I suicidi di tre prigionieri nella base navale statunitense di Guantánamo, territorio cubano occupato illegalmente dagli Stati Uniti, ha avuto un’ampia ripercussione e alcuni li hanno definiti atti di disperazione, mentre altri ritengono si tratti di tragedie annunciate.
Gli avvocati dei prigionieri hanno denunciato che la decisione di togliersi la vita presa da questi uomini è dovuta alla disperazione provata dai prigionieri senza speranza di venire liberati, ha reso noto oggi la catena radiotelevisiva londinese BBC.
Manfred Nowak, relatore dell’ONU sulla Tortura, ha sollecitato l’Unione Europea ad esigere dagli USA la chiusura di questa prigione durante il Summit della prossima settimana con il presidente George W. Bush.
L’Amministrazione nordamericana mantiene reclusi nell’installazione dal 2002 più di 500 uomini catturati in Afghanistan, Pakistan ed altri paesi, denominandoli combattenti nemici e negando loro i diritti dei prigionieri di guerra stabiliti dalla Convenzione di Ginevra.
È proprio il limbo legale nel quale si trovano, senza protezione, accuse formali, diritto ad essere processati, visite dei familiari e quasi impossibilitati ad incontrarsi con gli avvocati, a scatenare la disperazione nelle centinaia di uomini condannati ad un vicolo cieco.
Il Pentagono ha riconosciuto che 25 prigionieri hanno tentato in 41 occasioni di togliersi la vita.
Ma questi tentativi sono stati considerati dal Ministero della Difesa statunitense come manovre per richiamare l’attenzione e manipolare l’opinione pubblica.
Lo stesso argomento è stato utilizzato dal comandante del centro, il contrammiraglio Harry Harris, quando sabato scorso ha annunciato la morte dei due yemeniti e del saudita, scartando l’ipotesi della disperazione e denunciandola come guerra asimmetrica.
I tre si sarebbero impiccati utilizzando i loro vestiti e coperte nel campo 1 di questo carcere. La notizia si è diffusa in un lampo, trattandosi dei primi suicidi in questa prigione dei quali si è venuti a conoscenza.
Dopo l’incidente sono state formulate nuovamente le richieste di chiusura del carcere e gli avvocati dei prigionieri hanno considerato queste morti una tragedia annunciata dalle condizioni di isolamento e solitudine.
William Goodman, direttore legale del Centro dei Diritti Costituzionali, un gruppo di giuristi che ha sede a New York, ha precisato che i prigionieri hanno agito per la disperazione causata dal non poter provare la loro innocenza, poiché si trovano di fronte un sistema senza giustizia e senza speranza.
Gli Stati Uniti non sono sfuggiti alle critiche dei loro alleati. La Germania ha chiesto un’indagine sui fatti ed ha ribadito la posizione espressa dalla sua cancelliera, Angela Merkel, secondo la quale la detta prigione dev’essere chiusa.
Anche Harriet Harman, ministra degli Affari Costituzionali britannica, parlando alla BBC si è pronunciata a favore della chiusura di questo centro di detenzione o per il suo trasferimento negli Stati Uniti.
Harman ha chiesto il perchè, se è vero che il presidio a Guantánamo è legale, non viene trasferito in territorio nordamericano affinché il sistema giudiziario del paese del Nord processi queste persone.
Il primo ministro danese, Anders Fogh Rasmusse, ha denunciato che i fatti registrati a Guantanamo violano la legge con la copertura della cosiddetta guerra contro il terrorismo.