Urge l’unità  

 

28 luglio '09 - Froilán González e Adys Cupull www.granma.cu

 

I processi democratici dei popoli d’America Latina sono minacciati da una nuova ondata di Colpi di Stato, cominciati in Honduras.

 

Bisogna interpretare in fatto come un’aggressione verso tutti.

 

È responsabilità di ogni uomo o donna fare la propria parte affinché si evitino o non si ripetano quei massacri che costarono la vita a Salvador Allende e a migliaia di suoi compatrioti.

 

I Colpi di Stato avvenuti in Argentina, Uruguay ed in altri Paesi dell’America Latina lasciarono dietro di sé lutto, dolore e la scomparsa di migliaia di giovani. Nulla deve essere dimenticato, e non si deve neppure aspettare che si ripeta un nuovo genocidio.

 

La gente sa che i tempi sono cambiati, e che oggi non è necessario aspettare 30 anni per aprire gli archivi di Stato degli Stati Uniti e capire che il Governo di questo Paese ha ideato, diretto e sostenuto i golpisti honduregni.

 

Di fronte a questa brutale aggressione, urge l’unità dei popoli. Per questo ci rifacciamo ancora una volta alle parole di José Martí, profondo conoscitore degli Stati Uniti e del loro sistema, nelle cui viscere visse.

 

In uno dei suoi scritti, pubblicato nel tomo 7 della raccolta Opere Complete, alla pagina 118, edizione del 1963, si legge:

 

“Là, nelle ore libere, cercano, i curiosi, giornali del Sud e del Centro America, per sapere chi comandava e chi smise di comandare, ed in ciascuna Repubblica non si sa ciò che esiste di fertile, di utile e di grandioso  nell’altra; ed oggi, così come nel 1810, si può dire con padre Jarros, pittoresco e candido cronista del regno guatemalteco, ciò che allora lui diceva:

 

“Vediamo con la piú grande ammirazione che, dopo 3 secoli dalla scoperta di questo continente, si trovano in esso regni e province tanto poco conosciute, come se fossero state appena scoperte”. Così ci lasciò la signora di Spagna, strani, rivali, divisi, quando le perle del fiume Guayato sono uguali alle perle del Sud di Cuba; quando le nevi del Tequendama e del Orizaba sono una neve sola; quando è lo stesso l’oro che scorre nelle acque del fiume Bravo, ed in quelle dell’avventuroso Polochic”.

 

“Dagli Indio e dai bianchi si è formato un popolo pigro, vivace e battagliero; artistico per la parte india, per la parte spagnola ostinato ed insolente, e in trasparente come l’inglese, grave come il greco, apatico come il napoletano, così è il figlio dell’America, ardente e generoso, come il sole che lo riscalda, come la natura che lo alleva. Di modo che, da quelli prendemmo brio, tenacia, storica arroganza; da quelli di colorito scuro abbiamo preso l’amore per l’arte, una costanza singolare, un’affabile dolcezza, un originale concetto delle cose, e quanto alla nuova terra che porta ad una nuova razza, ancora in stato di larva! Sarà una superba farfalla”. 

 

“Però che faremo, indifferenti, ostili, disuniti? Che faremo per dare tutti i possibili colori alle ali addormentate dell’insetto? Per la prima volta mi sembra buona l’idea di una catena per legare, all’interno di uno stesso cerchio, tutti i popoli della mia America”.

 

“Pizarro conquistò il Perù quando Atahualpa lottava contro Huáscar; Cortés vinse Cuauhtémoc perché Xicotencati lo aiutò nell’impresa, entrò Alvarado in Guatemala perché i Quichés circondavano i Zutujiles. Posto che la disunione fu la nostra morte, che volgare intendimento, o meschino cuore, necessita che gli si dica che dall’unione dipende la nostra vita? Idea che tutti ripetono, ma per la quale non si cercano soluzioni pratiche. Dopo, la coscienza pagherà. Ciascuno faccia la sua parte”.