La dengue, la temibile febbre tropicale che in alcuni casi
può anche portare la morte, sta provocando una vera e propria emergenza a Cuba. Con migliaia di ammalati, forse centinaia
di morti e ospedali in piena emergenza per via del virus portato da un
particolare tipo di zanzara. L'estate 2006 ha iniziato la sua parabola
discendente con una clemente «temporada ciclonica» che ha già schivato la
tempesta tropicale Ernesto ma non ha potuto evitare purtroppo un'aspra battaglia
sanitaria, tuttora in pieno svolgimento, contro la dilagante moltiplicazione di
casi infettivi provocati dal famigerato mosquito Aedes Aegypti, portatore di
dengue comune e della più pericolosa dengue emorragica.
Circa settemila casi in tutta l'isola, due decessi nella provincia di Santiago e
altrettanti all'Avana fino a metà agosto. Ma le statistiche reali con lo
scorrere delle settimane sono diventate molto più allarmanti. Altri focolai sono
stati localizzati nelle province di Ciego de Avila, Camaguey, Holguin, Pinar del
Rio, Santiago e Guantanamo. Di fatto uno dei municipi più colpiti è risultato
quello dell'Avana del Este, con oltre 500 casi. Molta gente, soprattutto durante
i fine settimana, veniva alle spiagge di Guanabo, Santa Maria, Bacuranao, dai
municipi centrali più popolati e a rischio.
La dinamica è semplice: se una delle zanzare costiere (che normalmente non sono
portatrici del pericoloso virus) punge un soggetto già contagiato (magari ancora
ignaro di essere in fase d'incubazione) e
successivamente un altro individuo sano, automaticamente esiste la possibilità
di trasmissione del contagio.
Se l'informazione scarseggia, a dare la misura dell'entità dell'epidemia sono le
misure prese dal governo. Se la situazione non fosse davvero preoccupante,
infatti, non sarebbero state convocate d'urgenza le «brigate di trabajadores
sociales», giovani volenterosi in maglietta rossa recante la scritta «Comandante
en jefe Ordene!», che con i loro rumorosi bazukas affumicano tutti i quartieri
della città e ispezionano, casa per casa, le condizioni igieniche delle
famiglie. Quando vengono trovati in alcuni condomini focolai di larve del
famigerato mosquito, soprattutto nelle cisterne dell'acqua che molto spesso non
sono a tenuta perfettamente ermetica, vengono appioppate salate multe, fino a
1.500 pesos cubani (circa 70 euro). D'altra
parte un serbatoio d'acqua moderno, costruito a tenuta ermetica, con leghe di
materiali plastici e filtri antibatterici ha dei costi proibitivi (circa 200
pesos convertibili) che pochissimi cubani
possono permettersi.
Lo scorso mese infine è stata convocata una riunione straordinaria al ministero
della Salute pubblica per discutere delle procedure d'intervento e delle
strategie da seguire per informare, senza allarmare troppo, la popolazione e
soprattutto il preoccupato settore del turismo. Ma nelle settimane successive la
situazione è ulteriormente peggiorata. L'agenzia Reuters ha riportato durante la
settimana del summit dei Paesi non allineati all'Avana (dall'11 al 16 settembre)
una statistica approssimata di 700 decessi. Ma gli ospedali sono pieni di
pazienti in quarantena, i medici, sottoposti a turni massacranti, non bastano
anche perché molti sono impegnati in Venezuela e in altre missioni umanitarie e
i morti (tra cui molti bambini) a causa della forma emorragica più nociva
ammonterebbero a circa un migliaio. Fatto molto grave ed emblematico, in un
paese che si proclama all'avanguardia per il bassissimo tasso di mortalità
infantile e come modello di alta efficienza sanitaria da imitare.
Il governo cubano di fronte all'evidenza e al
rincorrersi delle notizie ha dovuto riconoscere pubblicamente l'epidemia e
moltiplicare gli interventi di fumigazione con aerei leggeri (il biplano giallo
Antonov-2 risalente all'era sovietica) e mezzi dell'esercito che di notte
percorrono tutti i quartieri spandendo la loro scia fumogena a base di sostanze
petrolchimiche vaporizzate. L'efficacia di queste sostanze è tutta da verificare,
sia quando la popolazione non accetta di mantenere la casa chiusa per almeno 40
minuti e soprattutto se le famigerate zanzare, ormai assuefatte al petrolio,
hanno sviluppato una naturale resistenza biologica a tale «veleno».
Vicino all'aeroporto Arroyo Naranjo, dove più di un migliaio di bambini sono
stati visitati dal dottor Angel Arturo Aballí in un ospedale pediatrico stato
messo in quarantena, le zone di Diez de Octubre, Santos Suárez, il Cerro, il
reparto di San Miguel del Padrón, il popoloso e fatiscente Marianao e
l'affascinante e tortuosa Habana Vieja restano i municipi più penalizzati
dall'infezione. «Nel paese ci sono 784 casi accertati di dengue, tra quelli di
tipo emorragico e quelli di tipo virale», dice un impiegato del ministero di
Salute pubblica che preferisce mantenere l'anonimato.
Al consolato italiano comunque dicono che non c'è bisogno di preoccuparsi.
Sostengono che si tratta di infezioni che possono provocare forti stati
febbrili, nausee e vomito, ma che «raramente» hanno decorso mortale e che
comunque i decessi sarebbero tutti tra la popolazione locale, tra gli abitanti
nelle zone paludose dell'isola. Ciò che non quadra è però il fatto che la
maggior parte dei decessi si sarebbe verificato all'Avana. Suggeriscono infine a
chi volesse andare a Cuba di portarsi dei
medicinali per la febbre e contro il vomito, evitando assolutamente le aspirine
e tutti i vasodilatatori perché la dengue provoca lacerazioni interne e i
farmaci vasodilatatori, favorendo il flusso del sangue, faciliterebbero la
formazione di emorragie.
Ma aldilà delle supposizioni e delle profilassi resta il problema diffuso
dell'igiene in una metropoli caraibica come l'Avana, che con i suoi due milioni
e mezzo di abitanti non ce la fa a ristrutturare l'intero sistema fognario. Il
Rio Almendares, che attraversa i quartieri del Vedano e Playa, è una gigantesca
cloaca che sfocia tutti i liquami e gli escrementi nella corrente del Golfo.
Anche il Rio Cojimar, già inquinato dagli scarichi di una fabbrica di cosmetici,
nonché da saponi e deodoranti Suchel-Camacho, si restringe in alcuni punti
diventando un bacino d'acqua stagnante. Sebbene la zanzara responsabile della
dengue pare deponga le uova anche in acque pulite, è chiaro che quello
dell'inquinamento è un vero problema e potrebbe avere un ruolo non secondario
nell'esplodere di epidemie.
Il ministro della Salute pubblica José Ramon Balaguer non ha rilasciato nessuna
dichiarazione ufficiale né per smentire, né per confermare o ridimensionare i
30-35 mila casi presunti di dengue che affliggono attualmente l'isola della
salute, della siccità e della «rivoluzione energetica» patrocinata da Cina e
Venezuela. Né tantomeno per chiarire le strategie future e gli investimenti
governativi necessari e indispensabili per «bonificare» i flussi d'acqua
contaminata.