Verso una normalizzazione delle

 

 

relazioni tra Cuba e gli Stati Uniti?

 

 

 

 

26 novembre '08 - S.Lamrani* www.prensa-latina.cu

 

 

L'elezione del democratico Barack Obama alla presidenza degli Stati Uniti è un avvenimento senza precedenti nella storia di questo paese. Per la prima volta, un candidato di colore raggiunge il posto supremo in una nazione dove il razzismo era istituzionalizzato solo mezzo secolo fa e dove ancora le discriminazioni contro le minoranze sono troppo numerose. Un’elezione non ha mai suscitato tanto interesse ed entusiasmo, non solo negli Stati Uniti, ma anche nel mondo intero. Spossati dagli otto anni catastrofici dell'amministrazione Bush che ha portato l'economia mondiale sull'orlo dell'abisso e ha affondato il pianeta in un'insicurezza notevole, i paesi del mondo avevano scelto all'unanimità il giovane senatore dell'Illinois in detrimento del suo avversario repubblicano John McCain, considerato come l'erede di George W. Bush. 1 L'Avana non è stata esente dal fascino del magnifico Obama ed i cubani hanno seguito il processo elettorale con attenzione. Anche qui, hanno scelto il candidato democratico. 2

“Senza dubbio è più intelligente, culto ed equanime che il suo avversario repubblicano”, ha dichiarato Fidel Castro parlando di lui. Si tratta del “migliore oratore politico degli Stati Uniti delle ultime decadi”, ha aggiunto, congratulandosi con le sue “idee ben articolate”.

Invece, il candidato repubblicano John McCain è “vecchio, bellicoso, ignorante, poco intelligente e senza salute”, ha segnalato il leader della Rivoluzione cubana.
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In effetti, Obama è il primo presidente che ha dichiarato la sua volontà di riunirsi col presidente cubano Raul Castro, senza prima imporre delle condizioni.
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Inoltre ha manifestato il suo desiderio di “normalizzare le relazioni ed ammorbidire il  bloqueo, che ha presieduto le relazioni tra i nostri paesi durante i cinque ultimi decenni”.
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Ci si aspetta che il nuovo Presidente statunitense elimini le sanzioni crudeli che l'amministrazione Bush ha imposto nel 2004. Queste limitano i soggiorni degli emigrati cubani nel loro paese di origine a 14 giorni ogni tre anni, separando così  numerose famiglie, e limitano l'importo dell'aiuto economico che è possibile inviare solo a 100 dollari al mese.
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“Si tratta contemporaneamente di una questione strategica ed umanitaria. Questa decisione [...] ha avuto un impatto profondamente negativo sul benessere del popolo cubano”, ha dichiarato Obama. A partire dal 20 gennaio 2009, “concederò ai cubano-statunitensi dei diritti illimitati per visitare le loro famiglie e mandare denaro all'isola”, ha affermato.
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A breve termine, è anche possibile che il Congresso, dominato dai democratici, metta fine alla proibizione di viaggiare a Cuba ai cittadini statunitensi. In effetti, attualmente, possono viaggiare per il mondo intero, perfino in Cina, in Vietnam e in Corea del Nord, ma non a Cuba. Il Congresso eliminerà probabilmente le restrizioni imposte agli scambi accademici, culturali e sportivi.  

Imposte nel luglio del 1960, le sanzioni economiche statunitensi sono il principale ostacolo per lo sviluppo economico di Cuba. Sono costate la bellezza di 93000 milioni di dollari all'economia cubana dalla loro entrata in vigore, e 3.700 milioni solo nell'anno 2007. Colpiscono anche tutta la popolazione, particolarmente i settori più vulnerabili. Così, il 70% dei cubani sono nati sotto il regime delle sanzioni.
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La comunità internazionale respinge all'unanimità la politica delle sanzioni. Il 29 ottobre 2008, per il diciassettesimo anno consecutivo, 185 dei 192 membri che compongono l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite si sono pronunciati per il sollevamento di questa punizione che colpisce i cubani. Non si aveva mai raggiunto questa schiacciante maggioranza. Solo gli Stati Uniti, Israele e Palau hanno votato contro la risoluzione. L'opinione pubblica statunitense si oppone, come il mondo del commercio (in particolare le multinazionali petrolifere) che vede un mercato naturale cadere nelle mani dagli investitori cinesi, europei e latinoamericani.
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Wayne S. Smith, ex ambasciatore statunitense in Cuba, ha criticato la politica statunitense contro Cuba e si è pronunciato a beneficio dell'eliminazione delle sanzioni unilaterali. Questo accanimento “è stupido, controproducente e rifiutato a livello internazionale”.
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“Che cessi il bloqueo contro Cuba è quello che chiede il nostro popolo, ed ora più che mai, quando è l’appello unanime della comunità internazionale”, ha proclamato Fidel Castro in una riflessione del 7 novembre  2008. 11  

Obama, la cui intelligenza e sagacità sono evidenti, dimostrerebbe la sua perspicacia studiando l'idiosincrasia cubana e potrebbe capire che il linguaggio della forza e della minaccia è inutile. Fidel Castro lo ha ricordato di nuovo: “Esiste chi ancora sogna di mettere in ginocchio Cuba brandendo il criminale bloqueo come strumento della politica estera degli Stati Uniti contro la nostra patria.  Se questo paese tornerà a cadere in questo errore, potrebbe continuare ancora per un altro mezzo secolo ad applicare questa politica inutile, relazionata con Cuba”.
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Il governo de L'Avana ha esteso varie volte una mano fraterna a Washington, ricevendo ogni volta un rifiuto ostinato. Anche Raul Castro ha esteso due volte un ramo di olivo all'amministrazione Bush, senza successo. Ha dichiarato che era disposto a dialogare apertamente con Barack Obama. “Speriamo che il prossimo presidente cambi la politica contro Cuba [e] aspettiamo una normalizzazione completa delle relazioni”, ha sottolineato Felipe Perez Roque, il cancelliere cubano.
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Obama vincerebbe riconoscendo finalmente che Cuba è una nazione sovrana ed indipendente, e basando le sue future relazioni con L'Avana sulla reciprocità e non sull'ingerenza nei temi interni. Allora, i cubani lo riceverebbero con le braccia aperte e raccoglierebbe da loro solo espressioni di gratitudine.  

Barack Obama dispone di un'opportunità storica per cambiare, una volta per tutte, la politica cubana degli Stati Uniti e normalizzare le relazioni tra i due paesi. L'accanimento insensato contro il popolo cubano da parte di Washington è crudele, inumano ed ingiustificabile. Il giovane presidente Obama ha l'obbligo morale di situarsi all'altezza delle speranze che la sua elezione ha suscitato. L'umanità intera gli sarebbe riconoscente.

 

Note

1 John Leicester, «Obama Victory Sparks Cheers Around the Globe», The Associated Press, 5 de noviembre de 2008.

2 Calvin Woodward, «Where Obama Stands on the Issues», The Associated Press, 5 de noviembre de 2008.
 
3 Jeff Franks, «Obama Win Raises Cuban Hopes for Change», Reuters, 5 de noviembre de 2008.
 
4 Fidel Castro Ruz, «Las elecciones del 4 de noviembre», Cuba Debate, 3 de noviembre de 2008.
 
5 Barack Obama, «Our Main Goal: Freedom in Cuba», The Miami Herald, 21 de agosto de 2007.
 
6 Colin L. Powell, Commission for Assistance to a Free Cuba, (Washington: United States Department of State, mayo de 2004). www.state.gov/documents/organization/32334.pdf (sitio consultado el 7 de mayo de 2004).
 
7 Barack Obama, «Our Main Goal: Freedom in Cuba», op. cit.
 
8 Edith M. Lederer, «UN Again Urges US to Lift Embargo Against Cuba», The Associated Press, 29 de octubre de 2008.

9 Ibid.

10 Anita Snow, «Analisis: Obama Changes Could Test Castros’ Grip», 8 de noviembre de 2008.
 
11 Fidel Castro Ruz, «El tercer huracán», Cuba Debate, 7 de noviembre de 2008.
 
12 Ibid.
 
13 Edith M. Lederer, «Cuba Expects New US President to Lift Embargo», The Associated Press, 30 de octubre de 2008.
 

 



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Salim Lamrani è professore, scrittore e giornalista francese, specialista delle relazioni tra Cuba e gli Stati Uniti. Ha pubblicato i libri: Washington contre Cuba (Pantin: Le Temps des Cerises, 2005), Cuba face à l’Empire (Genève: Timeli, 2006) e Fidel Castro, Cuba et les Etats-Unis (Pantin: Le Temps des Cerises, 2006). Ha appena pubblicato Double Morale. Cuba, l’Union européenne et les droits de l’homme (Paris: Editions Estrella, 2008).
 


Contatto : lamranisalim@yahoo.fr



tradotto da Ida Garberi