Chávez, gli
USA ci
vogliono
disarmare
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Giovedì 27 luglio 2006
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Cristiano Tinazzi
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Il
governo degli Stati Uniti insiste nuovamente presso le autorità russe per far
fare dietro front sull’operazione di vendita di aerei militari da combattimento
al Venezuela, vendita che il presidente Hugo Chávez vorrebbe chiudere in questo
suo viaggio. “Speriamo che i russi riconsiderino questa vendita perché crediamo
che non porti benefici né alla Russia né al Venezuela”, ha dichiarato un
portavoce del Dipartimento di Stato americano. Il portavoce, Tom Casey, ha
ricordato che l’amministrazione statunitense ha già comunicato più volte al
governo russo che l’acquisto di armi pianificato dal governo venezuelano va
oltre “le sue necessità difensive” e non sono utili dal punto di vista della
stabilità regionale. Casey ha anche detto che, tenendo conto che ogni aereo
comprato dal Venezuela costerà tra i 30 e i 45 milioni di dollari, si può
facilmente intuire quali siano realmente le priorità di Caracas. Le autorità del
governo russo, ha aggiunto, sono quelle che dovranno prendere la decisione
finale, decisione che però dovranno tenere conto della posizione di Washington
che vorrebbe impedire questa trattativa tra i due Paesi. Chávez spera comunque
di poter chiudere la trattativa durante la sua visita iniziata nei giorni scorsi
in Russia. Il presidente venezuelano vorrebbe che gli aerei arrivassero entro la
fine dell’anno per rompere il “blocco imposto dagli Stati Uniti”. Il presidente
ha spiegato che i mezzi militari servono solo per difendersi e per sostituire i
vecchi modelli e che gli Stati Uniti sono contrari perché “vogliono disarmare il
Venezuela perché hanno intenzione di invaderlo”. In totale si parla di 60 aerei
da combattimento per un costo che si aggira sui mille milioni di dollari.
Il presidente venezuelano ha visitato ieri anche la fabbrica Izhmash dei famosi
fucili mitragliatori Kaláshnikov a Izhevsk, a mille chilometri da Washington. Si
sono avviate anche delle trattative per creare una fabbrica della famosa
mitragliatrice in Venezuela.
Intanto nel continente latinoamericano il governo statunitense sta facendo
indebite pressioni su Lima affinché non appoggi la candidatura del Venezuela al
Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Il primo segno è venuto da un
richiamo ufficiale fatto dal governo cileno al suo ambasciatore a Caracas,
Claudio Huepe, il quale aveva fatto delle esternazioni in favore del Venezuela.
“Io sono perché il Cile appoggi il Venezuela al Consiglio di Sicurezza”, aveva
detto Huepe durante una intervista pubblicata lo scorso venerdì dal quotidiano
serale cileno ‘La Segunda’.
Huepe è stato così richiamato dal Ministro degli Esteri di Lima Van Klaveren,
con una sanzione di carattere amministrativo. Van Klaveren ha anche mandato un
comunicato a tutti gli ambasciatori cileni ricordando loro che non hanno titoli
per esprimere opinioni personali né possono parlare bypassando così il Ministero
degli Esteri, e che l’unico autorizzato a fare esternazioni in materia di
politica estera è il ministero, su indicazione del governo. Huepe appartiene al
partito democratico cristiano, il quale da diverse settimane ha espresso parere
favorevole affinché il Cile sostenga Caracas all’ONU come membro non permanete
per il periodo 2007-2008. In Cile, i partiti della coalizione di governo sono
divisi su questo tema: mentre infatti i democratici cristiani sostengono il
Venezuela, il Partito Socialista non vuole Caracas, mentre nel partito
socialdemocratico le voci sono contrastanti. Micelle Bachelet ha fatto sapere
che la decisone verrà presa nell’ottobre prossimo, privilegiando “gli interessi
del Cile e della regione”.