Caracas resiste,
ONU in stallo
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mercoledì 18 ottobre 2006 |
S.Asinelli |
Ancora fumata nera
dall’Assemblea generale dell’ONU che da lunedì è riunita per eleggere il
rappresentante dell’area latino americana al Consiglio di sicurezza del Palazzo
di Vetro.
Venezuela e Guatemala si contendono il seggio non permanente, ma il vero braccio
di ferro si sta svolgendo tra Caracas e Washington, quest’ultima impegnata ad
esercitare pressioni affinché il Venezuela di Hugo Chavez non accumuli troppi
consensi. Una vittoria della Repubblica bolivariana, infatti, pur rappresentando
ben poco nei giochi di veto incrociati appannaggio dei soli cinque membri
permanenti del Consiglio, avrebbe un significato dirompente dal punto di vista
propagandistico. Un opportunità che il presidente Chavez non vuole lasciarsi
sfuggire.
Al dodicesimo scrutinio, in due giorni di voto segreto, il Guatemala ha
continuato ad attestarsi sulle 110 preferenze, il Venezuela sulle 76. Entrambi
sono quindi lontani dalle 128 preferenze che rappresentano il voto minimo per
assicurarsi il seggio, mentre si registra un incremento dei Paesi astensionisti.
Un atteggiamento che può essere letto in chiave anti Usa, dato che se da una
parte Stati come l’Italia si rifiutano “di sostenere la candidatura del
Venezuela di Chavez per le posizioni politiche assunte”, come dichiarato da D’Alema,
dall’altra è innegabile che un appoggio alle politiche statunitensi non può più
considerarsi scontato a livello globale.
Gli Stati Uniti, la cui immagine è già fortemente intaccata dalla sola presenza
di Chavez e dai consensi ottenuti in campo internazionale dalle sue politiche
anti imperialiste ed anti neo liberiste, hanno di fatto già perso la partita.
La delegazione diplomatica venezuelana presso le Nazioni Unite, intanto, ha
continuato a denunciare le pressioni statunitensi nei confronti dei
rappresentanti dei membri ONU ancora indecisi. Restano salde le posizioni degli
Stati membri del Mercosur a favore di Caracas, come dichiarato alla stampa
dall’ambasciatore argentino al Palazzo di Vetro, César Mayoral, mentre
all’orizzonte si profila la cosiddetta “opzione messicana”, ovvero la
possibilità che un altro candidato latino americano capace di ottenere largo
consenso possa prendere il posto dei due attuali contendenti. Una situazione che
si verificò già nel 1979, in piena guerra fredda, quando dopo tre mesi di
votazioni nulle tra Cuba e Colombia fu infine deciso di appoggiare una terza
candidatura, quella del Messico, appunto. A premere per la ricerca di un altro
candidato sarebbe in particolare il Cile, fino a pochi giorni fa schierato a
fianco di Caracas, ma che all’ultimo minuto ha optato per l’astensione onde
evitare spaccature in seno al proprio governo.