Pubblichiamo
un messaggio inviato dai Cinque cubani ai partecipanti al concerto “Cinque
stelle ed un canto” tenutosi a New York sabato scorso nell’ambito della
campagna a favore dei Cinque prigionieri politici, che da dieci anni stanno
soffrendo sulla loro pelle una grande ingiustizia.
“Cari
fratelli:
Eravamo adolescenti quando alla nostra patria assediata arrivò il primo
abbraccio di Danny Rivera. In quell’epoca i nostri genitori scrivevano una
storia eroica e silenziosa di confronto al terrorismo, e quell'abbraccio pieno
di amore e melodia è stato come un ponte teso nei Caraibi, grazie al quale i
nostri ritmi hanno viaggiato in tutte le direzioni per riaffermare il calore
umano, la sensibilità, l'ospitalità e l'identità che ci fanno un solo popolo.
“Io voglio un paese che rida e che canti” ha detto nostro fratello, e con lui
ridiamo e cantiamo, e l'abbiamo continuato a fare benché continuiamo a
difenderci perché, disgraziatamente, solo lottando materializzeremo le nostre
grida; ma nessuno può ostacolarci, così finché non lo conquistiamo per sempre,
seguiremo ad esercitare questo diritto.
Oggi vi convochiamo a ridere ed a cantare, per denunciare un altro silenzioso
capitolo nella lunga storia del terrorismo contro Cuba. Nuovamente prende vita
il nostro ponte caraibico e le patrie di Duarte, Betances e Martí; Sara, Sonia e
Lucecita; si uniscono in una sola per difendere Cinque dei suoi umili figli.
In questo
momento di ringraziamento non possiamo smettere di farlo anche a nome dei
portoricani, afro-americani, aborigeni ed altri prigionieri politici
nordamericani, tutti vittime del sistema vendicativo ed ingiusto del quale
questo concerto è una denuncia.
Finché c'è un'ingiustizia che non è stata emendata non possiamo rinunciare né a
ridere, né a cantare, né a continuare a lottare.
Auguriamo un felice concerto ed inviamo un caraibico e rivoluzionario
abbraccio.
Gerardo, Ramon, Antonio, Fernando e René”.
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