Seduto al tavolo della casa editrice, rivedendo le sequenze in cui
l’esercito honduregno procede alla chiusura del canale 36 della
televisione “Cholusat Sur” e dopo aver ricevuto numerosi SOS dei
miei amici giornalisti che resistono in Honduras (dove hanno già
assassinato sette di loro dall’inizio dell’anno) osservo con
tristezza che Reporters sans Frontieres ha deciso di non includere
il regime golpista di Roberto Micheletti ieri, oggi di Porfirio
Lobo, nella loro lista mediatica dei “depredatori della libertà di
stampa”.
Che cosa ancora manca all’Honduras per essere incluso in questa
lista? Quanti giornalisti in più assassinati? Quanti media in più
chiusi, occupati e intimiditi? Quanti corrispondenti stranieri in
più espulsi? Quanti giornalisti locali in più esiliati?…
Credo, nonostante tutto, che Reporters sans Frontieres compia anche
buone azioni, e per questo sono suo socio e ho aiutato
l’organizzazione per sei anni, ma devo constatare che la sua agenda
sembra rispondere più a interessi politici che a una difesa onesta
delle libertà, e questo silenzio riguardo all’Honduras parla da
solo, convincendo il più scettico degli osservatori e confermando i
peggiori presagi che maturavo da tempo, mentre informavo su guerre e
crisi in tutto il mondo.
Probabilmente non potrebbe essere diversamente, dal momento che RsF
viene finanziata dal
NED
di Washington, da un gruppo di ultradestra della Florida e da grandi
imprese mediatiche; per questa ragione organizzazioni con
credibilità comprovata come Amnesty International o Greenpeace non
accettano denaro da Stati o da enti legati a questi. L’indipendenza
nella difesa dei diritti umani è vitale, proprio come Reporters sans
Frontieres annuncia senza arrossire nella sua pagina web.
Ora, rileggendo le interviste a giornalisti honduregni, traggo le
mie conclusioni… A tre settimane dal colpo di Stato e la conseguente
repressione esercitata contro civili, giornalisti e media, nel modo
più assoluto non c’è stato uno di Reporters sans Frontieres che si
sia minimamente preoccupato di telefonare ai colleghi degli
strumenti di comunicazione aggrediti e rinchiusi (così affermano
tutti loro nel video registrato). Con quello che ho visto, tutto
torna.
“Se non lo raccontiamo, non esiste”, è il motto di Reporters sans
Frontieres. Grazie allora per non raccontare la tragedia che si
svolge in Honduras! Del resto neppure in El Pais, El Mundo o ABC si
stanno preoccupando molto di raccontarla. Un silenzio sepolcrale è
garantito.
Quali denunce e servizi ci regalerebbero se tutto ciò accadesse in
Bolivia o Venezuela!