L'appuntamento alla chiesa di San Agustin
è alle sette e mezza. Il vecchio François avrebbe detto messa per festeggiare
monsignor Carlos Manuel De Cespades, discendente dal padre della patria cubana e
parroco di quella chiesa, che è ritornato dopo una serie di cure in Svizzera per
vincere un male subdolo.
François Houtart ottantaduenne sacerdote del clero secolare, per anni docente di
sociologia all'università di Lovanio, in Belgio, è stato tra gli ideatori e i
fondatori del Forum sociale di Porto Alegre. E' all'Avana invitato con altri
intellettuali per la riunione del movimento In difesa dell'umanità che ha
avuto, come ho detto in un altro articolo, il suo battesimo a Caracas nel
dicembre del 2004 e che a ottobre terrà un'altra sessione a Roma, alla Fao.
Questo religioso, che in gioventù ha insegnato sociologia anche ad Hanoi sotto
le bombe dei B52 USA, costringendo la rigida organizzazione ideologica del
partito comunista locale a confrontarsi con la dialettica delle scienze sociali,
si è sentito offeso per il modo come l'informazione ha trattato a partire dal 31
luglio, l'infermità di Fidel Castro ma più ancora si è indignato per il piano
sul futuro di Cuba, deciso disinvoltamente dal Dipartimento di Stato Usa e
ribadito nell'occasione da Bush e Condoleeza Rice.
La sovranità di Cuba
Per questo lunedì 5 agosto ha reso pubblico un manifesto intitolato
«La sovranità di Cuba deve essere rispettata» che, in pochi giorni, è stato
firmato da più di diecimila intellettuali di tutto il mondo fra cui nove premi
Nobel. François che ne ha discusso con Raul Suarez pastore protestante,
presidente del Consiglio delle chiese ecumeniche di Cuba, ne vuole parlare con
Carlos Manuel De Cespades insieme a Frei Betto, presente anch'egli a l'Avana e
che era con François quando, dopo la visita di Giovanni Paolo II nel '98, Fidel
Castro invitò quattro teologi di fama mondiale per interpretare dal di dentro le
sette omelie pronunciate da Papa Wojtyla nell'isola.
L'incontro nella sagrestia di San Agustin è affettuoso. Carlos Manuel che per
linea familiare è discendente anche del generale Menocal, detto el majoral,
presidente del paese all'inizio del secolo scorso e che definitivamente accettò
la tutela del governo di Washington nella vita politica della nazione, ha avuto
una gioventù di militanza cattolica avversata dal nuovo regime socialista e
perfino l'esperienza di qualche settimana in un campo di lavoro, ma non ha mai
confuso fra gli eccessi della Revolucion e l'intollerabile assedio
politico economico, a volte terroristico, degli Stati Uniti.
Nel '97, quando era portavoce dell'attuale cardinale dell'Avana, allora
arcivescovo, Jaime Ortega y Alamino, commentò con una frase drastica «queste
bombe vengono da Miami» l'improvviso proliferare di attentati alle installazioni
turistiche dell'isola. Il vescovo della città simbolo della Florida si risentì
moltissimo e chiese un intervento al collega de l'Avana che impose al suo
portavoce il silenzio fino al termine del viaggio papale del gennaio '98. Ora,
dopo la confessione e la condanna di Ernesto Cruz-Leon, autore materiale degli
attentati in uno dei quali morì Fabio Di Celmo, sappiamo che mandante di questo
terrorismo era la Fondazione cubana americana di Miami con la regia di Luis
Posada Carriles, il Bin Laden latinoamericano del quale il governo degli Stati
Uniti ancora non ha deciso cosa fare, se estradarlo ad un paese compiacente o
sottoporlo finalmente ad un processo.
È un ricordo che più che amareggiare, ancora adesso spaventa.
François Houtart, che ha visitato l'arcivescovo il giorno prima, commenta con un
po' di ironia, che l'amico Jaime, «se suavizo» (si è raddolcito) e che
finalmente guarda alla rivoluzione senza pregiudizio "coerentemente con lo
spirito del vangelo". Non lo sorprende quindi che la chiesa di Roma,
sensibilizzata dalla Curia dell'Avana, abbia chiesto proprio in quei giorni di
pregare per la salute di Fidel facendo indignare i cattolici reazionari della
Florida e dell'America Latina, «tanto vicini al denaro e tanto lontani da Dio».
François che, ad appena trentasette anni, nel Concilio Vaticano II, entrò come
esperto in una commissione di studio sociale della quale era componente anche
l'allora vescovo Karol Wojtyla, confermava la sua franchezza e il prestigio che
a Porto Alegre nel 2005 gli fece chiedere in modo esplicito e fuori dagli schemi
al presidente Lula le ragioni del ritardo dell'atteso cambiamento sociale che in
Brasile dopo due anni dalla sua elezione avanzava ancora a rilento rispetto alle
promesse in campagna elettorale.
«Molte cose sono migliorate nel rapporto fra Vaticano e Cuba dopo la visita di
Giovanni Paolo II», rileva Carlos Manuel De Cespades e ricorda con affetto che
questa evoluzione è cominciata a metà degli anni '80 con l'impegno di Frei
Betto, dopo il libro intervista Fidel e la religione per rompere
l'incomunicabilità e favorire il dialogo fra la rivoluzione e il clero locale.
Dialogo che poi è continuato autonomamente. Per la prima volta la chiesa cubana
respinse il blocco economico imposto all'isola dagli Stati Uniti e il governo
dell'Avana cancellò l'ateismo dalla propria costituzione per sostituirlo con il
concetto di laicismo. Non sorprende quindi che perfino nel 2003 dopo le
fucilazioni all'Avana di tre degli undici componenti il gruppo che, armi alla
mano, aveva assaltato i turisti del ferryboat della Bahia di Regla tentando di
dirottarlo, il cardinale Sodano, segretario di Stato, abbia dichiarato «La
chiesa continua ad avere fiducia che il governo de l'Avana sia capace di
condurre Cuba ad una computa democrazia.» Una dichiarazione che all'epoca ebbe
il merito di imporre una riflessione più profonda sui metodi dell'assedio USA
nei confronti di Cuba e sulle conseguenze nefaste che quella politica scorretta
poteva avere sul modo di reagire della rivoluzione.
I nuovi seminari
Non sono stati inaugurati nell'isola solo nuovi seminari, luoghi di culto o non
sono sorti solo centri di attenzione sociale della chiesa cattolica, come quelli
della Comunità di S. Egidio e delle suore Brigidine, sono anche diventati più
chiari e frequenti i momenti di incontro fra le varie religioni e la
rivoluzione. La chiesa cattolica in particolare ha aumentato la sua presenza
nella vita del paese perfino in quel settore sanitario dove Cuba è un esempio
per tutto il continente con i suoi trentamila medici presenti in molte delle
nazioni socialmente sofferenti nel mondo, da Haiti, all'Angola, al Pakistan. E'
su questo terreno che si è sviluppata una intesa fra Vaticano e Cuba che porta
Papa Ratzinger a essere, sugli auguri per la salute di Fidel, più generoso di
Pietro Ingrao. E ha spinto il collega Cotroneo sul Corriere della Sera a
vaneggiare perfino su una presunta "conversione" del leader maximo.
Il libro di Ramonet
L'infermità di Fidel Castro, ha messo inizialmente in crisi i tempi della
ristampa del libro Cento ore con Fidel di Ignacio Ramonet, (pubblicato in
Spagna col titolo di Fidel Castro: biografia a due voci) e prossimamente
in stampa in Francia, Inghilterra, Italia, Germania, Stati Uniti, Canada,
Messico, Argentina, Brasile, Colombia, Venezuela e perfino in Giappone e Cina.
La prima edizione, subito esaurita a Cuba e in Spagna, dove era uscita a maggio,
aveva suggerito però a Fidel alcune aggiunte, ampliamenti, precisazioni, che
stava apportando sulle bozze quando è stato costretto all'immediato intervento
chirurgico per l'ormai famoso papilloma allo stomaco.
Il libro del prestigioso direttore di Le Monde Diplomatique , frutto di
vari incontri nel corso di tre anni, segue due decenni dopo, ancora più
estesamente, (633 pagine, oltre a una settantina di note e di indice) la traccia
del racconto che Castro mi fece per due documentari diventati storici, nell'87 e
nel '90, poi trascritti in due pubblicazioni. Il lavoro fatto con Ramonet è una
sorta di autobiografia, un bilancio della propria vita pubblica più che privata,
sulla soglia degli ottant'anni, quando si possono rischiare anche rivelazioni
inedite, giudizi politici fuori da ogni diplomazia, autocritiche, confidenze.
S.Ignazio di Loiola
Ramonet, come feci io allora, nella sua introduzione pur ricordando
le aggressioni costanti che Cuba subisce dall'esterno e addirittura citando
S.Ignazio di Loiola «in una fortezza assediata ogni dissidenza è considerata
tradimento» non fa sconti alla rivoluzione per i trecento prigionieri di
opinione che sono nelle sue carceri e per la pena di morte. Con molta onestà
intellettuale, il direttore di Le Monde Diplomatique non tralascia di
ricordare però che la pena di morte soppressa nella maggior parte dei paesi
evoluti è in vigore, oltre che a Cuba, ancora negli Stati Uniti e in Giappone e
sottolinea anche come, nei suoi rapporti critici, Amnesty International
non segnala a Cuba casi di tortura fisica, di desaparecidos, di assassini
politici e di squadroni della morte, di manifestazioni represse con la violenza
dalla forza pubblica, al contrario di stati per esempio dello stesso continente
latinoamericano, considerati «democratici» come Guatemala, Honduras, Messico;
senza dimenticare la Colombia dove «sono assassinati impunemente sindacalisti,
oppositori politici, giornalisti, sacerdoti, sindaci, leader della società
civile, senza che questi crimini periodici suscitino eccessiva emozione nel
mondo dei media internazionali».
E' un approccio onesto, che non giustifica nessuna illiberalità commessa a Cuba
ma che impone una riflessione sulla violazione permanente nel mondo, oltre che
dei diritti civili, anche dei diritti economici, sociali e culturali, fenomeni
sconosciuti nell'isola. La pronta ripresa fisica di Fidel Castro ha però tolto
dalle ambasce gli editori della biografia che il leader maximo alla fine
non è riuscito a scrivere ma ha fatto in modo di lasciare alla storia.
Pedro Alvarez Tabio, «l'altra memoria di Fidel», da trent'anni rigoroso custode
del patrimonio letterario e storico della rivoluzione cubana, già poco dopo
ferragosto riceveva due capitoli al giorno corretti di proprio pugno dal
comandante convalescente. Così la seconda edizione rispetterà i tempi di
pubblicazione previsti. C'è chi giura addirittura che Fidel si materializzerà in
un giorno qualunque dall'11 al 16 settembre al Palacio de las Convenciones
durante il summit dei Paesi non allineati che concentrerà all'Avana più di 100
capi di stato delle nazioni del chiamato terzo mondo.
(fine -
prima parte)