Cuba, il business
del dissenso
29 dicembre 2006 - F.Casari
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Decine di milioni di dollari per
milioni di bugie.
Un commercio poco nobile quello
che intercorre tra i cosiddetti “dissidenti” cubani e la
NED, National Endowment for Democracy, una delle
articolazioni finanziarie parallele del governo statunitense creata da Ronald
Reagan nel 1993. La NED vive con i fondi federali e nasce con il fine di
“appoggiare istituzioni democratiche nel mondo attraverso sforzi privati, non
governativi”. In un articolo pubblicato il 31 marzo del 1997, il The New York
Times la definì così: "La Nacional Endowment for Democracy fu creata 15 anni fa
per portare avanti pubblicamente ciò che ha fatto surrettiziamente la CIA
durante decine di anni. Spende 30 milioni di dollari all’anno per appoggiare
partiti politici, sindacati, movimenti dissidenti e mezzi di comunicazione in
dozzine di paesi”. Al suo fianco opera l’USAID, sigla della ”Agenzia degli Stati
Uniti per lo Sviluppo Internazionale”. Il denaro dell’Agenzia è destinato quasi
esclusivamente a gruppi creati da organizzazioni statunitensi.
Fiore all’occhiello dell’USAID è stato il finanziamento dell’Iran-Contras gate,
l’aggressione terrorista al Nicaragua sandinista negli anni ’80 e, insieme alla
NED, il finanziamento del colpo di Stato ad Haiti che spodestò il presidente
Bernard Aristide negli anni ’90. Allo stesso modo, ha finanziato con 3 milioni
di dollari il tentato colpo di Stato in Venezuela contro il presidente Chavez
nel 2002, miseramente fallito.
La massa dei finanziamenti che dal governo di Washington arriva ai cosiddetti
“dissidenti” si articola in due settori, coordinati ma distinti: quelli operanti
negli Stati Uniti e quelli operanti in Europa. Proprio sul flusso di denaro che
dalla NED arriva a questi ultimi, l’agenzia di stampa USA Asociated Press ha
deciso di mettere il naso, avanzando seri interrogativi sulle modalità con le
quali il denaro statunitense viene speso per foraggiare l’area europea del
cosiddetto dissenso. Significativamente, l’agenzia di stampa statunitense
afferma che dal 1998 la NED ha consegnato alla rivista spagnola “Encuentro de la
cultura cubana” 771.000 dollari (solo l’anno scorso furono 200.00) come
pagamento per la pubblicazione di alcuni articoli di anticastristi.
Altri 200.000 dollari la NED li ha versati nelle tasche di una organizzazione
della repubblica Ceka che appoggia il giornalismo anticubano, denominata “Gente
che ha necessità”. Altri 33.000 dollari sono andati a due altre organizzazioni
slovacche: “Gente in pericolo” e “Fondazione Pionesi”. Insomma chi dagli Usa, da
Cuba o dall’Europa promuove iniziative anticastriste, riceve denaro. Solo negli
ultimi venti anni, in Europa la NED ha distribuito 14 milioni di dollari; ha
cominciato nel 1986 con un obolo di 110.000 dollari per arrivare, quest’anno, a
2,4 milioni di dollari, che proprio un obolo non sono..
Ma l’inchiesta della AP tira in ballo anche una recente audizione al Congresso
USA che analizzava come i 65 milioni di dollari dei contribuenti statunitensi
avessero aiutato il dissenso anticubano. Venne fuori che i soldi furono spesi in
giochi informatici, maglioni in cachemire, carne di coniglio e cioccolata.
L’”Azione Democratica Cubana”, una delle tante sigle con sede a Miami, ha speso
il denaro della NED in giochi del Nintendo e della Play station, in biciclette
da montagna, cappotti di pelle e cioccolata; com’è ovvio, tutti indispensabili
strumenti di lotta per la democrazia a Cuba.
Il business del dissenso cubano non è certo una novità. La stessa Ong
statunitense denominata “Dialogo interamericano”, con sede a Washington e di
chiaro stampo conservatore, contattata dalla AP ha riconosciuto, tramite Daniel
Ericsson, che “queste campagne non hanno avuto un riscontro molto positivo
nell’isola, però aiutano a far sopravvivere gruppi anticastristi in paesi come
la Repubblica Ceka, la Svezia e la Spagna”. Proprio da questi paesi, infatti,
viene la maggiore iniziativa per coordinare le attività anticastriste. Ma è
soprattutto un modo per far emergere fuori da Cuba il “dissenso cubano”, che non
ha mai attecchito verso la popolazione locale che, quando arriva ad
identificarli, non offre certo segnali di consenso o di rispetto.
Del resto, che i “dissidenti” cubani fossero tutto meno che sinceri democratici
devoti alla causa dei diritti umani lo si è sempre saputo. La differenza tra
quello che sono e quello che dichiarano di essere è stata già abbondantemente
dimostrata nel corso dei dibattimenti processuali seguiti allo smantellamento di
alcune delle reti operative gestite direttamente dalla sezione d’interessi USA a
Cuba. Nei processi tenutisi a Cuba e trasmessi integralmente dalla televisione,
il quadro d’insieme è apparso chiaro quando hanno reso la loro testimonianza gli
agenti della “seguridad” cubana infiltratisi nelle miriadi di sigle che,
all’ombra dello Zio Sam, prosperano con salari tre volte superiori a quelli dei
ministri.
Il meccanismo è semplice: ogni anno, gli Stati Uniti stanziano dalla loro legge
di Bilancio alcune decine di milioni di dollari destinati alla “democrazia a
Cuba”. Cioè, ogni anno gli Stati Uniti finanziano chiunque, in ogni parte del
modo, dica di battersi contro il castrismo. Di conseguenza, chiunque decida di
fondare un gruppo, una rivista, un’associazione che si offrano come contributo
per la democrazia a Cuba, sa che potrà entrare nella lista dei destinatari dei
fondi federali – pubblici o privati - statunitensi. Di converso, affinché i
fondi governativi aumentino ed il business cresca, la NED, l’USAID e le altre
fondazioni, hanno bisogno di aumentare ogni anno gli organismi cui dovranno
essere destinati i fondi.
Le quote sono suddivise in due fasce: quelle destinate al singolo dissidente
(centoventi dollari al mese, più o meno a quelli interni all’isola) e quelle
riservate ai dirigenti, cioè a coloro che entrano ed escono dalla Sezione
d’Interessi USA a L’Avana. Quello che mancava, agli occhi dei consulenti europei
(Aznar e Havel i più impegnati e retribuiti, non a caso) erano le figure
definibili come “intellettuali”, passepartout obbligato per certificare
l’assenza di libertà di stampa e di parola sull’isola.
Il governo di Washington ha compreso e, visto che intellettuali proprio non se
ne trovano, ha scelto di promuoverne d’ufficio alcuni, trasformando in
giornalisti, scrittori e poeti persone che però mai avevano scritto nulla che
potesse certificarne simili identità professionali. Quindi libri ed articoli,
saggi e discorsi, pensati in inglese e redatti in spagnolo, da destinare ai
media “amici” che, pubblicandoli, certificavano le due professioni, quella di
dissidente e quella d’intellettuale. Il tutto, ovvio, serviva e serve a
giustificare finanziamenti ed a chiederne l’aumento, cosa che ogni anno,
puntualmente, si verifica.
E via con le sigle: il “Gruppo internazionale per la responsabilità sociale
corporativa” ha ricevuto 213.000 dollari. Per cosa? Dice di convincere in ogni
modo le imprese europee a non investire a Cuba. Nel caso le imprese non
obbediscano, l’associazione studia la possibilità di denunciarle nei tribunali
in base alla legge statunitense Helms-Burton.
Poi è il turno della “Coalizione internazionale per i diritti umani a Cuba”, che
sostiene di avere affiliati in Spagna, Svezia e Germania. Ha incassato ben
865.000 dollari solo tra il 1986 e il 1993, che gli sono stati consegnati
direttamente dalla FNCA di Miami.
La parte del leone la fa però il “Directorio Democratico Cubano”, una sorta di
finto coordinamento delle attività antigovernative nell’isola. Ha già incassato
la bellezza di 6 milioni di dollari e, stando alle sue dichiarazioni fiscali, le
sue entrate, provenienti dall’USAID, crescono annualmente tra i 200.000 e i
500.000 dollari.
Ma il core business del dissenso si trova a Miami, dove la FNCA ha goduto di
centinaia di milioni di dollari dalla sua nascita ad oggi, dei quali 65 solo nel
2006. La FNCA, Fundaciòn Nacional Cubano Americana venne fondata su impulso di
Reagan nel 1993 e guidata dall’ormai defunto Jorge Mas Canosa. Negli intenti
ufficiali doveva fornire assistenza e rappresentanza politica ai fuoriusciti
cubani, in breve si rivelò come un mostriciattolo velenoso messo nelle mani
della mafia cubanoamericana, che venne utilizzata come mano d’opera terrorista
per le azioni coperte della CIA all’insaputa del Congresso. Grande serbatoio
elettorale del Partito repubblicano, la FNCA ufficialmente si occupa di fornire
assistenza ai cubani che raggiungono le coste della Florida e aiuta gli
oppositori di Castro, compresi i giornalisti dissidenti e le loro famiglie. In
più, sempre ufficialmente, per giustificare l’intensità di relazioni con il
governo della Florida e con Washington, la FNCA redige rapporti, studi e
inchieste sulla situazione politica interna a Cuba.
In realtà, come è stato ampiamente dimostrato in decine e decine di occasioni,
la FNCA ha avuto come asse centrale della sua esistenza l’organizzazione delle
attività terroristiche contro Cuba, il grande business dell’immigrazione
illegale dall’isola e le attività di lobby politica e affaristica. Tutte cose
che non appaiono nel suo statuto ma che rappresentano l’essenza della sua
attività ed allo stesso tempo il motivo per il quale non è mai finita sotto
inchiesta da parte delle autorità federali.
In tutte queste attività l’associazione terroristico-mafiosa di Miami ha stretto
un rapporto organico, a livello operativo, con la CIA. Dalla partecipazione allo
sbarco alla Baia dei Porci fino alle ultime campagne terroristiche, molti dei
suoi uomini sono stati agenti a libro paga o contrattisti di Langley. E
l’attività della FNCA consiste precisamente nello svolgimento del “lavoro
sporco” per conto della CIA: quello che, se va bene, è un successo della
democrazia ma, se va male, non ha padrini ufficiali.
Va ricordato che la FNCA finanziò tutte le operazioni terroristiche di
Posada Carriles, a cominciare dall’esplosione
in volo dell’aereo della Cubana de Aviaciòn sui cieli delle Barbados nel 1976,
costato 73 vittime. Nonostante le rivelazioni di Luis Posada Carriles che
organizzò l’attentato insieme al suo compare della FNCA Orlando Bosh, il governo
statunitense non ha ritenuto di dover chiedere conto alla fondazione di Miami
del suo operato. Ha anzi aumentato i fondi a disposizione per le sue attività
criminali contro Cuba.
In nome della democrazia, ovvio.
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