INTERVISTA CON LEONARD WEINGLASS

 

Quanto sono fortunato

 

a difendere i!

8 maggio 2006

 

 

 

    30 marzo 2006

 

 

Leonard Weinglass, giurista di New York, è un vero e proprio cattedratico nell’esercizio del diritto. Mantiene una vitalità professionale invidiabile, nonostante i suoi più di 40 anni di pratica come avvocato difensore. La sua massima è stata – ed è – il perenne impegno per la giustizia, cosa che lo ha portato a rappresentare accusati che non hanno ricevuto un trattamento legale giusto.

 

Si è fatto carico di famosi casi, come quelli di Angela Davis, degli Otto di Chicago, dei Documenti del Pentagono, dell’attrice Jane Fonda e di Mumia Abu Jamal; ma "forse se ne ricordano soltanto i più vecchi", ha detto con semplicità durante il suo intervento nell’incontro svoltosi a L’Avana tra un gruppo dell’Associazione Latinoamericana degli Avvocati degli Stati Uniti con i colleghi dell’Isola.

 

Fa parte da quasi quattro anni del collegio di difesa di Gerardo Hernández, Antonio Guerrero, Ramón Labañino, Fernando González e René González, i Cinque cubani arrestati il 12 settembre 1998, che infiltrarono le organizzazioni terroristiche con sede nel sud della Florida per impedire atti criminali contro l’Isola.

 

 

IL PROCESSO PIÙ LUNGO

 

 

Weinglass ha sostenuto durante il suo dialogo con Granma che quello contro i Cinque a Miami "è il processo più lungo tra quelli celebrati a Miami", poiché durò quasi sette mesi e nello stesso si contano 119 volumi di trascrizioni, più di 200 comparizioni con una gran quantità di testimoni, tra i quali vari generali statunitensi e Richard Nuccio, consigliere sugli Affari Cubani alla Casa Bianca durante l’Amministrazione di Bill Clinton (1992-2000).

 

Il Governo cubano ha compilato una copiosa relazione sulle attività terroristiche pianificate contro l’Isola e l’ha racchiusa in quattro volumi, assieme a nastri registrati, consegnati alle autorità nordamericane nel giugno 1998. "Consegnarono loro questo materiale dove sono documentate residenze, ubicazioni di accampamenti e attività di questi gruppi che violavano le leggi statunitensi, soprattutto quella di neutralità, poichè nei piani che progettavano erano previste azioni militari contro una nazione con la quale gli USA non erano in guerra.

 

"Tutte queste informazioni vennero messe a disposizione di Washington e Cuba non ricevette risposta, non successe nulla. Anche il nostro prestigioso giornale The New York Times ricevette queste preziose informazioni e non pubblicò nulla. Si è permesso che i mercenari operino in Florida con totale impunità, invece di agire di conseguenza. Fu questa la ragione che spinse Cuba ad inviare nel mio paese un gruppo di patrioti a monitorare le attività delle forze mercenarie che praticavano la violenza contro Cuba. È risaputo quale fu l’unica iniziativa intrapresa dal Governo degli Stati Uniti: arrestò i possibili messaggeri.

 

"I Cinque entrarono negli USA senz’armi, il Governo nordamericano non le trovò, non danneggiarono nessuna proprietà, si infiltrarono con successo nei gruppi che operavano contro Cuba. Non commisero nessun crimine contro gli statunitensi, non fecero del male a nessuno e trasmisero notizie sulle attività di queste organizzazioni".

 

 

NON SONO COLPEVOLI

 

 

I Cinque cubani vennero imputati di 26 capi d’accusa, dopo un processo irregolare, pieno di violazioni, durante il quale gli avvocati non ebbero accesso a buona parte delle prove, perchè queste vennero soggette alla cosiddetta legge d’informazione classificata. "Ci sono documenti che non abbiamo nemmeno potuto vedere", riferisce Weinglass. Sappiamo comunque che non erano documenti del Governo. Perciò commenta che "questo è il primo caso nella storia degli USA nel quale il tribunale ha detto: anche se questo è un caso di spionaggio, signore e signori della giuria, non disponiamo di documenti specifici, nemmeno di una pagina che accusi di spionaggio. Non hanno dato nemmeno una pagina d’informazione classificata".

 

Ma "Miami è differente da qualsiasi altra città nordamericana. È l’unica ad avere una sua propria politica estera, ad essere stata investigata da un gruppo statunitense per violazione dei diritti umani e di lei si è detto che non è una città sicura e che niente vi può essere risolto rispetto a Cuba. Per esempio il caso dell’Oklahoma venne trasferito a Denver, a 200 miglia, per evitare pregiudizi da parte della giuria, mentre la nostra richiesta di trasferire il caso dei Cinque a 25 miglia scarse da Miami, a Fort Lauderdale, non venne accettata. Non si poté effettuare il trasferimento".

 

Quando la difesa ha presentato il suo appello nell’Undicesimo Circuito di Atlanta un gruppo di tre giudici, che ha impiegato 16 mesi a dare il verdetto, "ha emesso un giudizio di 93 pagine, il più esteso della storia nordamericana, nel quale si è detto unanimemente per la prima volta che il processo svoltosi a Miami era stato un errore e sono state annullate tutte le sentenze.

 

"Hanno spiegato che questo caso presentava la tormenta perfetta di pregiudizi contro Cuba e che pertanto occorreva porre rimedio alla situazione. Nell’ultima pagina della sentenza hanno scritto una cosa che io non avevo mai visto finora in una Corte d’Appello: una dichiarazione di questa alla comunità di Miami, chiedendole di comprendere che la prima cosa che dovevano fare i giudici federali era applicare i precetti costituzionali in maniera giusta e che doveva esserci una discolpa per questa cattiva applicazione dei procedimenti di un processo giusto".

 

"È stata una decisione senza precedenti", ha espresso Weinglass, ma il Governo nordamericano non vi si è conformato e, attraverso la Procura, ha chiesto la revisione del verdetto da parte di tutti i membri del Circuito, richiesta che è stata accolta e l’udienza orale si è svolta ad Atlanta il 14 febbraio scorso. "Stiamo aspettando la sentenza".

 

Non possiamo dimenticare (anche se ci sentiamo fiduciosi e sicuri rispetto a tutti gli argomenti presentati in quanto la verità è dalla nostra parte) che il processo ai Cinque ha avuto sin dall’inizio un carattere politico e la stessa richiesta di riconsiderazione del verdetto del 9 agosto lo conferma. Gli ostacoli non sono pochi. Per esempio negli ultimi 25 anni l’Undicesimo Circuito d’Atlanta non ha mai dato la vittoria a un avvocato della difesa.

"A ciò va aggiunto che il nostro sistema legale è stato influenzato dalle esigenze della politica estera nei confronti di Cuba".

 

Lei fa parte del collegio di difesa, ma rappresenta Antonio Guerrero. Ha avuto contatti di recente con il suo cliente?

"Mi mantengo in contatto telefonico con Tony. Sta bene, nonostante si trovi in una prigione di massima sicurezza che ha la reputazione di essere una delle peggiori degli USA. Quando sua madre lo va a visitare non le si permette mai di vederlo per tutto il tempo. Per una ragione o per l’altra gli accorciano sempre il tempo della visita".

 

Si stanno per compiere tre mesi dal dibattimento davanti al plenum della Corte d’Appello di Atlanta. Ci sono novità?

"Non sono arrivate notizie dal tribunale di Atlanta, ma i più recenti avvenimenti a livello nazionale dovrebbero essere favorevoli ai Cinque, mi riferisco alle manovre finalizzate a proteggere il terrorista Luis Posada Carriles negli Stati Uniti. Esistono inoltre altri due casi pendenti in Florida; quello di Santiago Álvarez Fernández-Magriñá e quello di Osvaldo Mitat, nei confronti dei quali verrà prossimamente iniziato un processo giudiziario e, per ultimo, l’arresto di Robert Ferro a Los Angeles, al quale sono state trovate numerose armi e che ha dichiarato di appartenere ad ‘Alpha 66’. Sono tutti terroristi confessi.

 

"Ciò costituisce un’ulteriore dimostrazione che Cuba è stata vittima di un’aggressione partita dagli USA e questa è stata la posizione fondamentale che abbiamo difeso nel nostro caso. Gli ultimi avvenimenti ci fanno sentire un poco più ottimisti rispetto alla decisione che potrebbe prendere la corte di Atlanta".

 

Lei fa parte da circa quattro anni del Collegio di Difesa dei Cinque antiterroristi cubani. Cosa le ha apportato questa possibilità?

"Ho appreso quanto sono stato fortunato a poter difendere questi Cinque giovani in qualità di avvocato statunitense. Ho potuto apprezzare personalmente il loro coraggio, valore, la forza dei loro principi e ciò per me ha costituito un privilegio. Posso affermare che, al pari mio, tutti gli avvocati del collegio provano quel che provo io".

 

Se il verdetto che stiamo aspettando da Atlanta fosse lo stesso prodotto dal gruppo dei 3 giudici il 9 agosto scorso, cosa succederebbe con i Cinque?

"Il caso tornerebbe al punto di partenza: la Florida e, a partire da lì, noi sosterremmo la loro liberazione e ricongiungimento con i familiari qui a Cuba".