"Mi dispiace molto sentire questo", disse il senatore repubblicano Pete Domenici a
David Iglesias, pubblico ministero federale in Nuovo Messico, prprio prima
delle elezioni del novembre passato, sentendo che i casi di corruzione contro
dirigenti del Partito Democratico si sarebbero trattati dopo lo scrutinio.
Poco dopo questa chiamata, che durò meno di due minuti, Iglesias era
licenziato dal suo carico.
Nelle ultime settimane la giustizia nordamericana è stata bruscamente
smascherata dallo scandalo che ha raggiunto il procuratore generale Alberto
Gonzales, uno dei più fedeli collaboratori di Bush ed il padrino giuridico del
campo di tortura di Guantánamo.
Davanti al comitato per i Temi Giudiziali del Senato, che investigava il
sospetto licenziamento di otto pubblici ministeri da parte di Gonzales, le ex
PM Iglesias, interrogato dal senatore Charles Schumer, ha riassunto in questo
modo la sua breve ma fatale conversazione con Domenici:
Domenici: "Presenterà i casi [contro i democratici] prima di novembre?".
Iglesias: "Io non pensavo di farlo".
Domenici: "Mi dispiace molto sentire questo". [Il Senatore appese]
Iglesias ha ricordato che anteriormente aveva ricevuto un'altra chiamata della
rappresentante per il Nuovo Messico, Heather Wilson, che desiderava conoscere
dettagli dei procedimenti che il PM, per legge, non poteva rivelare.
Secondo le regole etiche che pretendono assicurare l'indipendenza della
Giustizia davanti agli intrighi politici, si considera improprio che un
legislatore contatti un PM per verificare un caso giudiziale. Ed ancora più
per orientarlo.
In maniera evidente, il caso degli otto PM licenziati non è che la punta
dell'iceberg che sorge da un sistema giudiziale che si dice esente da
corruzione. Quanti PM hanno tremato davanti ad una chiamata, di meno di due
minuti, di qualche autorità federale senza che un David Iglesias abbia il
valore di mettere il sonaglio al gatto?
Il caso di Luis Posada Carriles è l'illustrazione stessa di un sistema ben
raffinato di manipolazione, da parte del clan Bush, di casi giudiziali dove
esiste un interesse politico.
Arrivato negli Stati Uniti in maniera grossolanamente illegale, con complicità
fin nell'apparato poliziesco di Miami, il confesso terrorista internazionale
fugge, invariabilmente, dalla sua sorte, attraverso un'interminabile serie di
comparizioni dove le pressioni politiche — oltre alla tradizionale corruzione
mafiosa — devono avere svolto un ruolo centrale.
Si ricorda, tra altri episodi del caso, come nel 2005, in El Paso, Texas, il
giudice d'immigrazione
William Lee Abbott aprì le porte degli Stati Uniti al
terrorista-torturatore, ad alcuni giorni dal 29esimo anniversario
dell'esplosione dell'aeroplano della Cubana di Aviazione, distrutto in pieno
volo.
Alcune settimane prima, il 26 agosto, la PM Gina Jackson aveva chiesto che
Posada fosse inviato in Venezuela, se il Tribunale d'Immigrazione gli avesse
negato l'asilo politico, in quanto sua nazione di cittadinanza. Nel suo
intervento, la rappresentante del PM precisava che la nazione sud-americana
non costituiva un "pericolo" per questo delinquente internazionale.
Tuttavia, Abbott che, in principio, sembrava assolutamente disposto ad
ordinare questa misura, improvvisamente diede fede alla testimonianza
dell'avvocato venezuelano, Joaquín Chaffardet, noto torturatore della squadra
di Posada nella DISIP, che disse che il suo vecchio socio, se fosse stato
espulso verso questo paese, sarebbe stato... torturato.
Dopo un momento di evidente confusione, il giudice
Jackson si inclinava,
senza cercare di contraddire Chaffardet benché fosse solo per salvare le
apparenze.
Al giudice Wilson,
dell'Undicesimo Circuito della Corte di Appello di Atlanta, non valeva la pena
fargli questa telefonata affinché questo tribunale
revocasse la sentenza
dettata unanimemente, un anno prima, dai tre magistrati dello stesso nella
quale si annullava le condanne imposte ai
Cinque antiterroristi cubani e si ordinava la celebrazione di un nuovo
giudizio in un'altra sede. Ma quanti dei suoi colleghi avranno capito quale
era il loro "dovere" dopo due minuti di conversazione telefonica?
Al "fedele" Gonzales, presto o tardi, le rivelazioni del PM Iglesias gli
costeranno il posto...ma fino a quando seguiranno i dialoghi di due minuti che
impediscono la dovuto incriminazione del torturatore, assassino e terrorista
più conosciuto del continente e che mantengono crudelmente imprigionati cinque
cubani che hanno rischiato le loro vite per resistere ai piani della mafia
bushista che sempre hanno appoggiato Posada?