Dopo tre settimane e 47 inutili votazioni, sembra si sia sbloccata la
impasse sul seggio latino-americano in Consiglio di sicurezza per i
prossimi due anni. Né Venezuela né Guatemala. Sarà, a meno di sorprese
ormai improbabili, il Panama a prendere il posto dell'Argentina il cui
mandato biennale scade il 31 dicembre prossimo.
Mercoledì con la mediazione dell'ambasciatore dell'Ecuador all'ONU, Diego
Cordovez, si sono incontrati i ministri degli esteri venezuelano, Nicolas
Maduro, e guatemalteco, Gert Rosenthal, e hanno accettato di ritirare le
rispettive candidature indicando il Panama come alternativa «di consenso».
Ieri il gruppo dei 35 paesi dell'America latina e dei Caraibi alle Nazioni
unite doveva esaminare la candidatura del paese del Canale per poi
presentarla all'Assemblea generale dei 192 paesi che si riunirà allo scopo
martedì prossimo. Al quarantottesimo round non ci saranno problemi per
raggiungere quei due terzi dei voti che è stato impossibile raggiungere
prima.
Come era prevedibile dopo le prime votazioni, Venezuela e Guatemala
avrebbero dovuto a un certo punto mollare e ritirarsi. La soluzione «di
consenso» non è stata molto di consenso. Entrambi hanno rinunciato a
malincuore e con l'amaro in bocca al di là delle dichiarazioni
d'occasione. «Vogliamo confermare il nostro messaggio di fratellanza e di
rispetto ai nostri fratelli guatemaltechi», ha detto Maduro; «Ci alziamo
da questo tavolo amici del Venezuela come è ovvio», ha detto Rosenthal.
Ma per l'uno e per l'altro, al di là delle belle parole, si è trattato di
una sconfitta. Una sconfitta per il presidente Hugo Chavez che aveva
puntato forte sull'entrata del Venezuela fra i 15 del Consiglio di
sicurezza e che ha dovuto incassare l'insormontabile ostilità
dell'amministrazione Bush, impegnata a morte, con ricatti e lusinghe, a
sbarrargli la strada. Volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, Chavez può
vantare almeno il fatto di avere anche lui sbarrato il cammino non tanto
al povero Guatemala, mandato allo sbaraglio da Washington, ma agli Stati
uniti - «l'Impero» - che non sono riusciti a far passare la loro docile
candidatura.
E non solo agli Usa. Perché con Bush si erano schierati per l'occasione 24
dei 25 paesi dell'Unione europea, con l'eccezione dell'Italia che si era
sempre astenuta (facendo irritare la signora Rice nonostante l'amicizia
con il ministro D'Alema), sulla base dell'argomentazione sottile che
«politicamente» non si poteva votare il Venezuela di Chavez ma non si
poteva neppure votare contro per via dei rapporti particolari esistenti
fra i due paesi e della presenza di un milione di oriundi italiani nel
paese latino-americano (di cui 100 mila hanno votato nelle ultime elezioni
di aprile in Italia, decidendole con il loro voto). Ieri la Farnesina ha
manifestato soddisfazione per il «candidato di consenso» finalmente
trovato.
Le bellicosità anti-Usa di Chavez aveva incrinato anche l'appoggio, non
solo dei paesi centroamericani penosamente vassalli degli Usa, ma di
alcuni paesi dell'America latina che o avevano votato contro - come il
Messico e la Colombia - o si erano astenuti - come il Perù, il Cile e
l'Ecuador - indebolendo la posizione di Caracas nonostante il forte
appoggio del Mercosud - Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay.
Anche il Guatemala è uscito con l'amaro in bocca che il ministro Rosenthal
non è riuscito a nascondere: «Non posso affermare che provo una grande
allegria nel dover ritirare la nostra candidatura», ammettendo che essere
stato il candidato degli Usa «è stata un'arma a doppio taglio» e che la
scelta del Panama è la soluzione «meno peggio».
L'opzione panamegna soddisfa più o meno tutti: il presidente
socialdemocratico Martin Torrijos - figlio del presidente Torrijos,
il«generale della dignità» che negoziò con il presidente Carter gli
accordi per la restituzione del Canale - è anche lui «meno peggio» della
signora Mireya Moscoso che l'ha preceduto, perdutamente filo-Usa. Il
Panamà di Torrijos si vanta di essere in buoni rapporti con i due
principali contendenti della partita: gli Stati uniti di Bush e il
Venezuela di Chavez. Poi, in questo modo, è stata soddisfatta anche la
richiesta di eleggere un paese del Centramerica in Consiglio di sicurezza
da cui mancava da tempo. Insomma tutti contenti. In apparenza.