Per la seconda volta nella storia una proposta
dichiaratamente socialista vince, anzi stravince, elezioni presidenziali in pace
e democrazia. Dopo Salvador Allende nel 1970 tocca a Hugo Chávez, in condizioni
politiche, economiche, culturali, storiche diverse e con una correlazione di
forze molto più favorevoli. Propone al mondo, e in primo luogo alla sinistra, un
problema politologico che ai più sembrava sepolto: è davvero finito il
socialismo?
La riconferma a furor di
popolo di Hugo Chávez alla presidenza del Venezuela, è avvenuta sulla base di un
programma dichiaratamente socialista. In otto anni il Venezuela bolivariano ha
operato una massiccia redistribuzione che ha dimezzato la povertà estrema nel
paese e la disoccupazione, utilizzando la proprietà pubblica del petrolio. Si
può continuare a trattare Chávez e tutta l’America Latina in maniera denigrante
e come un fenomeno folkloristico ma è oramai tempo, almeno per chi sia onesto
intellettualmente, di cominciare a prendere sul serio il processo venezuelano e
latinoamericano. Al fallimento fragoroso e senza ritorno del neoliberismo nei
cinque continenti, l´America Latina è la prima ad offrire risposte nuove dove la
solidarietà sostituisce e batte l’individalismo di matrice anglosassone.
Nelle amministrative di febbraio 1973 l’Unidad Popular di Salvador Allende
raggiunse il suo massimo storico, il 46%, ben oltre il 34% con il quale era
stato eletto tre anni prima. Nonostante la vulgata del caos e il vero
boicottaggio di oligarchie e interessi stranieri (colpiti dalla
nazionalizzazione del rame), le cose andavano sempre meglio, sempre più cileni
ne erano felici e l’economia mista, ma in transizione al socialismo, stava
cominciando a crescere impetuosamente. Perciò fu necessario il golpe perpetrato
da Augusto Pinochet.
Oggi Hugo Chávez, che era stato eletto nel 1998 e nel 2000 con un discorso che
non faceva menzione del socialismo, fa del “socialismo del XXI secolo” la base
della sua proposta elettorale. I venezuelani, conquistati dai successi di questi
anni, non si spaventano e lo premiano e questi passa da 3.7 del 2000 a quasi 7.5
milioni di voti, arrivando al 62% dei suffragi e con la partecipazione
elettorale più alta della storia. Che piaccia o no in Europa, più di tre
venezuelani su cinque oggi vogliono il socialismo di Chávez. E’ un socialismo
delle opportunità e dell’integrazione, un socialismo che si presenta
innanzitutto come solidale. E` un socialismo difficile da comprendere per chi è
malato di ideologia, veteromarxista o neoliberale che sia. E’ il socialismo
della battaglia delle idee da combattere giorno per giorno.
VOLEVANO CHE
MENTISSI
Le imponenti campagne di
diffamazione dei media mainstream contro Hugo Chávez fotografano la
preoccupazione costante che il migliore dei mondi possibile, quello neoliberale,
possa davvero avere un¨alternativa bolivariana. Nessuno piú parla di inesistenti
violazioni dei diritti umani o delle libertà individuali. Oggi la cosa più
facile è presentare una versione grottesca della situazione venezuelana che per
chi gira davvero il paese è smentita dai fatti. La Repubblica di sabato, con la
consueta sciattezza con la quale copre le cose latinoamericane, si lamentava
dell’interruzione nella strada che collega l’Aeroporto di Caracas ai grandi
alberghi per ricchi e per inviati della grande stampa. Ovviamente, per
l’articolista, quella strada interrotta era tutto quello che lo potesse
interessare del Venezuela. La raccontava fingendo di ignorare che in questi anni
il paese sia stato rivoluzionato anche nelle infrastrutture. La ferrovia del
Valle del Tuy, per esempio, accorcia la distanza con Caracas di quella zona
abitata abitata da discendenti di schiavi da 3 ore a 37 minuti, cambiando la
storia di una valle.
Centinaia di grandi opere realizzate, linee della metropolitana, ferrovie, ponti
sui grandi fiumi, centrali elettriche, la capillare diffusione del gas nelle
case, valgono meno, per il quotidiano la Repubblica, di un cantiere che allunga
il cammino verso un Hotel a cinque stelle. E’ importante soffermarsi sui media
mainstream perché questi hanno capito l’importanza e la validità
dell’Alternativa bolivariana e lavorano ad evitare che l’infezione si diffonda.
Per giorni la stampa mainstream ha dato spazio a sondaggi taroccati, come quello
della PSB (specialista in cambi di regime dall’Ucraina alla Serbia, o di
mantenimento degli stessi quando convenienti, dal Messico all’Italia di
Berlusconi). L’ultimo “sondaggio” della PSB dava Rosales al 54%, 16 punti sopra
la realtà. Serviva a vendere il pericolo di brogli da parte di Chávez come
concreto ed imminente ma era solo una diffamazione senza fondamento alcuno.
Tutti gli osservatori internazionali, dei quali chi scrive ha fatto parte, hanno
accertato e testimoniano della regolarità del processo elettorale, realizzato
con le macchine elettorali più avanzate al mondo per efficienza e sicurezza,
come ha dovuto ammettere anche il Washington Post: quelle statunitensi si
prestano a brogli, quelle venezuelane sono impeccabili.
Manuel Rosales, il candidato dell’opposizione sconfitto da Chávez, nel suo
discorso della notte del 3 ha fatto pubblica un’affermazione politicamente
gravissima ma che è stata praticamente ignorata dalla grande stampa: “qualcuno
pretendeva che mentissi, ma io non mentirò al popolo venezuelano, e per questo
riconosco la sconfitta”. Lo ha detto subito, appena ha iniziato a parlare, come
se dovesse togliersi un peso. Dunque non erano veri i brogli, non era vero che
Chávez fosse sul punto di perdere. L’unica cosa che era vera, e che la grande
stampa si è ben guardata dal denunciare, è che in Venezuela era pronto un piano
eversivo –sicuramente stimolato dall’esterno- per non riconoscere in ogni caso,
anche in maniera totalmente artificiale, il trionfo del Movimento Bolivariano.
Rosales, denunciando le pressioni dei suoi, ha scelto di essere un capo di
un’opposizione civile in un paese ineccepibilmente democratico che domenica ha
dato una lezione di civismo al mondo. Parlare di regime Chávez, di
autoritarismo, di demagogia è falso e in mala fede come 7.5 milioni di voti
hanno smentito. Il popolo bolivariano è davvero un’ “alluvione zoologica”, come
la destra definiva mezzo secolo fa in maniera razzista le masse peroniste in
Argentina. Sono neri, poveri, incolti, indigeni. Ma in pace e democrazia hanno
scelto per la dodicesima volta Hugo Chávez, che piaccia o no, e questi sta
realizzando in democrazia quello che la maggioranza dei venezuelani desidera e
che –che piaccia o no all’Internazionale Socialista del golpista Carlos Andrés
Pérez alle masse venezuelane non importa- ha preso il nome di “Socialismo del
XXI secolo”.
Gli eversori venezuelani ed internazionali, continueranno a diffamare quel
negraccio scomodo di Hugo e cercheranno di ridurre nuovamente al silenzio quelle
masse volgari. Lo faranno, se necessario fisicamente, come Pinochet fece con il
popolo di Allende. Quello che è sicuro è che la grande stampa continuerà a
ripetere le loro diffamazioni ed a far loro da eco.
Gennaro Carotenuto
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