10/04/2005 di VITTORIO LONGHI |
Welfare cubano,
efficienza modello
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«L'efficienza del sistema occupazionale e previdenziale di Cuba è quasi un
miracolo». A dirlo non è un fanatico castrista, ma il direttore
dell'Organizzazione mondiale del lavoro (l'agenzia delle Nazioni unite, Ilo) per
l'America latina, Daniel Martinez. Questa settimana Martinez ha visitato l'isola
con i suoi analisti e non ha potuto che confermare i dati già forniti dal
ministro del lavoro, Alfredo Morales.
Il tasso di disoccupazione cubano si attesta oggi all'1,9% e il sistema contributivo messo a punto dal governo sembra avere innescato un circolo virtuoso che garantisce pensioni e servizi socio-assistenziali ai cittadini senza insostenibili appesantimenti di debito pubblico.
«In ogni tipo di economia - ha spiegato il direttore dell'Ilo - la previdenza sociale è a carico dei lavoratori e delle imprese, solo in parte lo Stato riesce a contribuire in modo adeguato, a causa di deficit accumulati e di spese incontenibili. A Cuba, invece, l'amministrazione assolve pienamente il proprio impegno».
Un risultato ancora più significativo se si considerano le limitazioni e i danni dell'embargo, del crollo dell'economia sovietica a cui Cuba era legata, del calo del turismo dopo l'undici settembre e di alcuni disastri naturali, come l'uragano del 2001. Gli undici milioni di abitanti continuano a lavorare prevalentemente per lo Stato (circa il 90% e principalmente nel settore agro-alimentare) e la parziale apertura al privato degli ultimi dieci anni, nel turismo e nel piccolo commercio, non mette in discussione il modello socialista di Fidel Castro. Un modello in cui anche l'istruzione è strettamente integrata alle politiche del lavoro.
Martinez, infatti, ha detto di apprezzare molto il modo in cui i disoccupati più giovani vengono automaticamente reimmessi nel circuito formativo per dare loro più competenze e intanto assicurargli un minimo salariale. Quello che l'Ilo tiene a sottolineare, insomma, è che Cuba conferma la sua eccezionalità nel continente centro e sud-americano, dove invece i senza lavoro rappresentano mediamente l'11% della popolazione attiva e fino a 65 persone su cento restano escluse da qualsiasi forma di assistenza previdenziale e sanitaria. Le politiche neoliberiste imposte all'America latina, secondo le stime ONU, hanno prodotto oltre 19,5 milioni di disoccupati adulti e, allo stesso tempo, permettono lo sfruttamento di circa 25 milioni di minori. L'occupazione femminile, poi, è basata sui lavori a bassa qualifica e su stipendi del 30-40% inferiori a quelli degli uomini. La politica di privatizzazioni selvagge degli ultimi 15 anni ha inoltre contribuito a frammentare la forza lavoro, riducendo enormemente il numero degli iscritti - e perciò il potere - del sindacato, favorendo invece l'economia informale e il lavoro nero. «Sono fenomeni dovuti per lo più alla mancanza di serie e sistematiche politiche sociali - commenta Martinez - e alla riduzione progressiva di risorse finanziarie che le sostengano».
La visita del rappresentante ONU a l'Avana ha segnato però l'inizio di un progetto di cooperazione orizzontale tra l'Ilo e diversi paesi del centro e del sud America, compresi Cile, Brasile e Messico, per lo scambio di esperienze e l'adozione di politiche del lavoro comuni. La cooperazione avverrà soprattutto tra gli stati caraibici del Caricom e quelli del Mercosur, che il presidente brasiliano Lula, il venezuelano Chavez e l'argentino Kirchner stanno cercando di opporre all'Area di libero commercio per le Americhe, Alca, finora dominata dagli USA.
Gli apprezzamenti dell'Ilo
per l'efficienza del modello cubano, in ogni caso, non ne nascondono i limiti di
democrazia. Con la costante paura di infiltrazioni statunitensi, infatti, le
autorità continuano a vietare la libera associazione sindacale e riconoscono una
sola organizzazione, la Central de trabajadores cubanos, controllata dal partito
comunista. Inoltre, l'attuale codice del lavoro, in attesa di revisione,
permette la contrattazione ma non ancora il diritto di sciopero.