Petrodollari per la pace



| Mercoledì 5 Aprile 2006 - 13:32 | Cristiano Tinazzi |
 

 

Il governo venezuelano ha preso possesso di due campi petroliferi dove operavano la francese Total e l’italiana Eni dopo che le aziende non sono arrivate a un accordo con Caracas per convertirsi in imprese miste con maggioranza statale. Lo ha confermato il ministro dell’Energia e del Petrolio, Rafael Ramirez: “Trenta su 32 imprese hanno firmato le nuove convenzioni”, ha spiegato aggiungendo: “Eni-Dacion e Total non hanno accettato la trasformazione e per questo sono fuori dalla possibilità di diventare imprese miste”. La compagnia petrolifera di stato del Venezuela, Pdvsa ha comunicato a Eni che a partire dal 1 aprile 2006 il contratto operativo di servizio relativo alle attività minerarie dell’area di Dacion è stato unilateralmente terminato. Pertanto devono essere poste in essere tutte le azioni per trasferire la conduzione delle operazioni al personale designato da Pdvsa. Eni si adeguerà alla richiesta di Pdvsa offrendo collaborazione perché il passaggio delle consegne avvenga in tempi concordati. Eni tuttavia ritiene che questa azione di Pdvsa sia una violazione dei propri diritti contrattuali e intende offrire a Pdvsa un periodo di tempo per trovare un accordo atto a conseguire il pieno risarcimento dei suoi diritti. In assenza di accordo, Eni valuterà ogni azione da intraprendere a difesa dei propri interessi in Venezuela. Secondo Ramirez, queste due imprese, i cui campi petroliferi sono stati valutati intorno ai 2.500 milioni di dollari, non hanno voluto adeguarsi alle nuove leggi. “Noi siamo stati flessibili con il vecchio contratto della Pdvsa Questo non è un attacco alle compagnie, è semplicemente quello che ora stabilisce la legge. Stiamo riassumendo il controllo di questi pozzi petroliferi. Crediamo che l’atteggiamento tenuto da queste imprese sia stato un errore”. Ramírez ha aggiunto che la Total ha presentato la sua proposta quindici minuti prima che si firmassero i memorandum d’intesa a Palazzo Miraflores. “Questo Paese non si fa ricattare”, ha detto il viceministro per gli idrocarburi, Bernard Mommer, ha aggiunto che la Total ha sempre giocato con il governo continuando a non rispettare i termini e le scadenze comunicate chiaramente e per tempo a tutte le imprese. Riguardo all’Eni, Ramírez ha specificato che tanto l’Italia che la Francia sono amiche del Venezuela e per questo continueranno a lavorare nel Paese partecipando ad altri progetti. Altri cinque campi petroliferi, oltre a quelli dell’Eni e di Total, sono passati direttamente nelle mani della Pdvsa. Riguardo al futuro dei lavoratori di questi campi, la Pdvsa ha specificato che il totale della forza lavoro degli operai sarà assorbito con un contratto collettivo, mentre i quadri dirigenziali saranno oggetto di una negoziazione a parte. In totale i sette campi petroliferi impiegano circa duemila impiegati. E nei prossimi giorni, secondo quanto anticipato dal ministro per gli idrocarburi Ramírez, altri 25 campi petroliferi di proprietà di 16 compagnie private saranno convertiti in 22 imprese miste. Compiuto questo passo, occorrerà poi trasformare i memorandum di intesa in veri e propri contratti affinché si specifichino sia la partecipazione azionaria ( e il conseguente passaggio delle azioni) sia le condizioni specifiche di associazione. Solo allora si potrà parlare di vere e proprie imprese a capitale misto. Naturalmente la questione petrolifera può essere usata anche dai denigratori del presidente venezuelano per attaccarlo, come ha recentemente fatto il ‘New York Times’. Il quotidiano americano ricorda quanto affermato dal capo dell’intelligence Usa, John Negroponte, in un’audizione al Congresso. Chávez “sta spendendo somme considerevoli per accreditarsi nella vita sociale ed economica di Paesi dell’America Latina e altrove - aveva detto Negroponte - nonostante la necessità di un vero sviluppo economico e sociale nel suo Paese”. Negroponte è un po’ come Berlusconi: nega la realtà fornendone una alternativa a proprio uso e consumo. Tutti sanno che in Venezuela decine e decine di progetti governativi hanno preso il via in questi anni e che molti altri stanno per partire. E’ inutile ricordarli tutti, già lo abbiamo fatto. L’accusa di Negroponte è di aver utilizzato i petrodollari per comprare armi, finanziare il terrorismo o il traffico di droga? Di aver comprato politici o finanziato colpi di stato? No, il governo di Chávez è accusato da Negroponte di aver rilevato 2,5 miliardi di dollari del debito argentino con l’estero, come recentemente annunciato dal ministro delle Finanze venezuelano Nelson Merentes; di ave venduto a 13 Paesi caraibici petrolio a prezzi scontati; di aver acquistato una quota cospicua delle stazioni di servizio di gas dell’Uruguay; di stanziare 3,8 milioni di dollari di aiuti a favore di quattro Paesi africani. Che criminale questo Chávez!