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I Cinque cubani sul soffitto d'America |
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25 gennaio 2010 - Atilio Boron professore universitario, scrittore, giornalista (pl)
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Il 10 gennaio tre giovani andinisti argentini, della provincia del Neuquen, sono arrivati sulla cima dell'Aconcagua, il picco più alto di America che si alza a 6959 metri sul livello del mare.
Questa impresa molto importante, realizzata da Santiago Vega, conduttore radio-televisivo; Aldo Bonavitta, impiegato bancario, ed Alcides Bonavitta, attivista sociale, ha avuto un obiettivo politico tanto chiaro come nobile: esprimere la solidarietà del popolo argentino con la causa dei Cinque lottatori antiterroristi cubani, mantenuti in prigione dall'impero per undici anni, in condizioni che neanche vengono applicate al più feroce serial killer di questo paese. Condannati, inoltre, mediante giudizi assolutamente viziati che fanno giudicare l'incarceramento dei Cinque un affronto al dovuto processo ed all'impero della legge.
Gli agenti dell’intelligenza cubana Ramon Labañino, Gerardo Hernandez, Antonio Guerrero, Fernando Gonzalez e Renè Gonzalez sono stati ingiustamente ed illegalmente imprigionati per investigare attività terroristiche nella comunità cubana di Miami ed il loro caso costituisce una rotonda smentita alla pretesa lotta contro il terrorismo che dice di svolgere Washington.
Il caso de “I Cinque” rivela come pochi la portata della putrefazione morale dell'impero. Se sono in carcere negli Stati Uniti è precisamente per avere lottato contro il terrorismo.
Invece, godono della
libertà terroristi provati e confessi come
Luis Posada Carriles
e
Orlando Bosch Avila, responsabili dell'esplosione dell'aeroplano di Cubana di Aviazione
causante 73 morti, essendo stato il primo dei famosi beneficiato con un indulto
presidenziale: questo è perché Washington difende e protegge il terrorismo, come
nel suo momento lo ha fatto con Osama Bin Laden, Saddam Hussein, Videla,
Pinochet e la tenebrosa rete di mercenari che nella cornice del Piano Condor ha
fatto scomparire ed ha torturato quasi mezzo milione di latinoamericani.
Una mafia, inoltre,
articolata con la destra radicale e con i grandi interessi del complesso militare-industriale, che sono degli oppositori intransigenti a qualunque
iniziativa mediamente progressista che vorrebbe mettere in pratica chi arrivasse
alla Casa Bianca seducendo l'elettorato con le sue promesse di cambiamento e la
sua consegna di “Sì, possiamo.”
L'insanabile degradazione morale dell'impero e del nuovo elenco governante è scoppiato come il pus quando alcuni mesi fa il Dipartimento di Stato ha negato il visto di entrata temporale negli Stati Uniti ad Adriana Perez O’Conor, moglie di Gerardo Hernandez Nordelo.
In questa farsa legale montata a Miami col consenso di Bill Clinton, di George W.Bush e, ora, del Premio Nobel della Pace, Gerardo è stato condannato a due ergastoli più quindici anni di prigione. Come se tale mostruosità penale non fosse sufficiente la “giustizia” statunitense gli ha proibito, durante undici anni, la visita di sua moglie, qualcosa che non è proibito neanche al peggiore criminale confinato nelle loro carceri. In questo infame episodio, degno di figurare come un nuovo capitolo del memorabile libro di Jorge Luis Borges, “Storia Universale dell'Infamia”, l'attuale Segretaria di Stato Hillary Clinton ha dichiarato, per giustificare quello che è ingiustificabile, che la visita di Adriana “costituisce una minaccia alla stabilità e sicurezza nazionale degli Stati Uniti”. Poche espressioni possono superarla nel momento di dimostrare il marciume morale dell'impero.
Magari la prodezza di Santiago, Aldo ed Alcides sull'Aconcagua
servirà affinché Obama prenda coscienza del discredito universale in cui sta
cadendo per mantenere la politica dei suoi predecessori in relazione a due temi
chiave: l'ingiusto incarceramento de “I Cinque” ed il mantenimento del
bloqueo
criminale contro Cuba. |
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