Hugo Chavez,
il nemico di Bush
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martedì 17 ottobre 2006 |
Eufemia Giannetti
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Misurato il livello di
preparazione dei politici italiani dalle Iene, risultato evidentemente mediocre,
ci pensa Rinascita con alcune lezioni ad hoc a colmare le lacune di buona parte
dei rappresentanti dei cittadini. Inutile piangere sul latte versato, la
situazione è tale per cui sarebbe inutile accodarsi alla vulgata generale che
ormai ha etichettato i politici italiani (non tutti per carità anche se sono le
segreterie di partito a compilare le liste…) come degli emeriti ignoranti.
Certamente resta lo sgomento (o la vergogna o l’indignazione) per una realtà che
nel Terzo millennio - in Italia - fa rabbrividire, visti gli strumenti che i
politici hanno a disposizione per essere informati sul mondo che li circonda.
Nessuno si aspetta che i parlamentari italiani raggiungano alti livelli di
cultura, ma almeno essere informati, suvvia. L’elettore non chiede poi così
tanto e invece si ritrova ad aver mandato a legiferare in buona parte personaggi
che fanno uso di stupefacenti e altri ancora (sarebbe auspicabile che le due
categorie convergessero sui medesimi soggetti ma c’è la privacy per carità…) che
ignorano semplici nozioni di cultura generale.
Se con il Darfur si va di fretta, Mandela è sudamericano, Guantanamo sta in
Afghanistan e la Consob è un’entità astratta coperta dal segreto di Stato,
soffermiamoci sulla domanda: chi è il presidente del Venezuela? La lezione
odierna di Rinascita verterà proprio su questo argomento.
Basta farsi un giretto su internet per scoprire che l’attuale presidente del
Venezuela si chiama Hugo Chavéz, nasce e vive a Sabaneta, nello stato di Barinas,
“in una tipica casetta da indio fatta di paglia e fango secco”. Arruolatosi
nell’Esercito, nel 1975 si laurea in Ingegneria Militare, specializzazione in
comunicazioni all’Università militare del Venezuela. Solo successivamente, si
laurea a Caracas in storia moderna con una tesi su Simón Bolívar, figura che
sarà la fonte delle sue idee politiche, sulla quale ci vorrebbe un’altra lezione
ad hoc. Già da cadetto subì il fascino del Libertador Simón Bolívar, a cui per
altro era intitolato il suo corso. Promosso al grado di colonnello nel 1991,
l’anno seguente, il 4 febbraio 1992, fu protagonista di un colpo di Stato da
parte delle forze militari che tentò di rovesciare il presidente Carlos Andrés
Pérez. Il golpe fallì e Chávez fu arrestato e imprigionato. Riacquistò la
libertà nel 1994 grazie a un’amnistia, ma dovette abbandonare le Forze Armate.
La sua traiettoria politica cominciò a prendere corpo già durante gli anni nel
carcere di Yare in Valles del Tuy e proseguì fino all’elezione alla Presidenza
del Venezuela, nel 1998, dando vita alla “rivoluzione bolivariana”.
In generale il pensiero di Chávez accoglie elementi del nazionalismo e del
socialismo e ha come riferimento principale la figura di Simón Bolívar.
Quando Chávez parla di “Pueblo” non si riferisce al popolo in generale, poiché
il Venezuela risulta diviso in “ciudad” (città), “barrios” (quartieri),
“pueblos” e “ranchitos” (molto simili alle favelas brasiliane). Il Pueblo
costituisce una parte ben definita della popolazione, che insieme ai ranchitos,
in cui vivono ex immigrati clandestini di origine cilena, colombiana e
boliviana, costituiscono una considerevole fetta di popolazione. Chávez ha
promosso una serie di attività volte al recupero di alcune zone abitate,
migliorando la situazione di mumerose comunità indigenti. Se per gli oppositori
interni ed esterni e per gran parte dei media internazionali il governo di
Chávez s’incentra su di una lotta costante contro le fasce più alte della
popolazione, indistintamente da come abbiano costruito la loro ricchezza,
secondo altri osservatori e studiosi delle problematiche del Sudamerica, la
politica chaviana mira al risanamento delle condizioni socioeconomiche
disastrose della stragranda maggioranza dei venezuelani, provocate da decenni
governi sottomessi alle oligarchie ed alla politica estera neocoloniale degli
stati uniti e di molti altri paesi occidentali ricchi.
Ciò che irrita maggiormente i politically correct è però la politica estera del
presidente venezuelano. Chávez iniziò ad operare per il rafforzamento dell’OPEP
(l’Organización de Países Exportadores de Petróleo; l’acronimo inglese è OPEC),
anche grazie al miglioramento delle relazioni diplomatiche con tutti i paesi
membri (dove si recò personalmente), anche quelli invisi agli USA.
L’integrazione vera e solidale, finalizzata allo sviluppo socioeconomico, tra i
vari Stati del Sud America è stata da sempre la cifra della politica estera di
Chavez. Questa politica non piace agli USA e alle multinazionali del petrolio
che vedono indebolirsi la loro egemonia nell’area, inoltre l’amicizia tra
Venezuela e Cuba (che vede ad esempio lo scambio tra la fornitura di pertolio
venezuelano a prezzi vantaggiosi ed il supporto della competenza medica cubana
nell’ambito dei piani di miglioramento delle condizioni sanitarie del Venezuela,
ma anche della Bolivia e di altri paesi) viene vista con sospetto ed utilizzata
dall’opposizione per discreditare Chávez.
Irrita anche la contrapposizione fra l’ALCA (Area di Libero Commercio delle
Americhe) voluta dagli USA e la ALBA (Alternativa Bolivariana para América
Latina y el Caribe) voluta da Chávez. Alto traguardo ottenuto con la nuova
costituzione è stato quello di mettere il punto finale sulla questione del
petrolio venezuelano, che adesso è e resterà per sempre come patrimonio
inalienabile della nazione.
Detto questo bisognerà pur rammentare ai nostri politici che Chavéz sta per
affrontare le nuove elezioni presidenziali che si terranno in Venezuela, il 3
dicembre prossimo e che, con ogni probabilità - in quanto uno dei nemici più
temibili dello sceriffo texano Bush in questo periodo ne sentirete parlare molto
poiché vi sarà un’intensificazione degli attacchi della stampa cosiddetta
“indipendente” (ehmm.. non sconvolgiamo troppo le loro poche ma solide nozioni).
I buoni “democratici”, i mass media politicamente corretti lanceranno l’allarme
su una riforma costituzionale che Chavez intende fare adottare per referendum,
la quale comporterà che la rielezione del presidente della Repubblica
venezuelana non sarà più limitata a due mandati. Vi sarà detto che Chavéz è un
tiranno poiché non rispetta “le norme della democrazia”, vi diranno che Chavez
vuole imporsi al popolo venezuelano, contro la sua volontà. Ci si dimenticherà
di informarvi che dal 1998 Chavez e la sua parte hanno guadagnato 9 vittorie
elettorali consecutive, nel corso di scrutini irreprensibili. Per installarvi il
dubbio insinueranno che dall’instaurazione della democrazia, nel 1958, è il
primo presidente venezuelano che potrebbe beneficiare anche di una terza
rielezione, dimenticando di informarvi che tra il 1958 e il 1998, la
“democrazia” venezuelana ha servito soltanto i ricchi, i potenti, e le
multinazionali interessate ai grandi giacimenti di petrolio e di idrocarburi
venezuelani. Dimenticheranno che nel 1989 la democrazia da loro supportata non
ha esitato a lanciare l’esercito contro un’insurrezione popolare, lasciando
migliaia di morti nelle vie della capitale. Un massacro democratico. Non verrà
scritto che la costituzione bolivariana realizzata da Chavez è una delle sole al
mondo che prevede la possibilità di revocare la carica del presidente a metà
mandato, per referendum. Né che l’opposizione venezuelana, che accusa Chavez di
essere un dittatore, non si privata di utilizzare questa opzione nel 2004,
fallendo. Né leggerete che Chavez è uno dei pochi leader del mondo che non ha
paura di lanciare il guanto di sfida agli imperialisti e alle oligarchie.