L’alternativa bolivariana
si rafforza
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Venerdi 28 Aprile 2006
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Cristiano Tinazzi
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Anche se il presidente Evo
Morales si sta apprestando a firmare questo sabato un TCP (Tratado de Comercio
de los Pueblos) non è ancora chiaro quali prodotti saranno inseriti in questo
scambio né quali sono i termini che porteranno ad abbattere i dazi commerciali
tra i Paesi interessati. Le associazioni degli industriali hanno fatto notare
che in un contesto del genere, dove non sono definiti né i prodotti interessati
né quando saranno messa in atto l’abolizione delle tariffe doganali, l’accordo
che il governo pretende di stipulare è più politico che commerciale, mentre la
Comunità Andina della Nazioni (CAN) si dibatte tra la vita e la morte.
Morales intanto prepara il suo viaggio a La Habana dove sottoscriverà il
trattato con Venezuela e Cuba. Mercoledì il cancelliere boliviano, David
Choquehuanca, durante una conversazione telefonica ha dichiarato alla stampa che
il trattato si inserisce nel solco della ‘Alternativa Bolivariana para América
Latina’ e del Caribe (ALBA) per consolidare la ricerca di mercati alternativi
non solo per la soia (la produzione boliviana della soia si è vista tagliare
fuori dal mercato colombiano dopo la firma di Uribe del Trattato di Libero
Commercio con gli Usa) ma anche per la vendita della foglia di coca e dei suoi
derivati legali.
“Abbiamo un accordo dettagliato che però è ancora sui generis; saranno poi le
commissioni tecniche che stanno lavorando in Venezuela a definirlo”, ha detto
Choquehuanca. Sulla stessa lunghezza d’onda, il ministro per la produzione e la
microimprenditoria, Celinda Sosa, ha sostenuto che si stanno studiando quali
prodotti potranno essere venduti ai Paesi caraibici e in che modo.
Il viceministro dell’Esportazione e del Commercio, Gustavo Barbery, ha anche
espresso il desiderio che nell’accordo possano essere inseriti anche i prodotti
di gioielleria e i famosi ‘chompas’, i maglioni di alpaca boliviani. Il
presidente Morales ha fatto sapere poi che spera in una mediazione del Brasile
per risolvere la crisi che sta attraversando la Comunità Andina delle Nazioni,
ridotta ormai ad un simulacro vuoto e inutile dalle recenti firme dei TLC di
Perù e Colombia con gli USA.
Morales ha ricordato poi che è stato uno dei primi a richiedere un incontro ‘a
cinque’ tra i Paesi andini del CAN per evitare il tracollo finale
dell’organizzazione, ma ha anche ricordato che Bolivia e Venezuela potranno
tornare sui propri passi soltanto se Colombia e Perù faranno marcia indietro con
gli Stati Uniti. Stati Uniti che stanno dando non poco filo da torcere alla
Bolivia. Secondo quanto riportato dal presidente Morales durante una
conversazione con i giornalisti stranieri, gli Stati Uniti stanno mantenendo una
politica di aperta provocazione e aggressione contro la Bolivia. Il presidente
ha negato che il suo Governo persegua il peggioramento delle relazioni con gli
USA, “Ma sentiamo che è in corso un’aperta provocazione e aggressione del
Governo degli Stati Uniti”; Morales ha detto di sperare in un cambiamento della
politica di Washington, che veda la cessazione delle provocazioni “al nostro
Governo e al nostro popolo” e ha dato per finito il tempo in cui alcuni
ambasciatori e imprese si imponevano in Bolivia. “Se prima questo Paese era una
terra di nessuno, adesso i padroni assoluti di questa nobile terra sono i popoli
indigeni e faremo rispettare la sovranità e il territorio del nostro Paese”, ha
aggiunto. Morales, dopo aver garantito che verrà difesa la dignità boliviana, ha
considerato inaccettabile che gli Stati Uniti pongano il veto in ogni momento a
funzionari o legislatori della sua amministrazione, com’è avvenuto la settimana
scorsa con il viceministro dei Servizi di Base René Orellana, al quale
l’Ambasciata degli USA ha negato il visto d’ingresso nel Paese. “A quanto sembra
occorre essere corrotto, massacratore e assassino per ottenere il visto di
ingresso negli USA”, ha commentato, segnalando che in questo caso si ottiene
perfino la protezione del Governo di Washington. Il capo dello Stato ha così
alluso alla permanenza negli Stati
Uniti dell’ex presidente
Gonzalo Sánchez de Lozada, la cui estradizione viene richiesta dalla Bolivia
perchè venga giudicato per genocidio e altri gravi reati.