L'elicottero della
Fuerza Aérea Boliviana si leva in volo ed entro pochi
minuti si può vedere l'infinita e arida estensione dell'altipiano. Il
viaggio è verso la comunità di Pampa Aullagas, l' «Atlántide perdido»
- secondo il cartografo inglese Jim Allen, la città di Atlante si trovava
sull'altipiano di Oruro - e la sede di una fiera regionale di lama e quinoa.
L'ora di viaggio serve al presidente Evo Morales per trovare il tempo di
parlare dei suoi primi 5 mesi di governo e della sua prossima visita a
Buenos Aires, fissata per oggi, dove dividerà il palco con il presidente
Néstor Kirchner e, dopo le turbolenze seguite alla nazionalizzazione degli
idrocarburi annunciata il primo maggio, firmerà l'accordo che porta il
prezzo del gas boliviano venduto all'Argentina da 3.40 a 5 dollari per
milione di Btu (l'unità di misura del gas). Kirchner è «un buon patriota
latino-americano», dice
Poco prima di arrivare a destinazione Evo Morales scorge un paesaggio che lo
riporta alla sua prima gioventù. «In quel pueblito mi sono guadagnato
100 dollari suonando con la banda Imperial», ricorda visibilmente
emozionato. Pochi minuti dopo l'elicottero sorvola la sua antica casa di
mattoni a Orinoca. «Ogni volta che ci torno i miei familiari e amici mi
fanno piangere», confessa. In mezzo a questi ricordi, Morales tocca i tempi
più caldi della sua gestione.
Qual è il suo bilancio dopo i primi
5 mesi da presidente?
In 5 mesi ci siamo consolidati come governo rispondendo alle domande sociali
e, allo stesso tempo, affrontando i temi strutturali. Abbiamo aumentato i
salari e abbiamo ridotto la flessibilità del lavoro, abbiamo lanciato
programmi di alfabetizzazione e piani
per la salute diretti ai settori più poveri, come la
Operación Milagro grazie anche
all'appoggio cubano. Tutto questo accompagnato da una forte politica di
austerità e di lotta contro la corruzione nel settore pubblico. In campo
strutturale abbiamo nazionalizzato gli idrocarburi
e avviato la riforma agraria, abbiamo approvato la legge per l'Assemblea
costituente, che a partire dal giorno del voto, il prossimo 2 luglio, sarà
l'ambito legale per rifondare la Bolivia. In questi 5 mesi ci siamo attenuti
alla parola d'ordine di comandare obbedendo e oggi constatiamo di
raccogliere un enorme appoggio del popolo boliviano (81% per Evo Morales
e 80% per il vicepresidente lvaro García Linera).
Lei continua a ripetere di sentirsi
più a suo agio nel farsi chiamare
«compañero presidente» o «hermano
presidente». Cosa distingue oggi
il presidente dal leader sindacale?
Io mi sento più dirigente sindacale che presidente della repubblica. Ci sono
volte in cui ancora non mi sento presidente. Preferisco che mi chiamino
Evo o compañero Evo, perché questo dà più fiducia. Prima il mio
personale di sicurezza si rivolgeva a me come «señor presidente»,
adesso mi chiamano solo «presidente» o «presi». Mangiamo alla
stessa tavola e questo ha prodotto un senso di vicinanza con la gente della
polizia e delle forze armate. Non mi convince quel «señor presidente»,
mi sto abituando e mi piace «hermano presidente» o «compañero
presidente». E' l'espressione dell'affetto dei compañeros.
Perché continua a essere anche il
presidente delle 6 federazioni
cocaleras del Chapare?
E' stata la volontà unanime delle 6 federazioni, ma è anche una garanzia per
loro, che sono la mia grande famiglia. Nell'attività sindacale campesina
ho realizzato il mio apprendistato politico, abbiamo camminato insieme,
insieme abbiamo subito la repressione, abbiamo pianto i nostri morti nel
Chapare e insieme abbiamo anche ballato e festeggiato le nostre vittorie.
Qualcosa che non si può dimenticare. E' per questa fratellanza che ho
accettato di continuare a essere il loro leader.
L'opposizione dice che la Bolivia ha
scambiato di dipendenza: da quella
degli Stati uniti a quella del
Venezuela...
Non c'è nessuna dipendenza dal Venezuela e neanche da Cuba. Questi due paesi
fratelli hanno manifestato una solidarietà senza condizioni rispetto
all'integrazione latino-americana. E noi siamo grati per il loro aiuto. Cuba
ad esempio ci sta aiutando nel campo dell'alfabetizzazione insieme con paesi
come l'Olanda, la Danimarca, la Svezia e il Canada. L'Italia e la Spagna
sostengono i progetti di strade e irrigazione. L' Argentina ci ha aiutato
con medicinali e alimenti dopo i disastri naturali. Perché mai Podemos (Poder
Democrático Social, il partito neo-liberista e filo-Usa di Jorge Tutu
Quiroga, sconfitto nelle elezioni di dicembre) ha tanta paura di Hugo
Chávez? Sarà perché dal momento che Chávez è ai ferri corti con gli Stati
uniti, anche i vassalli dell'impero e di Bush, come Quiroga, devono per
forza incrociare i ferri con Chávez? In realtà non c'è alcuna interferenza,
c'è cooperazione solidale grazie agli investimenti venezuelani nel processo
di industrializzazione del nostro gas.
I sindacati dei medici boliviani
protestano per la presenza di medici
cubani in Bolivia. Qual è la
risposta del suo governo?
Ci sono alcuni medici che gridano «fuori i cubani», ma quei medici non hanno
alcuna considerazione per la maggioranza della popolazione boliviana, i
poveri, i campesinos, gli indigeni che per la prima volta usufruisono
dell'attenzione sanitaria gratuita. I centri oculistici messi in piedi
grazie alla cooperazione cubana offrono tecnologia di punta, contano con
fior di specialisti. I medici boliviani molte volte trattano gli indigeni
come fossero porci, mentre i cubani dimostrano amicizia e affetto.
Di recente ha accusato i Monasterios,
una delle grandi famiglie
boliviane, proprietaria di terre e catene radio-televisive, di avere
acquisito illegalmente i suoi
latifondi e ha annunciato che il suo governo
promuoverà la creazione di radio
comunitarie alternative. Qual è la
relazione con i media?
Gli imprenditori non devono essere i soli a contare sui media. I poveri, i
campesinos hanno anch'essi diritto ad avere i loro mezzi di
comunicazione. Oggi l'unica vera opposizione in Bolivia è quella dei grandi
media, che difendono gli interessi di un pugno di famiglie che hanno sempre
avuto il monopolio della politica e del potere economico. Questo deve
cambiare, e adesso che gli abbiamo tolto il poppatoio si arrabbiano e non
perdono giorno senza attaccare il movimento popolare e il governo del Mas.
Fin dove arriverà la «rivoluzione
agraria»?
Abbiamo cominciato a preparare la rivoluzione agraria, che non è solo una
semplice distribuzione o redistribuzione delle terre ma mercati per i
prodotti e meccanizzazione delle campagne. Abbiamo cominciato con le terre
demaniali e continueremo con i latifondi che non rispettano la funzione
economica e sociale della proprietà.
Le visite di Hugo Chávez in Bolivia
e le sue dichiarazioni focose hanno
peggiorato i rapporti con
l'ambasciata degli Stati uniti a La Paz?
L'ambasciata e il governo degli Stati uniti hanno una loro linea ben
precisa: aggredire, provocare e cospirare contro i nostri governi. Qualche
esempio? Il caso di Leonilda Zurita, che quando era dirigente cocalera
aveva il visto per gli Usa e ora che è senatrice gliel'hanno negato. Idem
con il viceministro per le acque René Orellana. Quando il corpo diplomatico
è venuto a salutarmi, l'unico assente era l'ambasciatore degli Stati uniti
che quella stessa notte aveva organizzato un party nella sua residenza. Sono
provocazioni. Poi c'è la storia della presenza militare nord-americana in
Bolivia, camuffata sotto le vesti di studenti che in apparenza vengono a
studiare quechua ma, secondo informazioni attendibili, in realtà
stanno svolgendo compiti di intelligence. Non sono le visite o le
parole di Chávez che incidono più o meno, la posizione degli Stati uniti è
già decisa: cospirare contro il nostro governo.
Colombia e Perú hanno già firmato un
Trattato di libero commercio (Tlc)
con gli Usa, e il Venezuela ha
proclamato che questo è l'atto di morte
della Comunità andina delle nazioni
(Can), decidendo di uscirne. Perché
lei insiste nel tentativo di
resuscitarla?
Se la Can tornasse ai suoi principi originari, che sono il rafforzamento
delle economie nazionali e regionali, le cose sarebbero diverse. La Can è
stata minata dai Tlc, che distruggono i piccoli produttori e le comunità
contadine. Tuttavia abbiamo l'obbligo di provare a tornare a quei principi e
rafforzare quel blocco. Purché non vadano a vantaggio dell'economia
trans-nazionale ma dell'economia popolare e comunitaria della regione andina.
Molti dicono: a che serve una
costituente quando abbiamo già un
presidente che rappresenta i
movimenti sociali?
L'Assemblea costituente non è solo per avere un presidente indigeno ma per
cambiare pacificamente la struttura dello Stato, per recuperare il
territorio nazionale e le risorse naturali, per rifondare la nostra nazione
incorporando la maggioranza della popolazione. Così potremo emendare il
peccato originale della Bolivia: essere nata escludendo il 90% dei suoi
abitanti.
In campagna elettorale si è
proclamato socialista. Da presidente
continua a essere socialista?
Chiaro, quello è l'obiettivo.