A 44 anni dall'assassinio del presidente John F.
Kennedy, la guerra dell'Iraq e la saga della famiglia Bush consigliano la
desclassificazione dei documenti trattenuti dalla CIA sul magnicidio del
22 novembre 1963.
Il giorno dopo lo scandaloso crimine, il presidente Fidel Castro fu
probabilmente il primo a denunciarlo come una congiura, quando comparve alla televisione cubana e lo qualificò come qualcosa di "altamente
dannoso agli interessi dell'umanità, agli interessi della pace.... siamo
stati vittime di un'ostilità costante da parte degli Stati Uniti...
Kennedy aveva un'importante responsabilità in quei fatti.... Noi possiamo dire
che ci sono elementi dentro gli Stati Uniti che difendono una politica
ultra reazionaria in tutti i campi, tanto nella politica internazionale
che in quello della politica nazionale.... E questi sono gli elementi
chiamati ad avvantaggiarsi degli eventi che sono successi ieri negli Stati
Uniti"...
Fidel analizzò spiegando come Kennedy fosse fortemente attaccato dai circoli
più reazionari con forti campagne, leggi e risoluzioni nel Congresso. I
media moltiplicavano gli attacchi spingendo il governo verso la guerra,
perfino prima, durante e dopo la Crisi di Ottobre. Criticavano le
posizioni assunte da Kennedy nell' ambito nazionale, specialmente contro
la discriminazione e la segregazione e nell'ambito internazionale,
maggiormente la sua politica con l'URSS ed il recente giro rispetto a Cuba
e Vietnam.
Non meno acuta fu la sua analisi sulla teoria del tiratore unico, il fatto
che Oswald non fosse solo, che in quei momenti iniziali nessuno discuteva, e le
sue allegate simpatie "castriste". Cinque giorni dopo, il 27, manifestò
che i fucili con mirino telescopico come quello che le autorità dicevano
fosse stato usato da Oswald: "Una volta che si spara al bersaglio lo si perde ed è necessario
tornare a trovarlo. Con questo tipo di arma è realmente molto difficile
fare tre spari consecutivi. Ma soprattutto é difficile fare centro così. È
quasi impossibile".
Anni dopo si dimostrò con prove acustiche e grafiche che ci fu più di un
tiratore.
Il leader cubano lesse il primo dispaccio informativo tendenzioso, delle due
del pomeriggio: "... Perché se voi osservate questo delle agenzie cablografiche,
c'è una che è stata più moderata, più obiettiva — l'AP — e c'è una che è
stata titanicamente e sfrenatamente bugiarda, svergognata, impudentemente
propiziatoria di una politica e di una campagna di diffamazione contro
Cuba che è l'UPI: Dallas, novembre 22, UPI — La polizia fermò oggi a Lee
H. Oswald, identificato come il Presidente del Comitato del Gioco Pulito
con Cuba principale sospetto nell'assassinio del presidente Kennedy".
Ancora oggi le campagne su quell'evento sono utilizzate da elementi
interessati ad allontanare i sospetti sui veri responsabili del crimine e
riuscire a schiacciare la Rivoluzione cubana.
La gravità di quella situazione è andata da allora, a poco a poco,
rivelandosi. Gli ultimi dettagli si sono conosciuti quest'anno attraverso
il libro dell'investigatore David Talbot, "Fratelli. La Storia nascosta
degli anni di Kennedy", con la sua sensazionale rivelazione che Robert
Kennedy fu probabilmente assassinato perché era convinto, dal primo momento,
che (per l'omicidio del fratello ndt) si trattava di un complotto di quelli coi quali stava lavorando,
spalla a spalla, contro Fidel Castro: elementi della CIA, la mafia italo americano e banditi
cubani. Benché adirato dai fatti, Bobby aveva mantenuto il silenzio perché
comprendeva il grande potere da affrontare, ma pochi giorni prima di
sapersi confermato come candidato democratico, commise l'errore di
ammettere che, se fosse stato eletto presidente, avrebbe riaperto il processo.
I membri dello Stato Maggiore Congiunto furono sul punto di fare un colpo di
Stato contro il presidente John F. Kennedy, in un crescente scronto che
cominciò nel 1961, con la fallita invasione di Playa Girón, nella Baia
di Maiali.
Il 18 aprile, alle 12 della notte, si produsse una riunione nella Casa
Bianca, non appena finita l'accoglienza annuale del Congresso, accedendo a
richieste del vicedirettore della CIA, Richard Bissell. I militari invitati,
generale Lemnitzer e l'ammiraglio Burke vestivano uniformi di gala ed i
civili da etichetta. Bissell disse che stavano sul punto di subire una completa
sconfitta. Consigliò allora un intervento militare diretto delle Forze
Armate. Burke aveva già assunto un atteggiamento di quasi
insubordinazione, perché aveva detto ai cubani arruolati ed ai loro capi
nordamericani che "forze dentro l'Amministrazione stavano tentando di
bloccare l'invasione. Che se queste forze riuscivano a bloccarla, i leader
della brigata dovevano ammutinarsi contro i loro assessori e procedere con
l'invasione".
Lemnitzer fu convocato ad una riunione nella Casa Bianca nel marzo 1962
perché, come riportarono intimi dei fratelli Kennedy, "il presidente aveva
fatto una scioccante scoperta: il suo Capo di Stato Maggiore Congiunto
aveva complottato per abbattere il governo ed installare, al suo posto, una
maledetta giunta militare come in Sud-America". Indignato, Kennedy fece
dimettere il generale.
Durante la Crisi di Ottobre del 1962 il presidente rimase quasi solo di
fronte allo Stato Maggiore Congiunto. Il più bellicoso era il generale lo
Curtis Le May che respingeva violentemente la strategia del blocco navale
del presidente. "Appesta come la vigliaccheria di Neville Chamberlain —
grugnì Le May. Sarebbe tanto cattivo quasi come la pacificazione di
Monaco". Il capo dell'Aviazione tentava di metterlo sulla difensiva
ricordandogli l'accusa che pesò sul padre dei Kennedy — osserva Talbot —
Le versioni storiche attribuiscono a Joe Kennedy una posizione vergognosa,
consigliato da Chamberlain che facesse concessioni ad Hitler per
riappacificarlo, ciò provocò che Roosevelt lo sostituisse.
Tra le altre sfide, il fronte dei diritti civili era molto esplosivo. La
mezzanotte del 30 settembre, giorni prima della Crisi di Ottobre, i
fratelli Kennedy aspettavano ansiosi la conclusione dell'ammutinamento
scoppiato nell'Università del Mississippi quando James Meredith si
iscrisse per forzare l'adempimento del decreto che imponeva l'introduzione
dell'integrazione razziale nelle scuole di tutto il paese. Studenti
bianchi, membri del Klan e simpatizzanti, avevano circondato l'edificio armati
con mattoni, picche, e fucili per arrivare fino a Meredith, gridando
"linciamo il negro". Decine di poliziotti tentavano di evitare il
crimine.
Cosciente che era una protezione troppo debole davanti a tale moltitudine
infiammata, il presidente diede ordine all'esercito che accorresse ad
impedirlo. Ma varie ore dopo l'ordine, i militari si arrabattavano per non
compierla sotto diversi pretesti, come la difficoltà di trasferirsi da
Memphis fino ad Oxford. In realtà li fermava l'estremista di destra
generale Walker, che incoraggiava gli ammutinati. Il presidente, indignato
come poche volte, dovette parlare per telefono col generale Abrams,
affinché arrivassero le truppe,
passate le due della mattina. Il bilancio fu
di due morti, 166 ufficiali poliziotti, dozzine di soldati,
studenti ed altri manifestanti feriti, 1300 arrestati, tra essi il discolo
generale.
Benché il presidente Kennedy si mantenesse in favorevoli termini di
popolarità, dopo la Crisi di Ottobre esisteva una gran polarizzazione
nelle forze ultra che arrivavano ad accusarlo di essere comunista.
Temevano che i Kennedy cercasse di sfidare sul serio il complesso
militar-industriale ed altre potenti forze come le industrie petrolifere,
cominciando col porre terminare alla guerra del Vietnam.
Quando si seppe del suo assassinio, Fidel stava conversando
col giornalista francese Jean Daniel, che aveva l'incarico di JFK di
conoscere la reazione del dirigente cubano alle segrete riunioni che si
effettuavano a Washington per discutere le possibilità di normalizzare le
relazioni.
L'analisi del leader cubano, basata fondamentalmente sui motivi ed i mezzi
usati per il magnicidio, é stata confermata col passo del tempo. Il 23 novembre
1963 Fidel osservò che uno degli errori di JFK rispetto a Cuba era aver
fatto precisamente il gioco ai suoi nemici, come assumere nel 1961 "i
piani di invasione che aveva organizzato l'Amministrazione repubblicana...
questi l'utilizzavano come un arma politica contro lui".
Fidel era convinto che il complesso militare-industriale alimentava, allora,
la guerra del Vietnam, come la presente occupazione dell'Iraq.
In
questi momenti la pressione antibellica negli Stati Uniti é stagnante
malgrado l'elettorato si sia manifestato chiaramente per ritirare le
truppe dal paese occupato. Ma l'immensa maggioranza dei politici
protestano per le perdite della guerra, non i suoi meschini motivi. Non
abbandonano la filosofia della spoliazione che
Fidel, nel 1960, denunciò
all'ONU.
Nel 2008 si compieranno 45 anni dal magnicidio. E' arrivata l'ora di
esigere che le autorità nordamericane declassifichino i documenti segreti
della CIA e riaprano il processo per questo crimine che realmente fu un
colpo di Stato contro l'Umanità. "Un piano macabro per portare avanti una
politica di guerra ed aggressione, per situare il governo degli Stati
Uniti alla mercé dei circoli più aggressivi dei monopoli,
dell'imperialismo e delle
peggiori agenzie degli Stati Uniti", come Fidel,
da quel giorno, lo ha definito. Un piano per mantenere attivi, come in
Afghanistan ed in Iraq, i cani della guerra.
L'Umanità deve schiacciare la filosofia della spoliazione che è la
filosofia della guerra.
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