L'opposizione si ritira
 

 

| Lunedi 5 Dicembre 2005 - 13:56 | Antonella Vicini |
 

 

Nonostante i continui tentativi di boicottaggio messi in atto dall’opposizione antichavista, il consiglio nazionale elettorale del Venezuela (CNE) ha confermato che le elezioni parlamentari “per eleggere deputati dell’Assemblea nazionale, del parlamento andino e del parlamento latinoamericano si realizzeranno si terranno il prossimo 4 dicembre”, come previsto.
L’annuncio segue le molteplici defezioni delle principali coalizioni all’opposizione, susseguitesi nel corso degli ultimi giorni con lo scopo evidente se non di impedire, almeno di delegittimare la prossima tornata elettorale.
Iniziato col partito democratico venezuelano, Accion Democratica, l’abbandono della gara è proseguito con un effetto domino che ha coinvolto la compagine Projecto Venezuela, Primero Justicia, fino ad arrivare al partito socialcristiano Copei che giovedì sera (ora italiana) ha reso nota l’intenzione di ritirare i suoi candidati dalla cosa elettorale.
Secondo l’opposizione la decisione del ritiro sarebbe stata motivata dalla poca trasparenza e imparzialità del Consiglio Nazionale Elettorale; una tesi però immediatamente scalzata dalle delegazioni di osservatori internazionali - tra cui quella dell’Unione Europea e dell’Organizzazione degli Stati Americani - impegnate nella supervisione della fase preparatoria delle elezioni del 4 dicembre, che hanno certificato e convalidato la correttezza dell’operato del C.N.E.
Con una mossa piuttosto prevedibile e facilmente interpretabile, dunque, questi partiti, consapevoli dei propri limiti per concorrere realisticamente alle consultazioni parlamentari (un calo dei consensi che va dai 4 milioni di voti raccolti nel referendum del 2003, al milione di voti raccolti nelle elezioni locali dell’agosto scorso, è un dato incontrovertibile), hanno preferito un’azione da mostrare più sul piano internazionale che su quello nazionale, che disconoscesse di fatto le attuali istituzioni.
Il primo goal è stato segnato nel campo del Vaticano che non si è lasciato sfuggire l’occasione per accodarsi alle forze sostenute dagli Stati Uniti. Papa Benedetto XVI, infatti, durante un incontro tenutosi a Roma tra i vertici della Chiesa cattolica, avrebbe espresso “la sua preoccupazione per il malessere e l’inquietudine del popolo”, inviando i suoi auguri a tutta la Nazione dopo aver ascoltato gli ultimi aggiornamenti “sulla persecuzione di dissidenti politici e giornalisti”. Parole dal significato chiaro, un significato politico, che esprimono chiaramente la presa di posizione del capo della Chiesa cattolica.
Il punto di vista di Ratzinger si trova così ad essere completamente funzionale alla propaganda statunitense antigovernativa, in un continente, come quello sudamericano, in cui la religione ha un ruolo politico fondamentale e determinante.
Sin dai primi due ritiri, quello di Accion Democratica e Projecto Venezuela, il presidente venezuelano ha mostrato grande consapevolezza del ruolo svolto dal governo americano - “genocida, assassino, terrorista
sequestratore” - nella vicenda. Secondo Chávez, infatti, il ritiro dei partiti di opposizione altro non è che “un nuovo piano di Washington per destabilizzare il Paese”, fino al dicembre 2006, periodo delle prossime presidenziali. Una tappa del piano allo studio dell’opposizione, eteroguidata e eterofinanziata, per “mettere in atto un golpe militare”.
“Sono sicuro - ha aggiunto Chávez - che i militari risponderanno con la stessa fermezza con cui hanno resistito al golpe militare, al golpe petrolifero, al golpe mediatico e al golpe elettorale”.
Memore di quanto già avvenuto nell’aprile 2002, il capo della Repubblica bolivariana ha così commentato il boicottaggio operato dall’opposizione, ribadendo di essere convinto che il motore di tutta l’azione rimangae il presidente americano George W. Bush.
Sarebbe questo “il primo effetto della riunione di Mar del Plata”, il vertice di un mese fa, durante il quale il capo della Casa Bianca ha dovuto incassare una sonora sconfitta economico-politica di fronte agli occhi ben attenti di tutta la platea internazionale.

 

 

 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Una sconfitta annunciata
 

| Giovedì 1 Dicembre 2005 - 14:36 | Cristiano Tinazzi |

 

Tre dei principali partiti politici venezuelani hanno annunciato il boicottaggio delle elezioni che si terranno domenica per il rinnovo dei 167 seggi del Parlamento unicamerale. “In queste condizioni non possiamo partecipare alla consultazione e proponiamo di sospendere il voto”, ha detto Henry Ramos Allup, capo di Azione democratica. I socialdemocratici contestano le macchinette elettroniche, che saranno introdotte in questa consultazione, perché il riconoscimento digitale consentirebbe di identificare l’elettore. Strano comportamento questo, visto che nella raccolta di firme organizzata dall’opposizione per indire un referendum contro il presidente nel 2004 (il ‘reafirmazo’), la deputata dell’Honduras Doris Guttiérez, membro di un gruppo di 52 osservatori internazionali, aveva osservato l’esistenza di una carta plastificata “prodotta da un’agenzia privata sulla quale la persona deve identificarsi e apporre le proprie impronte digitali come prova della sua partecipazione” documento, che di fatto, rendeva pubblica la procedura della firma (con tutte le conseguenze del caso). L’associazione citata dalla deputata honduregna, è l’Ong Súmate, finanziata dal Ned (National Endowment for Democracy), l’alter ego visibile della Cia, strumento con cui gli Stati uniti forniscono soldi e sostegno ai propri alleati nel mondo. Súmate è stata anche l’iniziatrice della petizione per il referendum abrogativo contro Chávez, con un supporto finanziario generoso di fonti mai identificate. Il leader di questa organizzazione, Maria Corinna Machado, ha incontrato Bush nel giugno 2005. Solo questo basterebbe per far crollare le accuse di uno dei partiti che si sono ritirati dalla competizione elettorale. Gli altri due movimenti politici che hanno annunciato il ritiro sono ‘Progetto Venezuela’ (conservatore) e Copei (democratici cristiani). Chávez ha parlato del ritiro dei tre partiti d’opposizione dalle elezioni legislative. Secondo il presidente venezuelano, si tratta di “un nuovo piano di Washington per destabilizzare il Paese”. Un piano “che sconfiggeremo nuovamente”, ha detto il presidente. L’obiettivo degli Usa, secondo Chávez, è quello di protrarre la destabilizzazione “fino alle elezioni presidenziali del dicembre del 2006”.
Il presidente ha poi aggiunto che il boicottaggio è un’ammissione implicita di un’inevitabile sconfitta dell’opposizione. “Hanno ammesso la verità, vale a dire che manca loro il sostegno popolare”, ha detto il presidente. Chávez è tornato poi ad accusare Washington di interferenze, dicendo che l’opposizione lavora per conto di potenze straniere e di fare parte del “gioco imperialista” che non vede di buon occhio i progressi economici del Venezuela, grazie ai proventi del petrolio. Per i conservatori di ‘Primero Justicia’, che inizialmente si erano opposti all’introduzione del voto elettronico, le assicurazioni date dal Consiglio elettorale nazionale, vale a dire che le macchinette non memorizzeranno il riconoscimento digitale, sono una garanzia per la partecipazione al voto. Anche il ‘Movimento verso il Socialismo’ ha fatto sapere che parteciperà alla consultazione. Il vice presidente Josè Vicente Rangel ha definito la campagna astensionistica -che vede in prima linea il Súmate - “una congiura dell’oligarchia manovrata dall’imperialismo”.
Con queste elezioni il governo spera di riuscire a conquistare i due terzi del parlamento, che gli permetterebbero di apportare delle modifiche costituzionali alle quali l’opposizione è fortemente contraria. Le elezioni di domenica saranno seguite da osservatori dell’Osa e dell’Unione Europea.