Reporters
Senza frontiere
e il crimine Couso
Di Emilio Marín La Arena
*16 dicembre 2005*
Reporters Senza Frontiere è una ONG con presidente
a vita e finanziata dalle
multinazionali. Coerente con questa base materiale ed ideologica ha denunciato Cuba
come il peggiore paese dell’America Latina in materia di libertà di stampa. Ma
la realtà racconta l'assassinio di giornalisti in Iraq, come José Couso, per
colpa di
un carro armato degli Stati Uniti.
I soldi di Ménard
Robert Ménard presiede a vita Reporters Senza Frontiere, nome bugiardo perché
ha ben chiare e delimitate le proprie frontiere ideologiche.
Nella relazione del 2000 di RSF
non furono neppure menzionati i 16 giornalisti che vennero assassinati, nel
1999, durante il bombardamento dell’edificio sede della radio e televisione
Serba nel corso dell'aggressione della NATO contro la Iugoslavia.
Probabilmente l’amnesia é sopravvenuta perché quest’entità
riceveva apporti milionari da noti
fabbricanti d’armi come Jean-Guy Lagardére
e Serge Dessault.
Nel novembre dell’anno scorso, in un forum internet organizzato dal
settimanale Le Nouvel Observateur, Ménard ha ammesso che il bilancio annuo della
sua organizzazione era di più di quattro milioni di dollari. Cercò di
giustificare tale cifra sostenendo che la maggior parte la raccoglieva con aste,
anche se, in
verità, per questa via gli entrano solo alcune migliaia di euro.
I grossi importi sono finanziamenti d'imprese e della stessa CIA che ha in “Reporters”
la sua punta di lancia per attaccare Cuba.
Fra le ditte finanziatrici, che
forniscono i mezzi a RSF, ci sono Publicis, una multinazionale che ha una buona
porzione del mercato pubblicitario internazionale, il suo partner newyorchese Saatchi &
Saatchi e la francese Vivendi, per mezzo del suo ramo Vivendi Universal Publishing
Services.
Nel 1998
Ménard ha agito per conto della CIA quando
ha assoldato giornalisti cubani per la
Sezione d’Interessi Nord America (SINA). Ha avuto la cattiva sorte di
reclutare e rivelare i suoi piani a chi simulava essere un mercenario ma in
realtà era un agente della
sicurezza cubana, Néstor Baguer.
Con questi precedenti, nessuno dovrebbe sorprendersi se, alcuni giorni fa, al
diffondersi della relazione preparata da RSF, il governo cubano appariva come il
peggiore della regione in quanto a libertà di stampa.
L’Avana ha migliorato la sua
posizione tra i “cattivi” di tutto il mondo: dalla penultima posizione alla
settima, ma solo perché negli
altri paesi la situazione si é ulteriormente deteriorata. Ménard non ha voluto dare a Fidel
Castro neanche quest’ironico margine di miglioramento.
Pura soggettività
Il criterio con cui il parigino stila il suo campionato della libertà di stampa
sembra uguale, come una goccia d’acqua, a quello utilizzato in questa regione del
mondo dalla Società Interamericana di Stampa (SIP). Entrambe mettono come
obiettivo centrale dei loro attacchi Cuba e il Venezuela.
Castro è finito in fondo alla lista per avere arrestato, nel marzo del 2003,
70
controrivoluzionari che furono processati per essere
agenti della superpotenza che attentava contro il loro stesso paese. Solo quattro,
in realtà, erano
giornalisti e il più conosciuto, Raúl Rivero, é già stato liberato per motivi di
salute.
Come sia offuscata ideologicamente la visione di Ménard lo dimostra il fatto che
posiziona Cuba come
il peggiore paese dell’America Latina anche se nell’isola non si é registrato nessun caso
d’esecuzione extra giudiziaria né scomparsa forzata né tortura di persone, tanto
meno d’alcun giornalista.
In
contrasto, “reporters” posiziona decisamente meglio la Colombia, dove i successivi governi
e i suoi militari e “paras” assassinarono cento giornalisti negli ultimi tre
lustri. La spiegazione è molto semplice. Ménard è relazionato politicamente e
ha affari con la Freedom House dell’agente a CIA Frank Calzón e con l’ex re
della pizza ed ex capitano dei marine in Vietnam, Leopoldo Fernández Pujals,
reinserito nella “gusanera” di Miami.
In combutta con la SIP presieduta d’Alejo Miró Quesada Cisneros, di El
Comercio di Lima, RSF spara con munizione di grossa portata anche contro Hugo Chávez.
Una delle loro congiunte campagne fu, alla fine del 2004, contro la “Legge di Responsabilità
Sociale nella Radio e Televisione della repubblica Bolivariana di Venezuela”.
Dicevano che era una “legge mordacchia” ma in realtà difendevano i grandi
mezzi privati, specialmente quelli dello zar della TV e amico di José María Aznar,
Gustavo Cisneros.
La relazione di “Reporters” ubica tre zone dove la libertà di stampa é più
aggredita: Asia Orientale (Birmania, Cina, Vietnam e Laos); Asia Centrale
(Turkmenistan, Uzbekistan e Kazajstan) e Medio Oriente (Iran, Iraq, Arabia
Saudita e Siria). Abbiamo già menzionato i supposti pericoli nell’America
Latina. Qualsiasi coincidenza con la diagnosi del Dipartimento di Stato e la CIA
non è pura casualità.
Con i carri armati
Che Ménard si neghi a fare qualcosa per la vita del giornalista afroamericano Mumia Abu Jamal,
dal 1982 nel braccio della morte, era
prevedibile: “Non abbiamo fatto nulla, e non faremo niente. Non si tratta di un
tema di libertà di stampa” ha risposto nel foro di Le Nouvel Obserbateur.
Ma non erano ancora chiaro che operasse contro la diffusione del caso di José
Couso, cameraman di Telecinco Spagna, assassinato l’otto ottobre del 2003
nell’Hotel Palestina di Baghdad. Couso morì dopo essere stato raggiunto dal
proiettile di
un carro armato statunitense sparato contro quell’albergo che ospitava, da prima
dell’occupazione militare, la stampa
internazionale.
Rappresentano due profili antagonistici di giornalismo, lo stesso giorno in cui
Ménard diffondeva la sua bugiarda relazione, i famigliari e amici di Couso
venivano a conoscenza della risoluzione dell’Udienza Nazionale dove avevano
richiesto l’estradizione in Spagna dei
tre militari implicati nel crimine.
I tre indagati sono il Sergente Thomas Gibson, dalla Compagnia A del Reggimento di
Blindati No. 64 della Terza Divisione di Fanteria Corazzata dell’Esercito degli
Stati uniti, autore dello sparo; il Capitano Philiph Wolford, a capo di quell’Unitá
di Blindati e il tenente colonnello Philiph de Camp, a capo di questo Reggimento
che ordinò il fuoco.
Quel proiettile non solo ammazzò il cameraman spagnolo ma anche il reporter Taras
Protsyuk, dell’Agenzia Reuters. Lo stesso giorno furono bombardati le catene
arabe Al Jazeera e Abu Dhabis TV, ammazzando il giornalista Tareq Ayub. Dopo le
truppe d’occupazione assassinarono a Mazen Dana della Reuters, ed Alí al Jabit e
Alí Abdel Asís di Al Arabia TV. E si salvò per miracoli la giornalista italiana
Giuliana Sgrena, che si trovò in mezzo ad una sparatoria da parte dei marine
quando stava per essere trasferita all' aeroporto dopo essere stata liberata.
Nella risoluzione il giudice spagnolo si é lamentato della “nulla collaborazione
da parte delle autorità statunitensi alle due petizioni d’ausilio giudiziario
emesse dalla Procura in data 21 aprile del 2004 e 6 giugno del 2005”. Inoltre
accusa Washington di non aver informato sui riscontri rispetto a quanto accaduto al
piano 15 dell’albergo di Baghdad e di non aver svolto indagini sui tre incolpati.
Per caso Gorge W. Bush li porterà davanti alla giustizia di Madrid e concederà
l'estradizione degli assassini del giornalista?
Molto improbabile, tanto meno Ménard si dedicherà a mettere il caso Couso sul tappeto internazionale. Il suo
mestiere è altro: attaccare Fidel Castro che si difende dal blocco e dal
terrorismo ed occultare le morti di giornalisti causate da spari provenienti da Abrams
M1 sulle rive del Tigri.
Il detto “Reporters” ha frontiere ideologiche e
sponsor milionari.
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