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IL TRADUTTORE SI SCUSA PER GLI ERRORI |
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Vincere la Menzogna
ed il Silenzio |
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3 maggio 2010 - R.Alarcon de Quesada www.cubadebate.cu Cerimonia di premiazione con la Distinzione “Felix Elmuza” ai giornalisti José Manzaneda, di Spagna e Pablo Fernández e Santiago Vega, Argentina. Avana, 30 Aprile 2010
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I giornalisti cubani rendono omaggio a coloro che lo meritano. José Manzane e Cubainformación fanno qualcosa che è essenziale e a volte molto difficile. Diffondere la verità su Cuba equivale a sfidare la poderosa offensiva di propaganda che Washington esercita contro la nostra Rivoluzione a cui ha dedicato innumerevoli risorse, da più di mezzo secolo. Questa guerra, che ci fa, ha due versanti: in primo luogo, inonda il mondo di menzogne e di calunnie contro la Rivoluzione e dall'altro occulta, con un pugno di ferro, i principali aspetti della realtà cubana. Il miglior esempio è come nasconde il caso dei nostri cinque eroi anti-terroristi. Pablo Fernández y Santiago Vega e altri amici argentini hanno realizzato una iniziativa solidaria che felicemente sarà replicata in altri luoghi. Dura è la lotta contro il proposito di addomesticare il pensiero e sottometterlo a menzogne e silenzi dei mercanti che sono i padroni di quello, che una volta, si chiamava giornalismo.
Ora che onoriamo veri giornalisti, combattenti per la verità, quando rendiamo omaggio a Felix Elmuza, che per la verità, la giustizia e la libertà ha dato la sua vita, perdonatemi l’allusione alla porcheria. Perche c’é chi avvilisce e prostituisce la nobile professione.
Durante il denominato processo contro i nostri Cinque compagni, a Miami, ogni giorno coloro che vi hanno partecipato erano assediati e provocati da delinquenti con credenziali di giornalismo. Perfino la giudice protestò, più volte e chiese al governo che fermasse questo spettacolo pietoso. Ciò che non si sapeva allora, ma che ora si conosce, è che questi cosiddetti giornalisti, tutti quelli che occasionarono la sporca campagna contro i nostri Cinque fratelli, erano impiegati e pagati dal governo degli Stati Uniti per promuovere l'isteria anti-cubana e spaventare i membri della giuria.
Bisogna scalare montagne per gridare ai quattro venti la verità dei Cinque. Bisognerà che si superino, cordigliere, fisiche e morali, superare erti pendii, dove colpiscono vento e neve, perché altri scoprano una storia taciuta, proibita. Ci sarà che intraprendere, un’altra volta, l'impresa di Libertador, tornare, ancora una volta, dalla valle di Caracas sino all’Altopiano con la domanda di libertà e giustizia.
Il prossimo 14 giugno il sistema giudiziario USA riceverà la sua ultima possibilità di correggere, anche se tardivamente, l'arbitrarietà che commette già da quasi dodici anni. Quel giorno scade il termine finale perché i suoi difensori chiedano al tribunale di Miami la riconsiderazione del caso di Gerardo Hernandez Nordelo.
Contro di lui si formulò un’infame accusa che la stessa Procura riconobbe, alla fine del processo, non essere riuscita a dimostrare per la totale mancanza di prove. Tuttavia, Gerardo è stato dichiarato colpevole per un crimine che non esisteva, per un evento in cui egli non ebbe partecipazione alcuna. La barbara condanna che gli fu imposta - due ergastoli e più quindici anni di carcere - è crudelmente aggravata dal divieto di ricevere la visita di sua moglie, da quel lontano 1998.
La sua situazione dovrebbe causare universale indignazione e scandalo. Raramente si è stati così ingiusti e crudeli con un giovane di provata innocenza e d’impareggiabile altruismo.
Gerardo Hernandez è nato il 4 giugno. In questa data, due anni fa, la Corte d'Appello di Atlanta ha emesso una sentenza che confermava la sua sproporzionata condanna così come quella, a 15 anni, che sconta René González e allo stesso tempo, annullava le sentenze di Ramón Labañino, Antonio Guerrero e Fernando Gonzalez ordinando che i tre fossero nuovamente giudicati.
Quella notte ebbi il raro privilegio di parlare al telefono con Gerardo. Aveva appena appreso del singolare regalo di compleanno che aveva ricevuto. Di cui non parlò. Mi ricordo le sue parole, che da allora mi opprimono, riferendosi ai compagni che avrebbero dovuto rigiudicati: "Profe, non confonderti, libera loro. Io sopporto quello che ho da sopportare. Abbiate fiducia di me, Profe, ma fate quello che dovete fare per farli uscire".
Abbiamo cercato di adempiere al suo mandato. Ma prima abbiamo provato che la Corte rettificasse e poi abbiamo chiesto alla Corte Suprema USA che accedesse a riesaminare l’ingiusta sentenza. La nostra richiesta ha generato una solidarietà senza precedenti. Dieci premi Nobel, vari parlamenti e centinaia di parlamentari, giuristi, personalità ed organizzazioni e istituzioni e associazioni legali e umanitarie, di tutto il mondo, ci hanno sostenuto. Senza spiegazione alcuna gli alti giudici, su istanza della Casa Bianca, hanno rifiutato di esaminare la questione. Lo hanno annunciato il giorno che Gerardo ed Adriana celebravano, a distanza, il loro anniversario di matrimonio.
Ci dedicammo anima e corpo nel processo, per una nuova sentenza, di Ramon, Antonio e Fernando. Devo dirvi che in tutte le comunicazioni con loro, più e più volte, hanno insistito sul fatto che la loro principale preoccupazione, più che la loro stessa situazione, era il destino di Gerardo.
I nuovi verdetti non hanno messo fine all’ingiustizia. Siamo riusciti a eliminare gli ergastoli che incombevano su Ramon e Antonio e ridurre gli anni di carcere per Fernando e continueremo a contendere, per loro e René, utilizzando tutte le possibilità che, apparentemente, offre il sistema nord americano. Ogni giorno che uno qualsiasi dei cinque passa in carcere è un affronto alla giustizia.
Il caso di Gerardo è molto più complicato. Per lui sono chiuse tutte le strade ch, teoricamente, offre la complessa trama del sistema nord americano. Gli rimane solo solo ciò che là chiamano "habeas corpus”, un procedimento straordinario e che dà molto remota ed eccezionali possibilità all’accusato.
Lo stesso Gerardo lo ha detto. La giustizia solo arriverà quando la detterà una giuria di milioni di persone. C'è bisogno che siano molte le azioni per vincere il silenzio, perché il popolo nord americano conosca la verità ed esiga, dal suo governo, che rilasci, imediatamente e senza condizioni, i Cinque.
Per raggiungere questa meta ci manca molto da fare. Facciamolo.
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