IL VENEZUELA POTREBBE
DIVENTARE UN OBIETTIVO
MILITARE PRIORITARIO
DEGLI STATI UNITI
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Nel
bel mezzo degli scontri verbali tra Washington e Caracas, William Izarra, sorta
d’ideologo del processo venezuelano, ha confidato al quotidiano argentino
Pagina/12 che il suo paese è al centro di una strategia di destabilizzazione da
parte dell’amministrazione Bush.
La settimana scorsa [settimana dal 13 al 19 febbraio], a Washington, Condoleezza
Rice ha definito il Venezuela e l’Iran come delle minacce nei confronti
rispettivamente della stabilità regionale e della stabilità mondiale. A Caracas,
questa stessa settimana, il leader del Parlamento iraniano ha difeso il piano
nucleare del suo paese, discutendo con le autorità venezuelane riguardo alla
possibilità della visita del presidente Mahmud Ahmadinejah, che la segretaria di
stato considera come il finanziatore del terrorismo.
Il tenente colonnello William Izarra, uno degli artefici della diplomazia attiva
con Teheran, ha affermato, nel corso di un colloquio con Pagina/12 che
«la relazione con l’Iran costituisce un obiettivo importante per la politica
estera della rivoluzione bolivariana e so che le pressioni nord-americane non
indurranno il presidente Chavez a rinunciarvi. C’è, con i paesi asiatici, un
vasto programma che contempla la collaborazione nucleare con l’Iran a scopi
pacifici». Considerato come uno degli ideologi del processo venezuelano, Izarra
sostiene che l’escalation verbale con Washington stia assumendo toni più accesi.
Perché Chavez non evita la guerra
retorica con gli Stati Uniti?
Perché non è solo retorica. Vi sbagliate se pensate che ci troviamo di fronte
solo a una guerra combattuta sulla carta. Attualmente, il Venezuela rappresenta
un obiettivo politico nella strategia della destabilizzazione degli Stati Uniti,
che bramano le nostre riserve di petrolio e hanno bisogno di farla finita una
buona volta con la rivoluzione bolivariana, per impedire che il suo esempio si
propaghi nella regione. Se questa tattica che tende a stroncare il nostro
progetto politico fallisce, il Venezuela si trasformerà in obiettivo militare
primario, secondo il quadro del piano Colombia
[1].
Gli obiettivi del piano sono combattere contro il traffico di droga e la
guerriglia in Colombia.
Il piano Colombia non si riduce alle sole frontiere di questo paese, è un piano
militare sottoregionale che, in una fase futura, potrebbe includere azioni
violente contro il territorio venezuelano e l’occupazione di zone vitali.
Secondo me, un’anticipazione di questo probabile «intervento diretto» degli
Stati Uniti è stato sventato quando un centinaio di paramilitari colombiani sono
stati arrestati in territorio venezuelano
[2]
dove si preparavano ad azioni di sabotaggio equivalenti ad «azioni d’intervento
indiretto degli Stati Uniti». È altamente probabile che, dietro a questa
incursione paramilitare si nascondesse la CIA.
«L’esportazione» del piano Colombia
potrebbe implicare l’esercito colombiano?
A medio o a lungo termine, è possibile che ci sarà un confronto militare tra la
Colombia e il Venezuela. Tra le possibilità analizzate riguardo ai piani
destinati a farla finita con la rivoluzione bolivariana, non si può scartare la
guerra regionale come forma indiretta di penetrazione dell’impero. Direi che
questo piano è opera di alcuni generali colombiani; ce ne sono di quelli che,
per formazione ideologica, non sopportano Chavez né la sua influenza sulla
sinistra colombiana. Ma, a breve termine, la realtà è che ai confini ci sono dei
paramilitari che attendono l’ordine della CIA di passare all’azione e sappiamo
che ci sono già dei paramilitari all’interno del Venezuela.
Questa è la prova della vulnerabilità
venezuelana?
Fino a un certo punto, sì. La nostra forza principale non è militare ma
politica, e risiede nell’appoggio straordinario del popolo alla rivoluzione
bolivariana.
È un argomento sufficiente, davanti a un
nemico come gli Stati Uniti?
La forza militare degli Stati Uniti è potente da permettere loro di invadere i
territori e abbattere i governi, ma non è sufficiente a spezzare la volontà di
un popolo. E non intendo in teoria, voi avete come esempi la resistenza irachena
attuale, o la vittoria del Vietnam - guidato da Hô Chi Minh - sui francesi o i
nordamericani (dagli anni Cinquanta agli anni Settanta). Hô Chi Minh e altri
teorici della guerra popolare come Mao Tse Tung ci hanno mostrato come
organizzare una resistenza di fronte a una minaccia asimmetrica, come potrebbe
essere in corso d’elaborazione a Washington. È avendo presente questa
situazione, che nel maggio del 2004 il presidente Chavez ha lanciato il piano di
difesa integrale della nazione, piano a cui attualmente stiamo lavorando perché
la società prenda coscienza che la difesa del territorio, dell’indipendenza e
della democrazia nazionale non spettano ai soli militari.
I venezuelani sembrano appoggiare molto
più Chavez che la rivoluzione.
Ci sono molti venezuelani che appoggiano la rivoluzione perché ne hanno
l’intuizione, e non perché ne sono pienamente consapevoli: non c’è consistenza
ideologica. Dobbiamo creare una rete ideologica che diffonda e approfondisca le
idee della rivoluzione per poter rompere, finalmente, con l’eredità della Quarta
Repubblica (1958-1998) e con l’ideologia della democrazia rappresentativa, e che
i cambiamenti radicali della Quinta Repubblica possano divenire realtà: la
democrazia diretta, il potere popolare, che sia finita con il clientelismo
attuale e si arrivi a designare il capo dello stato con delle assemblee aperte,
dei governi comunitari e la società eserciti un controllo sullo stato.
C’è corruzione nel governo attuale?
Non direi nel governo quanto piuttosto nei settori statali che ancora portano i
segni dei vizi del vecchio sistema. Ci sono anche degli organismi di sicurezza
che non rispettano la legge, ci sono denunce formali di torture perpetrate dai
servizi d’informazione venezuelani contro i dissidenti politici. Sono denunce
che risalgono all’anno scorso. È ovvio che il presidente non ha dato la sua
autorizzazione e che non sapesse niente di quanto accada senza la sua
autorizzazione.
Che vantaggio strategico può portare il gasdotto sudamericano
[3], il cui
costo è stimato intorno ai 20 miliardi di dollari?
Nei prossimi 20 anni, il petrolio continuerà ad essere una fonte d’energia
insostituibile, così gli studi di fattibilità del gasdotto non devono soltanto
tenere conto dell’aspetto economico. Deve esserne analizzato il significato
geopolitico. Secondo me, oltre a rinforzare le nostre scorte energetiche,
potrebbe rappresentare il modo d’impedire che l’Amazzonia, con pretesti
ecologici e di sicurezza, sia trasformata in protettorato internazionale agli
ordini dell’Impero.
È vero che i militari «bolivariani»
hanno preso dei contatti informali con i loro colleghi della regione?
Non posso rispondere in modo certo, non dispongo di informazioni al riguardo.
Comunque, suppongo sia naturale che ci sia un avvicinamento ai compagni d’armi
di paesi fratelli. Penso che si debba lavorare per arrivare a un’integrazione in
materia di difesa senza l’ingerenza degli Stati Uniti. Bisogna mettere le mani
in pasta per ottenere una sorta di Trattato interamericano d’assistenza
reciproca
[4],
ma con un diverso orientamento, in cui la premessa della guerra fredda sia
soppiantata da quella della sovranità regionale rispetto all’impero; un trattato
che parta da un’alleanza tra i sei attuali governi progressisti: Cuba, il
Venezuela, il Brasile, la Bolivia, l’Argentina e l’Uruguay, per formare un asse
capace di controbilanciare l’asse del Pacifico, al quale appartengono invece la
Colombia, l’Ecuador, il Perù e il Cile e che sono vicini agli Stati Uniti e al
progetto ALCA, zona di libero scambio delle Americhe.
[5]
Dario
Pignotti
Fonte: Pagina/12 (www.pagina12.com.ar), Buenos Aires, 20 febbraio 2006.
Link:
http://www.mondialisation.ca/index.php?context=viewArticle&code=PIG20060306&articleId=2063
Traduzione in francese: Marie-Paule Cartuyvels, per RISAL
(www.risal.collectifs.net). 06.03.2006
Traduzione per
www.comedonchisciotte.org a cura di TIRZAN
NOTE:
[1] [NDLR] Consultare il
dossier «piano Colombie/iniziativa andina» in Colombia, in RISAL.
[2] [NDLR] Nel febbraio 2004.
[3] [NDLR] il gasdotto sudamericano è un progetto che consiste nel trasporto del
gas dei giacimenti del sud del Mar dei Caraibi e dell’Oceano Atlantico, di
fronte alle coste del Venezuela, verso il Brasile e l’Argentina. Dovrebbe avere
una lunghezza tra i 7.000 e i 9.300 km.
[4] [NDLR] Dal 1947, in piena guerra fredda, tutti gli eserciti del continente
sono messi sotto la tutela di Washington grazie al TIAR (Trattato interamericano
di assistenza reciproca). Questo prevede in effetti che un attacco contro uno
stato membro sia da considerare come un attacco contro tutti i suoi membri,
secondo un principio simile a quello dell’art. 5 del trattato della NATO.
[5] [NDLR] Area del Libero Commercio delle Americhe - ALCA; Free Trade Area of
the Americas - FTAA; Zona del libero scambio delle americhe - ZLEA. Consultare
il dossier «L’ALCA en panne» [L’ALCA in panne], in RISAL. URL: http://risal.collectifs.net/mot.php3?id_mot=377
RISAL - Réseau d'information et de solidarité avec l'Amérique latine [Rete
d’informazione e di solidarietà con l’America Latina]
URL: http://risal.collectifs.net/