e punta sui capitali della Cina
apparso in “Il Sole- 24 Ore” Roberto Da Rin 5 aprile 2006
Proponiamo, quale utile contributo all’analisi delle strategie geopolitiche ed economiche del Venezuela di Chavez, un interessante articolo apparso nel quotidiano della Confindustria che prende spunto dalle trattative in corso tra Eni e la compagnia petrolifera di Stato venezuelana. |
Le strategie geopolitiche del Venezuela, le ragioni dell’Eni e la presenza della Cina in America Latina. Sono i tre fattori sottesi al “no” delle due major (Eni e Total) alla conversione degli accordi in corso con la compagnia di Stato Petroleos de Venezuela (Pdvsa). Ovvero all’indisponibilità a trasformare in joint venture a maggioranza pubblica i contratti di servizio di Eni e Total (si veda “Il Sole-24Ore” di ieri).
Chavez para todos. Chavez per tutti. Lo slogan, efficace, è stato ideato dagli strateghi del presidente venezuelano qualche tempo fa e aveva due valenze: una interna e una internazionale. La prima si traduce, nella strategia di comunicazione del governo di Caracas, nell’impegno al riscatto di quei venti milioni di miserabili, l’80% della popolazione, che vivono sotto la soglia della povertà. La seconda mira a trascinare nelle spire dell’antiamericanismo militante altri Paesi latino-americani. Ecco, in un’ideale “trasposizione strategica” sono questi i presupposti che hanno indotto Pdvsa a “rescindere il contratto operativo di servizio relativo alle attività minerarie a partire dal 1° aprile 2006”. Le ragioni, ancora una volta, dipendono dal prezzo del petrolio, schizzato a quota 68 dollari al barile. Chavez non ha più bisogno di contratti “buy back”, siglati con compagnie internazionali; quella tipologia di accordi (in base al quale una parte fornisce un impianto e ottiene come corrispettivo una certa quantità di beni prodotti con lo stesso impianto) era necessaria a quotazioni del greggio stabilmente inferiori ai 20-25 dollari. Oggi non più e per questo Chavez fa valere la sua forza contrattuale, di Paese petrolifero arricchito ogni giorno dall’export di 2,7-2,8 milioni di barili al giorno. E lancia un messaggio forte sulla sua volontà di autonomia politica, nazionale e regionale.
La ricetta di politica economica di Chavez è semplice e poggia sul binomio “socialismo e petrodollari”. Sul fronte interno ha lanciato le “misiones”, i programmi sociali finanziati con i proventi della vendita del greggio che concorre per il 55% alle entrate dello Stato. Su quello internazionale Chavez esercita con successo la diplomazia economica bolivariana: ha costituito Petrosur, compagnia petrolifera mista con partecipazioni di Argentina, Brasile e Venezuela. Poi ha creato una nuova rete televisiva regionale, Telesur, che con il contributo di Argentina, Uruguay, Cuba e Bolivia, mira a diventare una Cnn latinoamericana.
Il “no” dell’Eni. Alla rigidità di Chavez si somma quell’Eni che, assieme a Total, rifiuta le condizioni accettate da altre 17 compagnie. Nel comunicato diffuso lunedì dall’Eni la motivazione di Pdvsa viene interpretata come una “violazione dei propri diritti contrattuali” e per questo l’Eni “valuterà ogni azione da intraprendere a difesa dei propri interessi in Venezuela”. Ma ieri l’amministratore delegato dell’Eni, Paolo Scaroni, in un’intervista alla Bbc, ha usato toni concilianti nei confronti di Pdvsa auspicando “il raggiungimento di un accordo nei prossimi due-tre mesi”. Scaroni ha inoltre ricordato “le buone relazioni che la compagnia tiene da tempo con il Venezuela”.
Un’altra ragione del mancato accordo tra Eni e Pdvsa, secondo fonti de “Il Sole-24Ore”, starebbe in alcuni errori “diplomatici” commessi dall’Eni nei complessi negoziati con la potentissima società petrolifera venezuelana, un vero Stato nello Stato. Saper scegliere meglio i propri interlocutori avrebbe probabilmente consentito il raggiungimento di risultati più favorevoli. Va ricordato peraltro che, negli ultimi dieci anni, l’Eni in America Latina, diversamente da quanto è accaduto in Medio Oriente e in Africa, ha perso occasioni importanti, non riuscendo sempre a far valere la sua forza produttiva, negoziale e strategica. Basti ricordare i mancati accordi con la brasiliana Petrobras e l’argentina Ypf (ora acquisita dalla spagnola Repsol).
La Cina, nuovo partner. Le relazioni tra il Governo di Hugo Chavez e l’Amministrazione Bush sono quelle di paesi in continua tensione e quelle tra Caracas e l’Unione europea sono notoriamente incompiute. Di qui la “giocata” politica di Chavez, capace di ridisegnare gli equilibri geo-economici rilanciando con la Cina.
Solo pochi mesi fa l’incontro tra il presidente Hu Jintao e Chavez e l’annuncio del venezuelano: “Le imprese cinesi sono autorizzate a ricercare petrolio sia su terraferma sia off-shore”. L’elevata domanda di energia che la Cina ha sviluppato negli ultimi anni necessita volumi crescenti di importazione petrolifera e, in prospettiva, una minore dipendenza di Caracas dagli Stati Uniti.
ROBERTO DA RIN