Nella cornice del
IX Incontro
Internazionale degli Economisti sulla Globalizzazione ed i
Problemi dello
Sviluppo a L’Avana, ho avuto l’opportunità di conoscere ed
intervistare il più brillante, appassionato e giovane studioso
delle relazioni tra Cuba e gli Stati Uniti, il ricercatore di
origine franco-algerina dell’Università Denis-Diderot di Parigi,
Salim Lamrani.
Il suo curriculum spaventa qualsiasi professore universitario, due
libri pubblicati, “Cuba face a l’Empire: Propagande, guerre
économique et terrorisme d’Etat” (Outremont, Lanctôt, 2005), “Il
terrorismo degli Stati Uniti contro Cuba” (Sperling & Kupfer
Editori, 2006), solo su Rebelion alla data odierna ha pubblicato
quasi 200 articoli, che vengono poi regolarmente tradotti in
inglese, portoghese, francese, tedesco ed italiano, parla
correttamente 5 lingue ed……il punto chiave è che ha solo 27 anni.
- Salim, puoi raccontarmi quando e
cosa ti ha spinto ad occuparti delle relazioni tra Cuba e gli
Stati Uniti?
- Certo, quando avevo circa 17-18 anni ho letto un libro di Howard
Zinn, autore nordamericano, professore dell’Università di Boston,
“Storia del popolo americano”, dove lo scrittore affronta il
problema delle relazioni fra Cuba e gli Stati Uniti a partire
dalla guerra ispano-americana del 1898, con la quale la Spagna fu
costretta ad abbandonare l'isola caraibica.
La tesi centrale della breve analisi storica condotta dal
politologo statunitense è quella secondo cui, a partire da quell'evento
bellico, gli USA inaugurarono una costante e progressiva politica
imperialista, consapevolmente volta a difendere gli interessi
espansionistici della loro industria e del loro commercio.
Inseguendo poi gli eventi che accompagnarono la vittoria della
Rivoluzione cubana nel 1959, mi sono reso conto che la situazione
si è resa sempre più drammatica e difficile nel corso degli anni,
fino a convincermi che qualsiasi persona che viene a conoscenza
della verità ha il dovere morale di diffonderla. E ancora di più
chi ha una posizione privilegiata come la mia, che sono un
professore, un “intellettuale”, anche se poi non mi piace
definirmi tale. Essendo un accademico, posso permettermi di
comunicare con gli studenti, con i giovani perché non si facciano
ingannare dalla falsa libertà di stampa che abbiamo in Europa, li
spingo ad informarsi ed a conoscere questa tremenda guerra che gli
Stati Uniti stanno portando avanti contro Cuba dai primi anni
sessanta.
- Tu ti occupi principalmente del
terrorismo degli Stati Uniti contro Cuba, come sei venuto a
conoscenza del caso dei Cinque cubani prigionieri dell’impero?
-Io passo chiaramente molte ore leggendo in internet, e nel 2002
ho saputo di questa grande ingiustizia, non solo per il processo
che hanno subito, un’emerita farsa, ma anche per la censura totale
della grande stampa, complice totalmente di quanto è accaduto.
- E in questo momento come vedi la
stampa francese, come si applica in Francia la cosiddetta “libertà
di stampa”?
-In Francia esiste una vera e propria censura del pensamento, io
non ho nessun accesso ai grandi mezzi di comunicazione, posso
dirti che credo che dopo Miami, Parigi, la Francia in generale,
sia il luogo meno indicato per parlare di Cuba.
Adottano lo stesso sistema degli Stati Uniti, ad esempio Posada
Carriles è un militante anti-castrista e non accettarono mai di
considerarlo terrorista.
Invece i Cinque cubani, dichiarati terroristi, sono stati
condannati a pene durissime senza nessuna prova e le sentenze
hanno parlato di cospirazione, cioè si condanna il pensiero degli
imputati.
Questo Cinque uomini stavano cercando di evitare nuove atrocità
contro Cuba, nuovi attentati dove sicuramente ci sarebbero state
nuove vittime innocenti e stavano investigando non dentro i
segreti dello stato, ma si erano infiltrati nei gruppi
controrivoluzionari di Miami. Se gli Usa parlano di cospirazione
trattandosi delle associazioni anticubane, devono ammettere
pubblicamente che questi gruppi fanno parte integrante del
dipartimento di stato nordamericano, perché l’accusa abbia un
senso giuridico.
Reporters sans frontières sono i responsabili principali delle
bugie su Cuba, che si pubblicano quotidianamente in Francia.
Il presidente a vita di questa organizzazione, Robert Ménard,
riceve salari milionari dalla CIA e dalle multinazionali
reazionarie, per scagliarsi contro Cuba, dimostrando così di avere
delle frontiere ben definite!!!
Pensa che questo parigino si arrabbiò molto per un mio articolo
pubblicato su Red Voltaire che lo smascherava e pretese dal sito
web che gli lasciasse pubblicare la sua replica, ma quando io, a
mia volta, gli risposi chiedendogli di pubblicare le mie parole
sui loro mezzi di stampa mi diede una decisa risposta negativa.
Perché il gran capitale economico e finanziario investe nel mondo
della stampa, che è un settore sommamente deficitario? È
economicamente assurdo ma è ideologicamente ed eccessivamente
efficiente. L'obiettivo di questi investitori non è generare
guadagni bensì controllare il pensiero, e ridurre la cornice
convenzionale del dibattito “democratico” permesso, cornice che
diventa sempre di più totalitaria e superficiale. È totalitaria
nella misura in cui non accetta i pensieri alternativi ed è
superficiale poiché non analizza mai le questioni in profondità.
In realtà, quello che normalmente si chiama “stampa internazionale
e democratica” è un mondo tirannico e reazionario che non è oramai
il quarto potere che deve denunciare gli eccessi del potere
legislativo, del potere esecutivo o del potere giudiziario. Ora,
il mondo della stampa, risponde al programma di gruppi
privilegiati e difende gli interessi delle élite economiche e
politiche. Per ciò, si può dire con ogni obiettività, che la
stampa dominante è una minaccia per la democrazia.
- E la televisione, in Francia, non è
un po’ più indipendente?
- Assolutamente no. Poco tempo fa il canale televisivo France 5 mi
aveva invitato ad un dibattito, e quando ho domandato con chi
dovevo dividere lo spazio televisivo di un’ora, mi rendo conto che
avrei dovuto compartire questi pochi minuti con ben tre noti
personaggi della destra, tutti con connessioni con la fondazione
cubana-americana di Miami.
Chiaramente non ho accettato, sarebbe stato solo un massacro, dove
io non avrei avuto nessuna possibilità di parola. Gli ho risposto
che andrò al loro programma quando lo spazio di un’ora sarà solo
per me ed un giornalista, quando cioè mi daranno il diritto di
replica alle domande che mi porranno.
- Salim, quali sono i tuoi prossimi
impegni?
- Nel mese di aprile ritornerò negli Stati Uniti per promuovere un
altro tour nelle Università nordamericane per far conoscere il
caso dei Cinque. Questa volta sarà in California, a Los Angeles,
Okland e altre località di cui sto aspettando la conferma.
Sicuramente mi accompagneranno Saul Landau, Michael Parenti, Peter
Philips del Progetto Censura, ed ancora incerti Howard Zinn e Gore
Vidal.
- E
per quanto riguarda l’Unione Europea in generale, cosa pensi della
sua politica con Cuba?
- La politica dell'Unione Europea contro Cuba è destinata al
fallimento. Come gli Usa, l'unico paese del mondo che l'UE
vitupera e condanna con sanzioni è Cuba, cosa che rende ancora più
incomprensibile la posizione di Bruxelles. Perché Bruxelles si
unisce in modo quasi devoto alla posizione statunitense? In
effetti, è difficile concepire che una potenza tanto importante
come l'Europa dei 27 si allinei in un modo tanto docile e
disciplinato con la politica estera di Washington, contro il
piccolo arcipelago dei Caraibi.
Ti ricordo che nel luglio del 2003, si applicarono sanzioni
diplomatiche e politiche contro Cuba, e già il 12 giugno 2006
l'Unione Europea confermò che pretende abbattere il governo
cubano, annunciando il suo appoggio al cambiamento in Cuba, con il
pretesto della “violazione dei diritti umani e di una marcia
indietro nelle riforme che portarono ad una timida apertura”.
Non sono solo io a criticare la pretesa di dare lezioni in temi di
diritti umani dell’UE, ma ti posso citare le denunce
dell'organizzazione Amnesty International, le quali mostrano come
vari dei paesi membri dell'UE hanno imputazioni di violazioni in
22 dei paragrafi che si misurano, mentre Cuba non appare in
nessuno.
Come può l’Europa schierarsi contro la volontà del 70% della
popolazione mondiale, che raggruppata nel Movimento dei Paesi Non
Allineati, ha scelto il presidente Fidel Castro come leader che la
rappresenti? Io spero che nei prossimi mesi l’UE possa ricredersi,
e quando si riunirà il Consiglio d’Europa possa migliorare la sua
posizione verso Cuba e l’America Latina.
- Dunque, qual è il tuo messaggio
alla Francia e all’Europa dalla piccola isola caraibica?
- Spero tanto che la Vecchia Signora smetta di essere tanto
servile ed ubbidiente alla politica degli Usa. In effetti, c'è un
linguaggio che i cubani non sono capaci di capire: si tratta del
linguaggio della pressione, il ricatto, la coercizione,
l'intimidazione, la forza e la minaccia. Dal 1959, Cuba non ha
ceduto mai a questo tipo di procedimenti e non cederà mai. L'UE e
gli Usa devono capire questa realtà. Gli ultimatum non servono a
niente, salvo che per rendere più radicale il processo
rivoluzionario cubano, e la storia di questi ultimi cinquanta anni
è illuminante su questo fatto. I cubani non hanno mai accettato
che si calpestino la loro sovranità e la loro indipendenza, che
costarono tanti sacrifici. Per questa ragione l'attuale politica
dell'UE è condannata al fallimento. La capitolazione di fronte ai
poderosi porta solo al disonore, perché è il rifiuto
dell'ingiustizia quello che fa la grandezza delle nazioni.
Per questo motivo Cuba è un paese di giganti.
*l’autrice
è responsabile della pagina in italiano di Prensa Latina