Nel 2005 sembrava che si affermasse la giustizia per René González, Gerardo
Hernández, Ramón Labañino, Fernando González ed Antonio Guerriero, i cinque
lottatori antiterroristi cubani, prigionieri politici negli Stati Uniti, dopo
che, nel maggio di quell'anno, si conobbero le conclusioni del
Gruppo di Lavoro per le Detenzioni
Arbitrarie delle Nazioni Unite che giudicò la prigionia illegale ed
arbitraria.
Due mesi dopo, il 9 agosto, l'opinione pubblica internazionale ricevette con
soddisfazione i risultati dell'appello interposto davanti alla Corte
dell'Undicesimo Circuito di Atlanta, Georgia.
La corte di tre giudici che
aveva ascoltato gli argomenti orali della difesa, il 10 marzo 2004, e dopo
essersi preso tutto il tempo per analizzare e valutare il cumulo di prove
presentate, decise a beneficio della realizzazione di un nuovo giudizio fuori da
Miami e revocò le cinque sentenze, in quanto giudicò che il processo non aveva
le garanzie legali e si era effettuato in un luogo la cui ostilità verso Cuba è
manifesta.
Apparentemente, il sistema giudiziale stava dicendo all'altro potere, quello
esecutivo, che era stato mal rappresentato davanti alla Corte e lì si fusero i
due — giudiziale ed esecutivo —perché dal governo federale, dalla massima
istanza della Procura, scaturì la richiesta, ricorrendo ad un ricorso che solo
in casi molto eccezionali é permesso dalla legge, che la decisione unanime dei
tre giudici fosse rianalizzata dal plenum dei 12 giudici dell'Undicesimo
Circuito.
DISCUTI PER DECIDERE
Giusto un anno dopo, il 9 agosto 2006,
il plenum revocò la decisione anteriore.
Come i tre giudici di Atlanta avevano solo offerto il loro giudizio su una
questione di forma, cioè sul fatto se Miami fosse il posto appropriato per un
giudizio imparziale contro i Cinque, ora dovranno pronunciarsi sul resto degli
aspetti, perché il caso è ritornato nelle loro mani per finire di discutere nove
temi che sono rimasti pendenti.
Si sono sollecitate, e sono state consegnate, relazioni addizionali ad entrambi
le parte, tanta alla Difesa come alla Procura. I magistrati dovranno decidere
sui delitti di cospirazione contro gli Stati Uniti, la cospirazione per
commettere assassinio e per ottenere e trasferire informazione di sicurezza
nazionale, inoltre se i cubani hanno diritto di difendersi o no ed alcuni
questioni di procedimento.
Mentre ci sono cinque uomini che sono imprigionati negli USA per combattere il
terrorismo, sono sottoposti a pressioni personali e familiari, sono impedite, in
alcuni casi, e si allungano i tempi per le visite in altri, ed ad otto anni
dall'arresto il sistema giudiziale di questo paese è incapace di rispondere se
il giudizio fu svolto in modo corretto o no.
Fino a che la corte dei tre magistrati ed il plenum della Corte non risolveranno
tutti i temi pendenti il caso non potrà essere presentato all'altro scalino del
sistema giudiziale: la Corte Suprema; ciò determina che il processo legale sia
incerto ed eccessivamente lento, con troppi interrogativi sopra i suoi esiti
finali.
SOLIDARIETÀ MOLTIPLICATA
Se nel dicembre 2002 esistevano meno di 100 comitati di solidarietà coi Cinque,
nel dicembre 2006 erano più di 290, disseminati in circa 90 paesi.
Tale incremento si è prodotto in mezzo alla forte campagna scatenata contro
l'isola dall'Unione Europea, la mancanza di informazione nei mezzi di
comunicazione di massa dell'impero ed i gravi problemi che ha affrontato
l'umanità a partire dall' 11 settembre 2001.
Due giornate mondiali di solidarietà, nel 2006, hanno reclamato la liberazione
di Gerardo, Ramón, René, Antonio e Fernando. La prima si é realizzata dal 12
settembre al 6 ottobre, in coincidenza con l'ottavo anniversario
dell'incarceramento ed i 30 anni del crimine terroristico, perpetrato da Luis
Posada Carriles ed Orlando Bosch, contro un aeroplano civile cubano al largo
delle coste delle Barbados. La seconda, dal 12 al 27 dicembre, a proposito del
quinto anniversario dell'emissione delle ingiuste sentenze.
Durante le giornate si realizzarono massicce marce a Washington e Madrid, si
inviarono lettere al Pubblico Ministero Generale degli Stati Uniti, all'Ufficio
delle Prigioni, alle carceri dove sono detenuti, per esigere che si rispettino i
diritti dei Cinque e dei loro parenti; si pubblicarono libri; si promosse un
concorso internazionale infantile inoltre si fecero assemblee e concerti.
Allo stesso tempo Premi Nobel, personalità dei più diversi angoli del pianeta,
leader religiosi di distinte denominazioni, gruppi parlamentari dell'Europa ed
America Latina ed i meccanismi dei Diritti umani delle Nazioni Unite, si
pronunciarono a favore di questa causa.
Dalla creatività di ogni comitato e secondo le condizioni di ogni paese si è
sviluppato la solidarietà. "Attorno ad essi, della loro fiamma di giustizia che
hanno influenzato, anche molti artisti si sono ispirati" ha detto Sergio
Corrieri, presidente dell'ICAP.
Benché ancora siamo lontano da ciò che aspiriamo, le manifestazioni di appoggio
del 2006 sono una dimostrazione che la conoscenza del caso è andata
incrementandosi ma deve ampliarsi e diversificarsi tra altri settori,
specialmente dentro gli Stati Uniti, il cui popolo ignora, nella sua gran
maggioranza, chi sono i Cinque ed il perché della loro lotta.
Alcuni si domandano se i cambiamenti nello scenario politico in quel paese, dopo
le elezioni legislative del passato 7 novembre, potrebbero variare il corso di
questo prolungato processo. "La speranza di liberarli starà nel nostro lavoro,
nella battaglia che non si deve fermare", aggiunge l'avvocato Roberto González,
fratello di René.
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