In tanta farragine contraria, l'economista, giornalista ed ex
dirigente della Sicurezza di Stato trovava un lancio dell'agenzia
britannica di notizie Reuters, datato 4 Marzo 2001: "I dirigenti
[cubani] di alto rango sono stati, in generale, esenti da accuse
di corruzione e scandali che tradizionalmente assediano gli altri
governi dell'America Latina."
R. Bardini
L'economista cubano Manuel David
Orrio, si infiltrò per undici anni come giornalista nei circoli
anticastristi dell'Avana e si dedicò a scrivere contro il "regime
totalitario" dell'isola. Il suo lavoro di "topo" fu tanto efficace
che arrivò ad essere presidente della Cooperativa dei Giornalisti
Indipendenti di Cuba.
Questa presunta cooperativa, facciata dell'opposizione interna, fu
fondata nel 1998 da un gruppo di "reporter" di Cubanet, un'agenzia
giornalistica con sede a Miami che si definisce "non partitica e
senza fini di lucro, impegnata a promuovere la libertà di pensiero
a Cuba, aiutare il suo settore indipendente a sviluppare una
società civile ed informare il mondo della sua realtà."
Cubanet riceve fondi dal National Endowement for Democracy (NED),
una oscura organizzazione creata nel 1983 dal tenente colonnello
Oliver North, principale accusato nello scandalo Irangate durante
l'amministrazione Reagan, che a sua volta figura nel bilancio del
Dipartimento di Stato.
Nel decennio degli anni ottanta, il NED sostenne economicamente i
"contras" che cercavano di abbattere il governo sandinista in
Nicaragua. Attualmente, finanzia i cosiddetti "gusanos" cubani
della Florida e gli "escuálidos" venezuelani che si oppongono al
governo di Hugo Chavez.
La testimonianza di Manuel David Orrio, dopo essere uscito dalla
copertura insieme ad altri sette agenti del controspionaggio --
che si fecero passare anche loro per oppositori di Fidel Castro --
figura nel libro Los Disidentes, di Rosa Miriam Elizalde e Luis
Báez, pubblicato nel 2003.
Nell'ottobre di quest'anno, Orrio pubblicò un articolo intitolato
"Google, Cuba e la corruzione". Vi si spiega che se nel 2003 si
faceva una ricerca sul noto motore di ricerca di Internet la lista
di documenti che corrispondevano alle parole "corruzione" e "Cuba"
constata di 53.000 articoli, editoriali, interviste, cronache e
racconti, nei quali risultavano in primo luogo i lavori che
divulgavano un'immagine negativa del governo cubano. La
maggioranza di essi apparteneva alla cosiddetta "Propaganda nera".
Il resto era "pesce marcio" elaborato da discepoli professionali
di Mario Vargas Llosa, Carlos Alberto Montaner, Jorge Castañeda
Gutman e Andrés Oppenheimer.
In tanta farragine contraria, l'economista, giornalista ed ex
dirigente della Sicurezza di Stato trovava un lancio dell'agenzia
britannica di notizie Reuters, datato 4 Marzo 2001: "I dirigenti
[cubani] di alto rango sono stati, in generale, esenti da accuse
di corruzione e scandali che tradizionalmente assediano gli altri
governi dell'America Latina."
Cuba accettò per la prima volta nel 2003 di essere inclusa nel
Rapporto sulla Percezione della Corruzione (IPC) di Trasparenza
Internazionale, organizzazione non governativa con sede in
Germania, e fu qualificata come la quinta nazione meno corrotta
d'America e la terza dei Caraibi, superata solo da Canada, Stati
uniti, Cile e Uruguay.
Per determinare l'IPC si richiede che almeno tre fonti
indipendenti di prestigio siano consultate sul paese investigato.
Nel caso cubano, si presero in conto le opinioni di tre entità non
sospette della minima simpatia verso il comunismo: La Columbia
University, la Unità di ricerca [finanziaria] dell'Economist e il
Centro per la Ricerca dei Mercati Mondiali, con sede a Londra,
impresa leader nell'analisi degli investimenti e del rischio.
Nel rapporto 2005 di Trasparenza Internazionale, Cuba si collocò
al sesto posto dietro Cile, Uruguay, Costa Rica, El Salvador e
Colombia, prima di Brasile, Panama, Peru, Repubblica dominicana,
Argentina, Nicaragua, Bolivia, Ecuador, Guatemala, Venezuela,
Paraguay e Haiti, rispettivamente.
Niente di questo diventò notizia. Ciò che è diventato notizia in
questi giorni fu la condanna a dodici anni di prigione per "abuso
di potere" del sociologo Juan Carlos Robinson, ex combattente
nella guerra d'Angola, membro del Comitato Centrale del Partito
Comunista Cubano dal 1986, ex segretario del partito nelle
province di Guantanamo e Santiago, ed ex deputato dell'Assemblea
nazionale (Parlamento).
Robinson, 49 anni, è il primo membro dell'ufficio politico
condannato ma il terzo espulso in base ad accuse di abuso,
corruzione o condotta impropria della carica, dopo i casi di
Carlos Aldana, ex segretario di Ideologia del Partito Comunista,
nel 1992, e del giovane ex cancelliere Roberto Robaina, nel 2002.
Occorrerebbe davvero lambiccarsi il cervello per arrivare a
pensare che misure come queste potessero essere prese nei governi
democratici e liberali del peruviano Alan García e Alberto
Fujimori, dell'argentino Carlos Menem, del brasiliano Fernando
Collo de Melo, della panamense Mireya Moscoso, del nicaraguese
Arnoldo Alemán, e molti altri impresentabili.
La condanna di Juan Carlos Robinson sicuramente saturerà ancora di
più Google in questi giorni.