Il traduttore si scusa per gli eventuali errori

7 maggio '08 -  R.Taladrid Herrero www.granma.cubaweb.cu

 

Salute, salute, salute...

 

 

 


 

Così soleva dire in pubblico il dittatore Fulgencio Batista y Zaldívar e sembra che questo è lo stato che gode oggi, nella città di Miami, il suo lascito storico.

 

Da un pò di tempo alcuni hanno notato come Miami si è andata trasformando sempre di più in un regime che rende culto al tiranno e, secondo altri, controllato da devoti batistiani.


A differenza di 30 anni fa, oggi, mi affermano fonti di quella città, è impossibile anche criticare Batista nei media di massa di Miami.

 

A poco a poco si é incominciato ad organizzare celebrazioni, per niente discrete, di date batistiane in magioni di Coral Gables; i congressisti Díaz-Balart hanno elogiato in pubblico l'opera della dittatura di Batista, alla quale suo nonno e suo padre servirono in alte cariche e oramai non si evitava di discutere su colui che fu il padrino di battesimo del congressista repubblicano per la Florida, Lincoln Díaz-Balart.


Curiosamente tutto questo si é andato incrementando dalla gestione ed approvazione, nel 1996, della Legge Helms-Burton, quella che nei corridoi del Congresso nordamericano chiamavano "The Bacardí Bill" o La Legge Bacardí. In questa si é incluso una specie di "trucco" semantico-legale che permette a tutti i batistiani, che scapparono da Cuba il 1° Gennaio 1959, di "reclamare" le loro proprietà in un'ipotetica Cuba occupata dalle truppe nordamericane.


Ma in primo luogo, che cosa si intende per "batistiano"?


Batistiano è qualcuno che segue e rende culto all'opera di Fulgencio Batista y Zaldívar che, solo per citare una valutazione non cubana, fu "uno dei dittatori più sanguinari e corrotti dell'America Latina", secondo un documentario sul "La Mafia e Cuba", prodotto e trasmesso dal canale nordamericano History Channel.


Noi cubani sappiamo il perché dell'affermazione anteriore. La verità è che sappiamo molto più di ciò.


Ma a Miami il regime che controlla quella città o non lo sa o sta tentando di cambiare la storia.


Vediamo solo alcuni di questi fatti:


Il quotidiano El Nuevo Herald descriveva in un articolo sul rinnovato interesse storico sulla figura di Batista, "i fatti successi il 14 gennaio 2001, una messa convocata nella chiesa San Juan Bosco di Miami per onorare l'ex governante (Batista) nel centenario della sua nascita".


E il detto quotidiano aggiungeva:


"Gruppi di esiliati hanno continuato a commemorare altre date legate a Batista, come l'anniversario del 4 settembre 1933, quando l'allora sergente guidò una rivolta militare che lo catapultò alla storia di Cuba e portò alla rinuncia del presidente provvisorio Carlos Manuel de Cespedes".


Ma proseguendo con questa riassuntiva relazione di fatti; nel luglio del 2002, l'allora governatore Jeb Bush nominò Raúl García Cantero Batista, nipote di Batista, per il posto di Giudice della Corte Suprema della Florida. Il signor Cantero aveva in precedenza descritto Orlando Bosch, in una radio di Miami, come "un gran patriota cubano".


El Nuevo Herald informava anche che "nel 2005, gli eredi di Batista donarono alla Cuban Heritage Collection dell'Università di Miami migliaia di documenti - lettere, foto, manoscritti, ritagli di pubblicazioni, libri, riviste - che fondamentalmente coprono  i suoi anni di esilio, dal 1958 fino al 1973".


Di alcuni di questi documenti, dove per certo si afferma da coloro che li hanno consultati che non appare praticamente niente sul colpo di Stato del 10 marzo 1952, possono leggersi due citazioni rivelatrici:


La prima è un pensiero di Batista su quella che era la controrivoluzione cubana e che ha oggi piena validità, quando scrisse ad Eusebio Mujal, ex segretario generale della batistiana Confederazione dei Lavoratori di Cuba, da Estoril, Portogallo, il 15 aprile 1967: "A volte i gruppi, che già sono numerosi, sono simbolici o strumenti di due o tre persone interessate a mettersi in evidenza, o di ansiosi e disperati che a loro volta utilizzati per sommare fattori alla dispersione". Non c'è dubbio, conosceva bene questa mafia che oggi lo tenta di rivendicare.


L'altra ci fa scoprire qualcosa di ben simbolico. Fu Batista in persona, con la sua gran fortuna rubata al popolo di Cuba, che pagò per innalzare a Miami il monumento alla Brigata mercenaria invasore di Playa Girón. Si legge in uno di questi documenti, una lettera del 1971, dove la giunta direttiva della Brigata 2506 gli scrisse, da Miami, per ringraziarlo per la sua "preziosa donazione economica", che permise di innalzare il Memoriale della Calle Otto.

 
A confessione di parte, rilievo di prove. Era la "sua Brigata", quella dei batistiani che aspiravano a recuperare i loro privilegi e poteri e per questo motivo gli pagò il suo Memoriale.


Il 7 ottobre 2006 si celebrò la funzione funebre della vedova di Batista, Martha Fernández de Batista, il quotidiano Palm Beach Post la descrisse così: "Tra i dolenti c'erano discendenti dei padroni delle piantagioni zuccheriere, politici e militari della Cuba pre-Castro".


Il resto di ciò che sta succedendo si vedeva arrivare.


El Nuevo Herald informa che "nel 2006, lo storiografo cubano americano Frank-Argote Freyre pubblicò (il libro), "Fulgencio Batista: From revolutionary to strongman" (Da rivoluzionario a uomo forte).


Ed atto successivo, questo storiografo del regime di Miami, lasciava all'Herald ben chiara la sua posizione: "Uno dei miti della Rivoluzione è che Batista fu un demonio"... "La sua mente era molto sottile, capiva il potere ed i meccanismi per maneggiarlo... Tempo fa l'avremmo dovuto vedere con occhi più storici e meno appassionati".


Ma "l'orientazione" di "riscrivere" la storia di Batista per "glorificarlo" continuava eseguendosi alla perfezione.


Nel maggio del 2006, Emilio Ichikawa realizzò e pubblicò a Miami un'estesa intervista al figlio maggiore di Batista, Fulgencio Rubén (Papo) Batista, che é morto lo scorso anno.


In questi frammenti, oltre una relazione padre-figlio, affiorano chiaramente i reali obiettivi degli stessi:


Fulgencio Rubén "Papo" Batista: "Di mio padre fecero quasi una personificazione del male. E l'assedio fu internazionale. Ma il problema non era oramai solamente essere batistiano, bensì essere "proclive" a Batista.... La fortuna è che ora nell'esilio ci sono storiografi senza pregiudizi, e voglia Dio che anche dentro Cuba, che possono analizzare i fatti.... Questa obiettività l'incomincio già a percepire nell'ambito dell'accademia americana. Si comincia a studiare l'epoca di Batista senza pregiudizi".


Domanda: Se Lei dovesse definire la posizione politica di Batista, in generale, come lo farebbe?


"Papo" Batista: Un giorno io domandai ciò a mio padre. Egli si considerava un uomo di centro; con molta sensibilità per i più bisognosi, per le classi meno favorite... ".


"Qualche tempo fa mi fu domandato che fatto consideravo come più importante nella storia di Batista, mio padre. Risposi che benché importanti fossero state le sue opere pubbliche, il suo lavoro educativo e sanitario, il suo impulso all'economia (soprattutto nella sua seconda tappa) e le leggi sociali che aveva implementato, quello che più ammiravo era come aveva avviato il processo istituzionale che culminò colla Costituente del 1940... ".


D'altra parte El Nuevo Herald aggiunge che: "In Spagna, il giovane giornalista Gregorio León ottenne il X Premio Novellistico della Città di Badajoz, nel 2007, per 'Pipistrelli in un bordello', ispirata al fallito assalto al Palazzo Presidenziale, nel 1957, e dove ricrea la personalità del generale golpista".


"Togliere a Batista l'etichetta di dittatore è tanto difficile come cancellare un tatuaggio. Non potevo descriverlo come il sanguinario che il regime cubano ha tracciato storicamente neppure portarmelo all'altro estremo", ha aggiunto il premiato romanziere per, curiosamente, quasi ripetere il messaggio che aveva già lanciato lo "storiografo" Frank-Argote Freyre.


E finalmente si conferma qualcosa che era stato già rivelato nel programma Radio Miami, della stazione radio WOCN di quella città e che alcuni lì  commentarono come un'invenzione diretta a danneggiare l'immagine della scrittrice di origine cubano Zoe Valdés.


Nel recente lavoro, prima citato, del Nuevo Herald sul "nuovo interesse storico" su Batista, può leggersi:


"A Parigi, la scrittrice Zoe Valdés prepara un romanzo sul 'penultimo dittatore cubano', del quale si limitò a dire che abbraccia da Quintín Banderas fino alla morte di Batista.


"Mi sembra (spiega Zoes Valdés) che é passato molto tempo, e che la figura di Batista comincia ad ingrandirsi, comparato con Castro non fu il dittatore che si disse, fece molto bene al suo paese da una parte, e visse un esilio degno, fino alla sua morte".


La dittatura di Batista in termini di assassini, repressione, corruzione ed altri mali fu l'orrore per Cuba e lasciò una profonda orma di dolore tra i cubani (Granma tratterà domani il tema "Che cosa fu la dittatura di Fulgencio Batista?").


I fatti, sono più di quelli qui descritti, parleranno da soli, e ci permetteranno di determinare che cosa sta succedendo: é ignoranza del regime di Miami o un tentativo di riscrivere in maniera tergiversata la storia?


Qui stanno, ripeto, solo alcuni dei fatti, affinché come sempre vi chiedo, traiate le vostre proprie conclusioni.
 

8 maggio 2008 - www.granma.cubaweb.cu

 

 

Che cosa fu la dittatura

 

di Fulgencio Batista?

 


La mafia terroristica e batistiana di Miami vuole cambiare la storia. Trasformare gli assassini in buona gente. Voltare pagina, come se la tragedia, il dolore, il lutto, l'Isola insanguinata da quei barbari, potesse cancellarsi di un tratto. Che cosa fu Batista per Cuba? La centenaria rivista Boema circolò in quei primi giorni di gennaio del 1959 con tre edizioni di La Libertà. Della seconda edizione, riproduciamo questo Editoriale che spiega tutto.
 


ORA che la dittatura è stata abbattuta e sono in fuga, in prigione o morti i suoi massimi responsabili, sfilano come immagini di incubo i fatti vandalici perpetrati da quella combriccola di facinorosi che in un'alba funesta si erano impadroniti con la forza del potere. Costerna vedere fino a che punto questa gente vulnerava i più elementari principi della convivenza umana.

Nulla di sacro ci fu per quella satrapia grottesca ed insieme a tragica. La vita smise di avere valore tanto nel fisico come nel morale; la libertà fu sistematicamente violata; la dignità della persona schernita. Il despota e la sua combriccola agivano come se la Repubblica fosse un feudo e loro i signori di forca e coltello che avevano sotto il loro stivale il popolo.

Per due interminabili anni la censura impedì che si proclamasse urbi et orbi quegli orrori. Bisognava leggere i fogli clandestini della Rivoluzione o ascoltare le trasmissioni di Radio Ribelle, che arrivarono ad essere il vangelo quotidiano della cittadinanza, per stare al corrente dei barbari metodi di repressione posti in pratica dal batistato con oggetto di reggersi ad ogni costo al potere. Ora le prove e le testimonianza, accumulate durante questi tempi, sono alla vista di tutti. Perché è inutile tentare di occultare il crimine. Le ferite dei martiri sono come voci che denunciano quella bestialità e chiedono giustizia. Lì stanno i morti sepolti senza identificazione ed i cui resti appaiono ora confusi con la terra in fosse estemporanee; lì stanno quelli torturati che mostrano sui loro corpi le tracce del supplizio a cui furono sottoposti; lì stanno quelli vessati e bastonati dalla polizia politica del tiranno; lì stanno quelli che dovettero espatriare per non morire negli artigli degli sbirri; lì sono gli spogliati, gli umili, i vilipesi, i perseguiti in essi e nelle loro famiglie perché osavano desiderare per la loro Patria una vita libera, giusta e decorosa. Mentre il dittatore ed il suo clan saccheggiavano il tesoro e si spartivano l'Isola come un podere proprio, i macellatori al suo servizio si dedicavano, con raffinatezza, con sevizia, a torturare ed ad ammazzare. Era la più perfetta combinazione di furto ed assassinio che ha conosciuto la Repubblica.

È incredibile che la bestia umana possa arrivare a questi estremi di crudeltà. Né il lupo né lo sciacallo mostrano tanta crudeltà come l'uomo quando a questo l'accecano l'ambizione e l'avidità. Tale fu il caso di Batista. Aveva preso il potere il 10 marzo 1952 con un assalto, con l'unico ed esclusivo proposito di mettere a sacco l'azienda pubblica, di ammassare milioni attraverso i più torbidi commerci, benché ciò implicasse ammazzare migliaia di cubani, rovinare la nazione e seminare il caos. Poche volte nella storia si è dato un caso tanto notorio di insolenza e malvagità.

La letteratura della Seconda Guerra Mondiale è piena di pagine raccapriccianti. Si narrano in esse le atrocità commesse dai corpi di repressione di Hitler. I campi di concentramento, con le loro camere di tortura, coi loro esperimenti su umani, sono rimasti per sempre registrati nella coscienza dell'umanità come una dimostrazione di ciò che è capace di fare un folle per soddisfare le sue ansie deliranti di dominazione mondiale.

Perché bene, i cubani non abbiamo perché stupirci, di Dachau e di Lídice. Anche qui si soffrirono quegli orrori. Anche qui ci furono assassini in massa, delazioni, torture, persecuzioni sistematiche, vessazione alla dignità umana. Forme di governo analoghe generano metodi simili. Batista aveva impiantato a Cuba un regime totalitario ad immagine e somiglianza dell' hitleriano. Yuguló la volontà popolare, fece in frantumi la Costituzione, trasformò il Potere Legislativo ed il Potere Giudiziale in strumenti docili del suo governo, derise il popolo in due simulacri di elezioni e rise grottescamente di tutti gli sforzi che cubani di buona volontà fecero ripetutamente per trovare una conclusione senza sangue al dramma nazionale. Non può soggiogarsi un popolo che ama la libertà neppure seminandolo di cadaveri. Batista non vacillò nel farlo. La vita dei suoi compatrioti non valeva niente in paragone con la sua incarognita volontà di potere. Si propose spremere la Repubblica, tirar fuori tutto il suo rendimento in profitto proprio e non titubò davanti a nulla pur di realizzare i suoi propositi. Mai si era impadronito del governo del paese un gruppo di meno scrupoli né di maggiore crudeltà.

Per sette anni Cuba ha sofferto questa frusta. Le immagini di questo settennio sfilano come un incubo davanti ai nostri occhi. Tutta ciò è verità, benché sembri impossibile. Tutto questo é avvenuto in una terra che ha giusta fama di sorridente, di civilizzata, di gentile. Noi cubani arrivammo a perdere perfino il nostro tradizionale buon umore, non era oramai necessario che i comitati di Resistenza Civica consigliassero al popolo che si astenesse da ogni divertimento mentre la gioventù si immolava nella manigua.

Spontaneamente il popolo si ritrasse perché sperimentava molto nel profondo il lutto di tante case, perché l'angoscia della Patria era la sua propria angoscia. Le prolungate tirannie modificano la faccia delle nazioni; quello che non possono modificare, quello che rimane intatto nonostante tutte le repressioni deformanti, è l'eroismo che vibra nell'anima del popolo. Con esso non fece i conti Batista. Fu quest'eroismo, impersonificato nella Sierra Maestra e nelle montagne dell'Escambray, ciò che salvò Cuba.

Questo ci conforta in mezzo al desolato panorama che il dispotismo ha lasciato come solo eredità alle nuove generazioni. L'eroismo e lo spirito di sacrificio dimostrati nella lotta devono prolungarsi e perseverare nella pace. Come molto bene ha detto Fidel Castro, è ora che incomincia la tappa più difficile della Rivoluzione, la tappa costruttiva. Perché la Rivoluzione non è baccano né molto meno anarchia. La rivoluzione è un ordine nuovo, più giusto, più umano, più degno, che tutti siamo nell'obbligo di propiziare e mantenere. Se vogliamo emulare gli eroi della guerra e farci degni dei martiri che diedero la loro vita per la libertà, stiamo nel dovere imperioso di collaborare all'opera della ricostruzione nazionale senza aspettare ricompensa alcuna, come un sacro impegno verso la Patria.

Il passato è rimasto dietro con tutto il suo orrore. Di fronte a lui non si parla di vendetta ma sì di giustizia. Bisogna dare un monito affinché questo passato non ritorni, affinché queste tipi di crimine e ladrocinio non appannino nuovamente nella nostra storia. Questo è un compito che la Rivoluzione sta portando a termine e si dovrà, quanto prima, dare termine con spirito giustiziere, sereno ed elevatamente. E quando questo capitolo si chiuderà intraprendere tutta l'ingente opera di innalzare, un'altra volta, la Patria sulle rovine del dispotismo e di creare nel paese un ambiente tale di democrazia, di libertà e di giustizia che non possa germinare mai, nel suolo generoso della Repubblica, il cattivo seme seminato a spaglio da Batista e dai suoi congeneri.

Alcuni dati della Cuba che lasciò il tiranno Fulgencio Batista

Nel 1958, l'8% dei proprietari possedevano più del 70% delle terre, compresi i latifondisti yankee.

Trionfando, la Rivoluzione trovò un debito estero ascendente a 788 milioni di dollari. Una bilancia commerciale sfavorevole con gli Stati Uniti che raggiungeva 603,4 milioni di dollari.

Questa crisi permanente dell'economia cubana si rifletteva nei 549000 disoccupati su una forza di lavoro calcolata 2204000. Le cifre di disoccupati sono maggiori se si registrano i disoccupati transitoriamente, così come quelli che svolgevano lavori occasionali a cottimo, come è il caso di circa 700000 lavoratori precari dello zucchero che passavano fame e miseria durante il terribile "tempo morto", lavorando scarsamente tre mesi durante la raccolta zuccheriera.

Nel 1958, la popolazione cubana ammontava a 6547000 abitanti. La spesa pubblica per previdenza sociale di quell'anno fu di 114,7 milioni (oggi, con le ultime decisioni, è di più di 4500 milioni).

Nel 1958 prestavano servizio nella Salute Pubblici 8209 lavoratori (ora superano i 500000) e la spesa pubblica, per la Salute Pubblica, era di 22,7 milioni di pesos (oggi, questa è la spesa di una medio municipio). Un solo indicatore: il tasso di mortalità infantile era superiore a 60 bambini morti per ogni 1000 nati vivi (ora con quasi il doppio della popolazione è di 5,3). L'aspettativa di vita non superava i 55 anni (ora, è di 77 negli uomini e 78 anni nelle donne).

Nel 1958, c'erano due milioni di analfabeti e semianalfabeti, un terzo della popolazione di allora. La popolazione maggiore di 15 anni aveva un livello educativo medio inferiore al 3 grado. Solo il 15% dei giovani tra 15 e 19 anni ricevevano qualche tipo di educazione. Più di 600000 bambini erano senza scuole. La spesa pubblica per l'Educazione era di 77 milioni di pesos (questo è ciò che spende oggi un municipio medio).