Quattro presidenti a Puerto Iguazú

 



| lunedì 8 maggio 2006 - 13:38 | CT |
 

 

Si è aperto nella località argentina di Puerto Iguazú il vertice a 4 tra i presidenti boliviano Evo Morales, venezuelano Hugo Chávez, brasiliano Luiz Ignácio Lula da Silva e argentino Néstor Kirchner, incentrato sulla decisione di La Paz di nazionalizzare le proprie risorse energetiche e aumentare il prezzo del gas per le esportazioni. Prima di riunirsi con i suoi colleghi, Chávez ha ammesso che “le contraddizioni interne ai nostri paesi potrebbero generare tensioni, ma quando si impone la politica e la volontà dei dirigenti prevale la volontà di integrazione”. Anche Lula, alla vigilia dell’incontro, aveva smentito la nascita di una crisi con la Bolivia; al contempo, tuttavia, l’impresa petrolifera statale brasiliana ‘Petrobras’ aveva annunciato la sospensione temporanea dei suoi investimenti in territorio boliviano. Da parte sua, il governo argentino ha preferito finora non pronunciarsi sulle misure energetiche volute da La Paz. Nell’agenda del summit, è incluso tra l’altro l’ingresso ufficiale della Bolivia nel ‘megaprogetto’ del gasdotto del Sud, promosso da Caracas, un impianto lungo 9.000 chilometri capace di trasportare in Brasile e Argentina fino a 150 milioni di metri cubi di metano al giorno per un costo approssimativo di 20 milioni di dollari. Un “accordo di principio”, racchiuso in un documento letto dal presidente argentino Nestor Kirchner, ha concluso il vertice di Puerto Iguazù, convocato dopo la decisione di La Paz di nazionalizzare il settore degli idrocarburi (gas e petrolio) a cui hanno partecipato anche il presidente boliviano Evo Morales, il brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva e il venezuelano Hugo Chávez. Nel frattempo, l’azienda petrolifera brasiliana Petrobras e la spagnola Repsol rendevano nota la loro intenzione di accettare il decreto boliviano sulle nazionalizzazioni e avviare trattative per nuovi contratti. “L’integrazione energetica è elemento fondamentale dell’integrazione regionale” ha detto Kirchner, dopo una riunione durata oltre tre ore, aggiungendo che c’è stata identità di vedute “sulla necessità di garantire le forniture di gas, favorendo uno sviluppo equilibrato sia nei paesi produttori che in quelli consumatori… le trattative sul prezzo del gas devono aver luogo in una cornice razionale ed equa, che renda possibili gli adempimenti imprenditoriali mediante dialoghi bilaterali approfonditi per risolvere le questioni aperte”. E’ stata manifestata anche la comune volontà di rafforzare e potenziare il Mercosur (Mercado Común del Sur), unione doganale e commerciale a cui dal 1991, in base al Trattato di Asunción aderiscono Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay, riconoscendo particolare importanza ai rapporti con l’Unione Europea. E’stata infine annunciata la partecipazione certa della Bolivia anche al ‘Gasdotto del Sur’, una gigantesca opera lunga 9000 chilometri che già impegna gli altri tre Paesi.

 

 

 

 

 

Il vento latino-americano

 

scuote gli Usa


 


| Venerdi 5 Maggio 2006 - 13:37 | Lorenzo Moore |

 

 

“Subito attorno a un tavolo, per trattare e confrontarsi sulle differenze. La crisi del gas boliviano – si leggeva ieri sul Corriere della sera, che si sta accorgendo infine come non tutto quadri nell’ex cortile di casa degli Usa – si trasferisce in Argentina, nella città di Puerto Iguazú, dove si svolge un vertice tra quattro capi di Stato sudamericani. Padrone di casa Néstor Kirchner, ospiti Luiz Inacio Lula da Silva (Brasile), Evo Morales (Bolivia) e Hugo Chávez (Venezuela)”.
Il vertice latino-americano tra i quattro Paesi più di prima linea nelle contestazioni alla superpotenza del nord (ma il Brasile di Lula è tra questi il più “morbido” e più omologato agli atlantici: non a caso lo stesso Lula ha dichiarato un “errore strategico” far dipendere il Brasile dall’import di gas bolviano, mentre la compagnia brasiliana Petrobras ha deciso di sospendere “ogni forma di investimento in Bolivia”) è stato convocato d'urgenza, dopo la decisione boliviana di nazionalizzare i giacimenti di gas e annullare i contratti esistenti tra lo Stato e le imprese straniere.
Se Lula è il più “politicamente corretto”, espressione di una sinistra rosa molto socialdemocratica e quindi più opportunista, gli altri tre capi di Stato sono da considerarsi “fuori dagli schemi”, espressione cioè di una sinistra nazionale dalle varie sfaccettature.
“Populisti” - o, meglio, socialisti nazionali - Chávez e Morales sono su posizioni radicali quanto a commerci, investimenti stranieri e Stati Uniti; “peronista” Kirchner, più pragmatici e meno demagoghi.
Quello che mette in crisi gli Stati Uniti, è la valutazione della consistenza dell'asse Kirchner-Chávez-Morales, che si dichiarano l’uno guida di un giustizialismo che riprone le sfide di Peron e la sovranità di un’Argentina che decine di anni di regime militare e di sudditanza alle multinazionali ed alla Banca Mondiale non hanno affatto piegato, gli altri due alla testa di due rivoluzioni.
Il leader indio boliviano Morales e Chávez hanno finora negato qualsiasi accordo bilaterale sulla decisione della Bolovia, ma i due si erano incontrati all'Avana appena una settimana fa, ospiti di Fidel Castro, e non a caso già da qualche settimana tecnici della venezuelana Pdvsa si trovavano già a La Paz, pronti a prendere il posto dei brasiliani della Petrobras e garantire tecnologie e funzionamento degli impianti nazionalizzati. Per Morales la sostituzione dei tecnici delle concessionarie straniere con i venezuelani sarebbe tuttavia un’extrema ratio.
Il leader boliviano ha infatti ribadito che le imprese straniere hanno tutto l'interesse strategico ed economico per restare in Bolivia, accettando le nuove condizioni - più onerose, ma pur sempre adeguate alla crescita dei consumi e dei prezzi dell’oro nero e di gas - dello sfruttamento dei giacimenti.
Ma, gas e oro nero non sono la reale posta in gioco. A Puerto Iguazù, si discute in verità l’avvenire dell’America Latina. Se dovrà restare colonia di Washington o se farà altri passi per rivendicare la propria sovranità nazionale.