Gli
artigli dell’aquila non
graffiano
il Venezuela
| Lunedi
20 Febbraio 2006 - 13:30 |
Cristiano Tinazzi
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Per il segretario di
Stato americano Condoleezza Rice, la comunità internazionale dovrebbe formare un
“fronte unito” contro il presidente venezuelano Hugo Chávez. Lo ha dichiarato
durante un’audizione in commissione esteri della Camera americana. “Stiamo
parlando con altri Paesi - ha detto la Rice - per creare una specie di fronte
unito su alcune cose in cui è implicato il Venezuela”. Uno dei problemi da
affrontare, ha aggiunto la Rice, “è la relazione tra il Venezuela e Cuba. Penso
che costituisca un particolare pericolo per la regione”. Gli stati Uniti
vogliono far capire agli altri Paesi, ha chiarito la segretaria di Stato, “la
dimensione di quello che sta avvenendo in Venezuela”. In risposta alle
dichiarazioni del segretario di Stato statunitense, il presidente del Venezuela
Hugo Chávez ha affermato che “resisterà al sopruso imperialista”. Al termine di
una riunione a palazzo Miraflores con il primo ministro di Granada, Keith
Mitchell, Chávez ha sottolineato che la Rice, finora “molto silenziosa nei
confronti del Venezuela, ora esce dalla sua giurisdizione e ci attacca in modo
inclemente”. Il presidente venezuelano ha poi definito ‘pazzi’ i portavoce di
Washington perché le dichiarazioni della Rice sono arrivate in un momento di
distensione nelle relazioni tra Usa e Venezuela. E facendo riferimento al’incontro
di martedì scorso tra l’ambasciatore venezuelano negli Usa, Bernardo Alvarez, e
il sottosegretario di Stato Usa Thomas Shannon, Chávez ha sottolineato: “ogni
volta che qualcuno lancia un segnale di conciliazione - ha detto in un
intervento trasmesso da radio e tv - si svegliano i falchi e distruggono ogni
iniziativa di avvicinamento”.
La Rice è completamente fuori strada e la dimostrazione le viene data da un
sondaggio che darebbe al 66% la percentuale di persone orientate a votare
nuovamente Hugo Chávez alle prossime elezioni presidenziali del 3 dicembre 2006.
Il sondaggio realizzato dalla North American Opinion Research Inc, dovrebbe far
chiudere la bocca a chi, come la Rice, continua a spargere disinformazione e
veleni sul governo venezuelano. A meno che non si vogliano disconoscere le più
elementari norme della democrazia. Il sondaggio, che ha un margine di errore del
2,2%, è stato realizzato tra il 28 di gennaio e il 5 di febbraio in tutte le
regioni del Venezuela su un totale di 2.612 intervistati che rappresentano tutte
le classi sociali. Il distacco con il secondo ‘classificato’ è abissale: il
candidato di opposizione meglio piazzato, Julio Andrés Borges, del partito
Primero Justicia, ha solamente il 4%. In totale i voti dell’opposizione non
superano il 13 per cento, mentre un nutrito gruppo di elettori (il 21%), non ha
ancora le idee chiare su chi votare o non voterà affatto. Rispetto alla
precedente consultazione elettorale che ebbe un’alta percentuale di astenuti (il
66%), questa volta il 60 per cento degli intervistati dichiara di essere molto
convinto di andare a votare, il 15% è abbastanza convinto, l’8 per cento è più o
meno convinto, e solo il 3 per cento è poco convinto. Un aspetto interessante
del sondaggio è che la gran parte degli intervistati vincola il futuro della
rivoluziona bolivariana alla figura di Chávez: il 79,6 per cento è convinta che
la rivoluzione potrà andare avanti per i prossimi 40 anni se il presidente si
manterrà alla testa di questo processo, mentre solo il 6,2 % crede che potrà
andare avanti non più di sei o sette anni.
Ma l’attacco statunitense al Venezuela è multiplo. I portavoce del governo
militarista di Bush tentano in ogni modo di colpire il Venezuela con una miriade
di false accuse: l’ultima, già utilizzata negli scorsi mesi, è quella di una
fantomatica ‘persecuzione ebraica’. Aria fritta rimandata pesantemente al
mittente quando i rappresentanti della comunità ebraica venezuelana condannarono
il Centro Simon Wiesenthal per aver emesso un giudizio avventato e non veritiero
accusando il presidente del Venezuela, Ugo Chávez, di antisemitismo.
Il vicepresidente esecutivo della Repubblica, José Vicente Rangel, ha
qualificato come inaccettabile il fatto che gli Stati Uniti vogliano creare un
caso diplomatico con lo stato di Israele, utilizzando l’argomento di “un
supposto antisemitismo del governo venezuelano”, rispondendo così al falco John
Bolton, ambasciatore americano presso l’Onu, che si era opposto alla presenza
del Paese latinoamericano nel Consiglio di Sicurezza, utilizzando questa falsa
accusa.
Rangel in un comunicato stampa, ha definito Bolton come “un membro del gruppo
militarista capeggiato da Rumsfeld”, che insieme a “settori dell’estrema destra
politica americana” e “alcuni gruppi del Venezuela, praticano una politica di
destabilizzazione dell’ordine democratico e costituzionale del Paese”,
cavalcando una perversa interpretazione della questione ebraica nel Paese.
“Abbiamo buone relazioni con lo stato di Israele” ha ribadito Rangel.