Epidemia di dengue: migliaia di infettati, un numero imprecisato di morti e ospedali in tilt
 


La zanzara killer

allarma Cuba
 

Di fronte all'ampiezza del contagio, il governo ammette tutto e prepara le contromisure: squadre di «volontari dell'ordine» a controllare l'igiene, fumigazioni aeree per allontanare gli insetti. All'Avana sotto accusa le carenze del sistema fognario e i fiumi-cloaca. I casi di dengue potrebbero essere 35 mila.

 

 

| Avana, 6 ottobre 2006 | M.Sacchetti |

 

 

 

La dengue, la temibile febbre tropicale che in alcuni casi può anche portare la morte, sta provocando una vera e propria emergenza a Cuba. Con migliaia di ammalati, forse centinaia di morti e ospedali in piena emergenza per via del virus portato da un particolare tipo di zanzara. L'estate 2006 ha iniziato la sua parabola discendente con una clemente «temporada ciclonica» che ha già schivato la tempesta tropicale Ernesto ma non ha potuto evitare purtroppo un'aspra battaglia sanitaria, tuttora in pieno svolgimento, contro la dilagante moltiplicazione di casi infettivi provocati dal famigerato mosquito Aedes Aegypti, portatore di dengue comune e della più pericolosa dengue emorragica.
Circa settemila casi in tutta l'isola, due decessi nella provincia di Santiago e altrettanti all'Avana fino a metà agosto. Ma le statistiche reali con lo scorrere delle settimane sono diventate molto più allarmanti. Altri focolai sono stati localizzati nelle province di Ciego de Avila, Camaguey, Holguin, Pinar del Rio, Santiago e Guantanamo. Di fatto uno dei municipi più colpiti è risultato quello dell'Avana del Este, con oltre 500 casi. Molta gente, soprattutto durante i fine settimana, veniva alle spiagge di Guanabo, Santa Maria, Bacuranao, dai municipi centrali più popolati e a rischio.
La dinamica è semplice: se una delle zanzare costiere (che normalmente non sono portatrici del pericoloso virus) punge un soggetto già contagiato (magari ancora ignaro di essere in fase d'incubazione) e successivamente un altro individuo sano, automaticamente esiste la possibilità di trasmissione del contagio.
Se l'informazione scarseggia, a dare la misura dell'entità dell'epidemia sono le misure prese dal governo. Se la situazione non fosse davvero preoccupante, infatti, non sarebbero state convocate d'urgenza le «brigate di trabajadores sociales», giovani volenterosi in maglietta rossa recante la scritta «Comandante en jefe Ordene!», che con i loro rumorosi bazukas affumicano tutti i quartieri della città e ispezionano, casa per casa, le condizioni igieniche delle famiglie. Quando vengono trovati in alcuni condomini focolai di larve del famigerato mosquito, soprattutto nelle cisterne dell'acqua che molto spesso non sono a tenuta perfettamente ermetica, vengono appioppate salate multe, fino a 1.500 pesos cubani (circa 70 euro). D'altra parte un serbatoio d'acqua moderno, costruito a tenuta ermetica, con leghe di materiali plastici e filtri antibatterici ha dei costi proibitivi (circa 200 pesos convertibili) che pochissimi cubani possono permettersi.
Lo scorso mese infine è stata convocata una riunione straordinaria al ministero della Salute pubblica per discutere delle procedure d'intervento e delle strategie da seguire per informare, senza allarmare troppo, la popolazione e soprattutto il preoccupato settore del turismo. Ma nelle settimane successive la situazione è ulteriormente peggiorata. L'agenzia Reuters ha riportato durante la settimana del summit dei Paesi non allineati all'Avana (dall'11 al 16 settembre) una statistica approssimata di 700 decessi. Ma gli ospedali sono pieni di pazienti in quarantena, i medici, sottoposti a turni massacranti, non bastano anche perché molti sono impegnati in Venezuela e in altre missioni umanitarie e i morti (tra cui molti bambini) a causa della forma emorragica più nociva ammonterebbero a circa un migliaio. Fatto molto grave ed emblematico, in un paese che si proclama all'avanguardia per il bassissimo tasso di mortalità infantile e come modello di alta efficienza sanitaria da imitare.
Il governo cubano di fronte all'evidenza e al rincorrersi delle notizie ha dovuto riconoscere pubblicamente l'epidemia e moltiplicare gli interventi di fumigazione con aerei leggeri (il biplano giallo Antonov-2 risalente all'era sovietica) e mezzi dell'esercito che di notte percorrono tutti i quartieri spandendo la loro scia fumogena a base di sostanze petrolchimiche vaporizzate. L'efficacia di queste sostanze è tutta da verificare, sia quando la popolazione non accetta di mantenere la casa chiusa per almeno 40 minuti e soprattutto se le famigerate zanzare, ormai assuefatte al petrolio, hanno sviluppato una naturale resistenza biologica a tale «veleno».
Vicino all'aeroporto Arroyo Naranjo, dove più di un migliaio di bambini sono stati visitati dal dottor Angel Arturo Aballí in un ospedale pediatrico stato messo in quarantena, le zone di Diez de Octubre, Santos Suárez, il Cerro, il reparto di San Miguel del Padrón, il popoloso e fatiscente Marianao e l'affascinante e tortuosa Habana Vieja restano i municipi più penalizzati dall'infezione. «Nel paese ci sono 784 casi accertati di dengue, tra quelli di tipo emorragico e quelli di tipo virale», dice un impiegato del ministero di Salute pubblica che preferisce mantenere l'anonimato.
Al consolato italiano comunque dicono che non c'è bisogno di preoccuparsi. Sostengono che si tratta di infezioni che possono provocare forti stati febbrili, nausee e vomito, ma che «raramente» hanno decorso mortale e che comunque i decessi sarebbero tutti tra la popolazione locale, tra gli abitanti nelle zone paludose dell'isola. Ciò che non quadra è però il fatto che la maggior parte dei decessi si sarebbe verificato all'Avana. Suggeriscono infine a chi volesse andare a Cuba di portarsi dei medicinali per la febbre e contro il vomito, evitando assolutamente le aspirine e tutti i vasodilatatori perché la dengue provoca lacerazioni interne e i farmaci vasodilatatori, favorendo il flusso del sangue, faciliterebbero la formazione di emorragie.
Ma aldilà delle supposizioni e delle profilassi resta il problema diffuso dell'igiene in una metropoli caraibica come l'Avana, che con i suoi due milioni e mezzo di abitanti non ce la fa a ristrutturare l'intero sistema fognario. Il Rio Almendares, che attraversa i quartieri del Vedano e Playa, è una gigantesca cloaca che sfocia tutti i liquami e gli escrementi nella corrente del Golfo. Anche il Rio Cojimar, già inquinato dagli scarichi di una fabbrica di cosmetici, nonché da saponi e deodoranti Suchel-Camacho, si restringe in alcuni punti diventando un bacino d'acqua stagnante. Sebbene la zanzara responsabile della dengue pare deponga le uova anche in acque pulite, è chiaro che quello dell'inquinamento è un vero problema e potrebbe avere un ruolo non secondario nell'esplodere di epidemie.
Il ministro della Salute pubblica José Ramon Balaguer non ha rilasciato nessuna dichiarazione ufficiale né per smentire, né per confermare o ridimensionare i 30-35 mila casi presunti di dengue che affliggono attualmente l'isola della salute, della siccità e della «rivoluzione energetica» patrocinata da Cina e Venezuela. Né tantomeno per chiarire le strategie future e gli investimenti governativi necessari e indispensabili per «bonificare» i flussi d'acqua contaminata.