia y emanciparse de la sombra imperial de Estados Unidos. La marcha unida, de todos los segmentos sociales, es una necesidad imperiosa y vital para poder librar esta segunda batalla común contra el opresor del Norte que representa el principal obstáculo a la edificación de la Patria de Bolívar. Este escrito constituye un llamado a la insumisión y a la rebeldía de todas las naciones contra un poder hegemónico que quiere aplastar las aspiraciones de libertad, igualdad y justicia social de los humildes y de los “pobres de la tierra” americana.
La Declaración Conjunta, texto político firmado por los presidentes Hugo Chávez de Venezuela y Fidel Castro de Cuba en 2004, echa las bases de la actual Alianza Bolivariana para los Pueblos de Nuestra América. Esta coalición integradora nace del rechazo a las ambiciones de Washington (dirigido entonces por el presidente George. W. Bush) que quiere imponer al continente una zona de libre cambio neoliberal que hundiría a las naciones latinoamericanas en la sumisión y la dependencia. El capital transnacional domina las economías regionales y las relaciones entre el Norte y el Sur se basan en la ley del más fuerte. Elaborada primero como alternativa, el ALBA es la respuesta de los dos países más progresistas del tablero político e ideológico latinoamericano a los impulsos hegemónicos del Norte. Preconiza basar las relaciones en la reciprocidad, la solidaridad, la no injerencia en los asuntos internos y el respeto mutuo y ubicar al ser humano en el centro del proyecto de sociedad, retomando así el ideario bolivariano y martiano.
¿En qué medida estos tres textos fundadores, escritos en tres siglos distintos, reivindican la preservación de la independencia y la identidad latinoamericanas y constituyen el fundamento de la resistencia histórica al poder hegemónico de Estados Unidos en el continente?
Tres ejes estructuran estos textos, pilares de los distintos procesos de integración y resistencia a los apetitos imperiales de los Estados Unidos de América. Primero, aunque esos escritos se redactaron en tres siglos distintos, todos señalan a un mismo enemigo común, a ese “vecino formidable” que desdeña e ignora a los pueblos del Sur, para decirlo con palabras de Martí, “al capital monopolista yanqui” que denuncia la Segunda Declaración de La Habana, o a ese Norte y “sus apetitos de dominación sobre la región” señalado en la Declaración del ALBA. Luego, la unión de todas las fuerzas patrióticas del continente es la premisa para la edificación de una política de resistencia al mastodonte hegemónico que quiere hundir a los pueblos latinos en la subordinación y la esclavitud. Resulta imprescindible alcanzar la federación continental, “la solidaridad más amplia entre los pueblos de la América Latina y el Caribe”, pues “es la hora del recuento y de la marcha unida” de esa “familia de 200 millones de hermanos”. Finalmente, el objetivo común es edificar la Patria Grande de todos, donde “lo mejor del hombre” prevalecería en el camino hacia “un mismo mejor destino” basado en la “en la cooperación, la solidaridad y la voluntad común de avanzar todos de consuno hacia niveles más altos de desarrollo”.
1. Un enemigo común: el poder imperial y hegemónico yanqui
Desde la fundación de las trece colonias y el inicio del proceso expansionista, Estados Unidos siempre ha constituido la principal amenaza para las jóvenes naciones latinoamericanas. La doctrina del Destino Manifiesto, que estipulaba que la conquista de todo el continente era la misión divina del “pueblo emprendedor y pujante”, tuvo consecuencias devastadoras para México, que perdió más de la mitad de su territorio en la guerra de 1846-1848. Martí, visionario y hombre de su tiempo, vio con lucidez el peligro “de los gigantes que llevan siete leguas en las botas” y dedicó su vida a alertar a sus compatriotas latinoamericanos sobre los designios hegemónicos del poder imperial del Norte. Ardiente defensor de la soberanía y la identidad de América Latina, el cubano, dotado de una fortaleza espiritual a toda prueba, multiplicó los esfuerzos para conseguir la independencia total de su tierra natal, codiciada por Washington desde principios del siglo XIX, por su posición geoestratégica y sus recursos naturales. En “Nuestra América”,texto de combate y estímulo a la resistencia, el Apóstol recuerda que la lucha por la independencia y la soberanía es un combate de todos los instantes, con el fin de evitar caer en la servidumbre de un poder opresor. “El pulpo” sólo espera el momento adecuado para caer “con esa fuerza más” sobre las jóvenes republicas hispanoamericanas. Martí denuncia también a quienes le abren “la puerta al extranjero”, aludiendo a las elites corruptas y apátridas que pululan en el continente y no vacilan en firmar un pacto con el diablo del Norte, en entregar la economía nacional y los recursos naturales, anteponiendo su egoísmo al interés superior de la patria. “La independencia” de América Latina resulta amenazada por el desdén del vecino del Norte que no la conoce y su “tradición de conquista” que suscita su “codicia”.
La Segunda Declaración de La Habana se enmarca en la continuidad de “Nuestra América” y denuncia “al mismo enemigo” que señaló Martí. Tras conseguir la independencia después de una larga lucha contra el imperio español que duró casi un siglo y le costó enormes sacrificios, América Latina se encuentra en la obligación de librar otra batalla mayor contra el poder estadounidense, que no ha renunciado a dominar el continente. El lugar elegido para hacer pública la proclama es la capital de Cuba y esto tiene un alcance simbólico pues la Isla de Cuba ejemplifica la lucha de los pueblos del Sur contra todos los demonios. En efecto, tras treinta años de lucha entre 1868 y 1898, en la guerra de independencia que fue la más larga y la más sangrienta de todo el continente, Cuba vio sus sueños emancipadores frustrados por la intervención imperial de Estados Unidos, que transformó la patria de Martí en un vulgar protectorado y en una república neocolonial. Tras sesenta años de dominación estadounidense de 1898 a 1958, el pueblo cubano realizó por fin su anhelo de una patria libre y soberana con el triunfo de la Revolución liderada por Fidel Castro el primero de enero de 1959. Pero inmediatamente tuvo que enfrentarse a la hostilidad del vecino imperial que no aceptaba la realidad de una Cuba soberana y la pérdida de su “fruta madura” tan codiciada. La Segunda Declaración de La Habana proclama que la lucha contra el imperialismo yanqui es un combate de toda la humanidad y de todos los pueblos, sobre todo de los más humildes, “los indios”, “los campesinos sin tierra”, “los obreros explotados”, pero también “las masas progresistas”, “los intelectuales honestos y brillantes”. América Latina debe dar el ejemplo en la resistencia a ese “Norte revuelto y brutal” que la desprecia.
La fundación del ALBA es una respuesta al ALCA, proyecto de dominación económica elaborado por Washington para penetrar en las economías latinoamericanas y supeditarlas a los intereses de las transnacionales estadounidenses. El ALCA es una ampliación de ALENA, zona de libre cambio que incluye los territorios de Canadá, Estados Unidos y México, creada en 1994, que destruyó la industria y la agricultura mexicanas, las cuales no podían competir contra los productos subvencionados procedentes del vecino del Norte. Para evitar “una profundización del neoliberalismo” promovido por el presidente Bush, lo que hundiría a América Latina en una “dependencia y subordinación sin precedentes”, nació una alternativa elaborada por Fidel Castro y Hugo Chávez. Ambos líderes, que reivindican el legado político de Bolívar y de Martí, ven el ALCA como una maniobra más de Washington para tomar posesión de las riquezas del continente pues saben, como dijera el Apóstol cubano, que “quien dice unión económica dice unión política”, y las dos Américas no tienen los mismos intereses. El ALCA tiene como objetivo impedir la independencia económica de los países del Sur y fortalecer la dependencia de los productos y financiamientos del Norte, como lo ilustra el caso de la deuda externa. Antes de proponer un modelo distinto para la Patria Grande, el ALBA se edifica primero como un baluarte de resistencia a los apetitos del coloso del Norte, que quiere seguir saqueando el continente y mantenerlo en la servidumbre, y por consiguiente rechaza “con firmeza el contenido y los propósitos del ALCA”. Para acabar con la “pobreza”, la “desesperación de los sectores mayoritarios” de América Latina, “la desnacionalización de las economías de la región” y la “subordinación absoluta a los dictados desde el exterior” nació el ALBA.
Pero para poder resistir al “Norte revuelto y brutal” y a su poder hegemónico, que quiere apoderarse de continente, es imprescindible fortalecer la unión de la familia americana que comparte las mismas aspiraciones a un mismo mejor destino y es lo que señalan los tres documentos históricos.
Sigue: “La gesta emancipadora hacia la integración de América Latina” (2/2)
*Doctor en Estudios Ibéricos y Latinoamericanos de la Universidad Paris Sorbonne-Paris IV, Salim Lamrani es profesor titular de la Universidad de La Reunión y periodista, especialista de las relaciones entre Cuba y Estados Unidos. Su último libro se titula The Economic War Against Cuba. A Historical and Legal Perspective on the U.S. Blockade, New York, Monthly Review Press, 2013, con un prólogo de Wayne S. Smith y un prefacio de Paul Estrade.