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Intervista a Fidel Castro


"Si deve persuadere Obama ad

evitare una guerra nucleare"
 

Fidel risponde alle domande della direttrice de

La Jornada, del Messico, Carmen Lira Saade

 

31 agosto 2010 - www.granma.cu

 

- È stato quattro anni dibattendosi tra la vita e la morte. Entrando e uscendo dalla sala operatoria, intubato, ricevendo alimenti in vena  e  cateteri e con la perdita frequente della conoscenza.-

 

"La mia malattia  non è nessun segreto di Stato", avrebbe detto poco prima che la malattia fosse crisi e lo obbligasse a "fare quello che doveva fare": delegare le sue funzioni come presidente del Consiglio di Stato e, conseguentemente, come Comandante in Capo delle  Forze Armate di Cuba.

 

"Non posso continuare più",  aveva ammesso allora  - come rivela in questa sua prima intervista con un giornale stampato all’estero da allora. Fece il passaggio del comando, e si mise nelle mani dei medici.

 

La commozione prese la nazione intera, e gli amici di altre parti; fece nutrire  speranze di rivincita ai suoi detrattori, e pose in stato d’allerta il poderoso vicino del nord. Era il 31 luglio 2006 quando fu resa nota, in maniera ufficiale, la lettera di rinuncia del massimo leader della Rivoluzione cubana.

 

Quello che non riuscì a rompere  in 50 anni  il suo nemico più feroce (blocchi, guerre, attentati) lo fece una malattia della quale nessuno sapeva niente e  su cui si speculava tutto. Una malattia che per il regime, lo accettasse  o no,  sarebbe divenuta un "segreto di Stato". (Penso in Raúl, nel Raúl Castro di quei  momenti. Non era solo il pacchetto  che gli avevano affidato  quasi  da un giorno all’altro, anche era era accordato da sempre; era la delicata salute della sua compagna  Vilma Espín - che morì poco dopo  vittima di un cancro -, e la molto probabile scomparsa del fratello  maggiore e capo unico nel militare, nel  politico, nel  familiare).

 

Oggi sono  40 giorni che  Fidel Castro è riapparso in pubblico in maniera definitiva, al meno senza pericolo  apparente di ricadute. In un clima disteso  e quando tutto fa pensare che la tormenta è passata, l’uomo più importante della Rivoluzione cubana appare  forte e vitale anche se no domina del tutto  i movimenti delle gambe.

 

Durante le circa cinque ore di durata dell’intervista  -incluso il pranzo- con La Jornada, Fidel ha parlato dei più diversi temi, anche se ossessiona con alcuni in particolare. Permette che gli si domandi di tutto   - anche se quello che più interroga sia lui -  e ripassa per la prima volta e con dolorosa franchezza alcuni momenti della crisi della propria salute sofferta nei passati quattro anni.

 

"Ero come già morto", rivela con una tranquillità incredibile. Non chiama per nome la diverticolite sofferta nè si riferisce alle emoraggia che obbligarono gli specialisti del  suo staff medico ad operarlo in varie o molte occasioni, con il pericolo di morire in ognuna.

 

 

Ma  sì che lo s’intende nel racconto della sofferenza  vissuta. E non mostra inibizioni di sorta  a definire  la dolorosa tappa come un "calvario".

 

"Io non speravo già di vivere, nè tanto meno? Mi sono chiesto varie volte  se questa gente (i suoi medici) mi avrebbero lasciato vivere in quelle condizioni o mi avrebbero permesso di morire. Poi sono sopravvissuto, ma in cattive condizioni fisiche. Sono arrivato a pesare poco più di 50 chili."

 

"Sessantasei chilogrammi", precisa Dalia, la sua inseparabile compagna che assiste ala conversazione. Solo lei, due dei suoi medici ed altri due dei suoi più vicini  collaboratori sono presenti.

 

“Immaginate: un tipo della mia statura che pesa 66 chili. Oggi peso già  85 - 86 chili, e stamattina sono riuscito a fare  600 passi da solo, senza bastone, e senza aiuti.

 

" Voglio dirti che stai davanti a  una specie di re-su-sci-ta-to", sottolinea con un certo orgoglio. Sa che oltre al magnifico gruppo  medico che lo ha assistito in tutti questi anni, con il quale è stata posta alla prova la qualità della medicina cubana, ha contato sulla volontà e  questa disciplina d’ acciaio che s’impone  sempre quando  s’impegna  in qualcosa.

 

“Non commetto mai nemmeno la minima violazione –assicura – Potrei dire anche che sono diventato un  medico con la cooperazione dei medici. Con loro  discuto, domando (domanda molto), apprendo (e ubbidisce).

 

Conosce molto bene  le ragioni  dei suoi incidenti e  delle cadute, anche se insiste che non necessariamente gli uni portano alle altre. "La prima volta  è stato perchè non mi ero riscaldato bene prima di giocare a pallacanestro. Poi è venuta quella di Santa Clara: Fidel scendeva dalla statua del Che, dove aveva presieduto  un omaggio e cadde in avanti. “Lì ha influito che quelli che attendono uno diventano vecchi anche loro, perdono le facoltà e non se ne occuparono” chiarisce. Segue la caduta di Holguín, con tutta la sua statura. Tutti questi  incidenti prima  che l’altra malattia provocasse la crisi e lo lasciasse per lungo tempo all’ospedale.

 

"Steso in quel letto, guardavo attorno a me, ignorante di tutti quegli apparecchi. Non sapevo quanto tempo sarebbe durato quel tormento, la sola cosa che  mi aspettavo era che si fermasse il mondo", sicuro di perdersi niente. Ma sono resuscitato", dice orgoglioso.

 

-E quando è resuscitato, Comandante, con chi si è incontrato? - gli chiedo.

 

-Con un mondo come di  pazzi. Un mondo che appare tutti i giorni  alla televisione, nei giornali,  che nessuno capisce, ma che non avrei voluto perdere per nulla al mondo – sorride divertito.

 

Con un’energia sorprendente in un essere umano che si sta rialzando dalla tomba - come lui dice - e con la  stessa curiosità intellettuale  di prima, Fidel Castro si aggiorna.

 

Dicono, quelli che  lo conoscono bene,  che non c’è un progetto, colossale o millimetrico, nel quale non s’impegna con una passione incredibile e che soprattutto lo fa se deve affrontare le avversità, com’è stato ed era il caso.

 

"Mai come adesso è apparso del miglior umore."  Qualcuno che crede di conoscerlo molto bene gli ha detto: "Le cose devono andare davvero male perchè lei è così vivace".

 

Il compito d’accumulare informazioni quotidiane di questo sopravvissuto comincia da quando si sveglia. Ad una velocità di lettura che nessuna sa con quale metodo realizza, divora libri; si legge  200 - 300 dispacci informativi al giorno; sta dietro al momento delle  nuove tecnologie della comunicazione affascinato con Wikileaks, "la gola profonda di Internet", famoso por la filtrazione di più di 90 mila documenti militari sull’Afganistan, sui quali questo nuovo "navigatore" sta lavorando.

 

-Ti rendi conto, compagna, di quello che questo significa? -mi dice-. Internet ha posto nelle nostre  mani  la possibilità di comunicare con il mondo. Prima non contavamo su niente di simile - commenta,  mentre si dedica a vedere e   selezionare dispacci e testi, presi dalla rete, che tiene sul suo scrittoio: un piccolo  mobile, troppo piccolo per la taglia ( anche se ridotta dalla malattia) del suo occupante.

 

-Sono finiti i segreti, o al meno pare così. Stiamo di fronte ad un " giornalismo d’investigazione d’alta tecnologia", come lo chiama il New York Times, e alla portata  di tutto il mondo.

 

- Siamo di fronte all’arma più poderosa mai esistita, che è la comunicazione – insiste -. Il potere della comunicazione è stato, ed è, nelle mani dell’impero e degli ambiziosi gruppi privati che lo hanno usato e ne hanno abusato. Per questo i media hanno fabbricato il potere che oggi ostentano.

 

Li escolto e non posso fare  ameno di pensare in Chomsky: qualsiasi dgli inganni che l’impero tenta deve contare prima con l’appoggio dei media, principalmente giornali e  televisione, ed oggi, naturalmente, con tutti gli strumenti che offre  Internet.

Sono i media quelli che prima di qualsiasi azione  creano il consenso.

 

"Stendono le lenzuola", diciamo? Preparano il teatro delle operazioni.

 

Senza dubbio, aggiunge Fidel, anche se hanno preteso di conservare intatto questo potere, non hanno potuto. Lo stanno perdendo un giorno dopo l’altro. Mentre altri, molti, , moltissimi, emergono in ogni momento”, Va fatto allora un riconoscimento agli sforzi di alcuni luoghi  e media, oltre che a Wikileaks: nel lato latinoamericano, a Telesur del Venezuela, alla televisione culturale dell’Argentina, al Canal Encuentro, e a tutti quei  media, pubblici o privati, che affrontano i poderosi consorzi privati della regione e le trasnazionali dell’ informazione, la cultura e l’intrattenimento.

 

Relazioni sulla  manipolazione dei poderosi grupi imprenditoriali  locali o regionali,  i loro complotti per porre sul trono o eliminare governi o personaggi della politica, o sulla "tirannia" che esercita  l’"impero" attraverso  le trasnazionali, sonno oggi alla portata  di tutti i  mortali.

 

Ma  non di Cuba, che  dispone di un’entrata d’Internet per tutto  il paese,  paragonabile a quella che ha qualsiasi  hotel Hilton o Sheraton.

 

Questa è la ragione  per cui la connessione in Cuba è una disperazione. La navigazione è come se fosse al rallentatore.

 

-Perchè tutto questo? - domando.

 

-Per l’assoluta negazione degli Stati Uniti di dare accesso a lnternet all’Isola, attraverso  uno dei cavi sottomarini di fibra ottica che passano vicino alle coste. Cuba è obbligata, in cambio, ad usare il segnale  di un satellite, e questo rende molto più caro il servizio  che il governo cubano deve pagare, e impedisce di disporre di un maggior raggio di banda che permetta di dare accesso a molte più persone  e alla velocità che è normale in tutto il mondo, con la banda larga.

 

Per queste ragioni  il governo cubano dà priorità di collegamento non a coloro che possono pagare il costo del servizio, ma a chi lo necessita, come medici, accademici giornalisti, professionisti, "quadri" del governo e club di Internet di uso sociale. Di più non si può.

 

Penso negli sforzi inenarrabili del sito cubano Cubadebate per alimentare l’interno e portare all’estero  l’informazione del paese, nelle  condizioni esistenti. Però, secondo Fidel, Cuba potrà dare una soluzione a questa situazione presto.

 

Si riferisce  alla conclusione dell’opera  del cavo  sottomarino che si  sta tendendo dal porto de La Guaira, in Venezuela, sino alle vicinanze  di Santiago di Cuba. Con queste opere, portate  avanti dal governo di Hugo Chávez, l’Isola potrà disporre  di una banda larga con la  possibilità di realizzare un forte  ampliamento del servizio.

 

-Molte volte si è segnalata  Cuba, e Lei  in particolare, di mantenere una posizione antistatunitense assoluta, e sono aggiunti ad accusarla di provare odo per questa nazione - gli dico.

 

“Niente di tutto questo –chiarisce-. Perchè odiare  gli  Stati Uniti se sono solo il prodotto  della storia”?

 

Però, in effetti: solo 40 giorni fa, quando tuttavia non aveva ancora terminato di "resuscitare" lei si è occupato  -pera variare-, nelle sue nuove Riflessioni, del suo poderoso vicino.

 

"È che ho cominciato  a vedere ben chiari i problemi della tirannia mondiale crescente – e gli si è  presentata, alla luce di tutta l’informazione che maneggiava, l’imminenza di un attacco  nucleare che scatenerebbe la guerra  mondiale."

 

Ancora non poteva uscire  a parlare, a fare quello che sta facendo adesso, mi indica. Appena poteva scrivere con una certa  fluidità, perchè  non solo ha dovuto imparare a camminare, ma anche, ai suoi 84 anni ha dovuto imparare di nuovo  a  scrivere..

 

"Uscito dall’ospedale sono andato a casa, ma ho camminato ed ho esagerato. Poi ho dovuto fare la riabilitazione dei piedi. All’epoca cominciavo già a scrivere di nuovo.

 

"Il salto qualitativo è avvenuto  quando ho potuto dominare  tutti gli  elementi che mi permettevano di rendere possibile tutto quello che  sto facendo adesso. Ma  posso e devo migliorare. Posso ricominciare a camminare bene. Oggi, già te l’ho detto, ho camminato 600 passi da solo, senza bastone, senza niente, e  questo lo devo conciliare con quello che scendo e salgo, con le ore di sonno, con il lavoro."

 

- Che cosa c’è dietro a questa frenesia nel lavoro che più che a una riabilitazione la può condurre a duna ricaduta?

 

Fidel si concentra, chiude gli occhi  come per cominciare un sogno, però no, torna alla carica:

 

"Non voglio essere  assente in questi giorni. Il mondo si torva nella fase più interessante e pericolosa della sua esistenza e non sono  abbastanza impegnato  con quello che sta succedendo. Ho molte  cose da fare ancora."

 

Come quali?

 

-Come la formazione di tutto  un movimento contro la guerra nucleare - è quello  a cui si sta dedicando dalla  sua riapparizione.

 

"Creare una forza di persuasione internazionale per evitare che questa minaccia colossale si compia" rappresenta tutta una sfida e  Fidel non ha mai  resistito di fronte alle sfide.

 

"In principio ho pensato che l’attacco  nucleare riguardava  la Corea del Nord, ma ho  rettificato rapidamente perchè, mi sono detto, che faceva  la Cina con il suo veto nel Consiglio di Sicurezza?

 

"Ma i fatti dell’Iran non li ferma   nessuno, perché non ci sono veti né cinesi, né russi.

 

Poi è venuta  la risoluzione (delle Nazioni Unite), ed anche se  Brasile e Turchia hanno vietato, il Libano non lo ha fatto ed allora è stata  presa la decisione."

 

Fidel convoca gli scienziati, gli economisti,  i comunicatori, eccetera, perchè diano la loro opinione su quale può essere il meccanismo mediante il quale si scatenerà l’orrore, e la forma in cui si può evitare. Li ha portati anche a fare  esercizi di fantascienza.

 

"Pensate, pensate!", anima nelle discussioni. "Ragionate, immaginate", esclama l’entusiasta maestro nel quale si è trasformato in questi giorni.

 

Non tutto il mondo ha compreso la  sua inquietudine. Non sono pochi coloro che  hanno visto catastrofismo ed anche delirio nella sua nuova campagna. A tutto questo si dovrebbe  aggiungere il timore che assale molti, che la sua salute soffra una ricaduta Fidel non cede: niente e nessuno  è capace di frenarlo. Lui necessita nel minor tempo possibile , CONVINCERE per così FERMARE la conflagrazione nucleare che -insiste- minaccia di far sparire  una buona parte dell’umanità.

 

"Dobbiamo mobilitare il mondo per persuadere Barack Obama, presidente degli Stati  Uniti, ad evitare la guerra nucleare. Lui è  l’unico che può, o no  premere il bottone."

 

Con i dati che già  maneggia come un esperto, ed i documenti che avallano le sue dichiarazioni, Fidel discute e fa un’esposizione  da brivido:

 

-Tu conosci il potere nucleare che hanno vari paesi del mondo nell’attualità , paragonato con quello dell’epoca di Hiroshima e Nagasaki? 

 

"Quattrocento settantamila volte il potere esplosivo che  aveva ognuna   delle due bombe che gli Stati Uniti lanciarono  su quelle due città giapponesi. Quattrocentosettantamila volte di più!", sottolinea scandalizzato.

 

Questa è la potenza che hanno le 20000 armi nucleari che -si calcola- ci sono oggi nel mondo.

 

Con una potenza Molto inferiore -con solo 100 – si può già produrre  un inverno nucleare che oscuri il mondo nella sua totalità.

 

Questa azione barbara potrebbe avvenire  nello spazio di pochi giorni, per essere più precisi, il 9  settembre prossimo, con i 90 giorni concessi dal Consiglio di Sicurezza della ONU per cominciare ad ispezionare le navi dell’Iran.

 

 -Tu credi che gli iraniani retrocederanno?  Te lo immagini?

 

Uomini coraggiosi e religiosi, che vedono nella morte quasi un premio? Bene, gli iraniani non cederanno questo  è sicuro.  Cederanno gli  yankuee? E, che succederá se nè l’uno  nè l’altro  cede? Questo può accadere  il prossimo 9 settembre.

 

"Un minuto dopo l’esplosione, più della metà degli esseri  umani sarà morta, la polvere ed il fumo dei  continenti in fiamme  oscureranno la luce del sole, e le nebbie assolute torneranno a regnare nel mondo", ha scritto Gabriel García Máquez cin occasione del 41ºanniversario di Hiroshima. "Un inverno di piogge arancione  e di gelidi uragani  invertiranno il tempo degli  oceani  e rovesceranno il corso dei fiumi, i cui pesci saranno  morti di sete nelle acque ardenti? L’era del rock e dei trapianti di cuore  ritornerà alla sua glaciale infanzia."

 

 

"NON HO IL MINIMO DUBBIO  CHE IN MESSICO AVVERRANNO GRANDI CAMBIAMENTI"

 

 

 “Dimmi, dimmi, che cosa sta  dicendo la ‘mafia’ su tutto quello che ho scritto”?

 

-Non è solo la "mafia", eh? Sono di più gli sconcertati da queste Riflessioni, Comandante. Per non parlare del disgusto che ha provocato  al governo messicano.

 

“Non avevo  nessun interesse nel criticare il governo. Perchè avrei dovuto farlo? Per gusto? Se io mi dedicassi a parlare dei governi , a dire le cose cattive o quelle sbagliate che considero fatte da loro, Cuba non avrebbe relazioni”.

 

-Si dice che con si suoi elogi ed  i riconoscimenti aperti, quello che Lei ha detto  ad Andrés Manuel López Obrador è stato il "bacio del diavolo" e si chiedono perchè ha reso   pubbliche sia le dichiarazioni  di Carlos Ahumada alla giustizia cubana che i dettagli delle sue singolari relazioni con Carlos Salinas de Gortari. Sospettano che ci sia un’intenzione occulta.

 

“No, no e no. Ho avuto la fortuna d’incontrare  il libro di Andrés Manuel. Qualcuno me lo ha dato alla fine della sessione dell’Assemblea. L’ho letto  rapidamente  e la sua lettura mi ha ispirato  a scrivere quello che ho scritto.

 

 - Che cosa l’ha ispirata?

 

“ Rendermi conto di quello che hanno fatto con  la Terra, con le miniere; di quello che hanno fatto con il petrolio. Rendermi conto  del furto, del saccheggio che ha sofferto questo grande paese; degli orrori commessi  che oggi fanno del Messico quello che è.

 

- Ci sono  sfiduciati da una e dall’altra parte che insistono che dietro la sua “carambola” ci sono altri propositi.

 

 “No. Io non avevo pianificato di scrivere  quello che ho scritto; non era nei miei piani. Io ho un’agenda libera.

 

-Però ha sollevato un polverone, l’avviso. L’accusano d’aver  scatenato  tutto uno scandalo politico e le piovono addosso le critiche perchè dicono che per il bene o per il male, Lei, Comandante, si è messo nel processo elettorale messicano.

 

“Ah sì”?, domanda molto animato-. Ci sono critiche  contro di me?

 

Che buono!  Che buono! Mandamele!  E di chi sono le critiche?

 

-Di molti, meno  uno. L’unico –dei coinvolti - che non ha detto una sola parola  è Carlos Salinas.

 

“Perchè è il più intelligente,  lo è stato sempre, oltre ad essere il più abile” dice esibendo un sorriso malizioso. Dalla sua  espressione sembrerebbe che sta già  aspettando la risposta di Salinas. Alla meglio anche in un libro.

 

Poi ripete alcuni passaggi delle sue Riflessioni: che Salinas era stato solidale  con Cuba, che  quando (nel 1994) attuò come mediatore (designato da Clinton) tra gli Stati Uniti e l’Isola "si era comportato bene e operò davvero come  mediatore e non come alleato degli Stati Uniti.

 

Racconta che quando Salinas ottenne  dal governo cubano l’accettazione  per rifugiarsi in questo paese ed anche per acquistare  "legalmente" una casa,  si vedevano con "una determinata frequenza" e si scambiavano punti di vista, eccetera.

 

“Sono giunto a pensare che lui non ha mai tentato d’ingannarmi”, dice sornione.

 

-Davvero? – chiedo. Forse Salinas ha commentato  o consultato con Lei la decisione del suo governo di aprirsi alle  relazioni con le organizzazioni terroriste dichiarate, come nel caso della Fondazione Nazionale Cubano Americana creata con l’esclusivo proposito di abbattere il regime castrista e assassinare il suo presidente, Fidel Castro?

 

Per la prima volta nella storia delle relazioni tra li due paesi, un governo del Messico apriva  le porte della casa presidenziale a Jorge Mas Canosa,  presidente di questa organizzazione paramilitare, vecchia  nemica della Rivoluzione cubana.

 

"Quello che lei ha portato in quella casa è  un assassino", dissi  a Carlos Salinas in quell’occasione, durante un’intervista con La Jornada.

 

Salinas assentì con la testa, dandomi ragione. Ma immediatamente  si giustificò dicendo  che quello che cercava il suo governo era partecipare, con la "pluralità" cubana, al "dialogo" che si stava realizzando per avvicinare  le parti.

 

"Voglio dirle che il Messico è altamente rispettoso dei processi interni decisi dai cubani", assicurò allora.

 

" Ma quello che  succede a Cuba non è estraneo  ai  messicani; i messicani non possiamo essere  assenti dalle trasformazioni che avvengono in questo paese perchè si ripercuoteranno  in Messico e in tutta Latinoamerica.  Dobbiamo mantenere questa comunicazione con tutto  il ventaglio delle opinioni" (La Jornada, agosto del 1992).

 

“Opinioni? Il Messico necessitava “l’opinione" di un criminale per arricchire il suo dialogo con i paesi vicini  - chiedo adesso.

 

Fidel ha abbassato la testa e Childe come a se stesso:

 

“Perchè ci fece questo?  Lui si era comportato come  un amico di Cuba.

 

Con lui si sistemavano i temi politici od economici pendenti, alla fine? Dava l’impressione di non avere problemi con noi.

 

"Perchè diavolo doveva ricevere  quel bandito?", si chiede un poco sconcertato.

 

Ma non vuole parlarne di più. Da tempo aveva girato la pagina o l’aveva riservata  per  il momento in cui - dopo il bilancio obbligato- decidesse di far  conoscere  pubblicamente la fine della  sua relazione con l’ex presidente messicano, com’è avvenuto nella  sua Riflessione "Il gigante delle sette  leghe".

 

- Cuba non ha mai voluto consegnare la  documentazione filmata che provava il complotto contro López Obrador, come  domandò in quel momento il PRD.

 

“In quello non li potevamo  compiacere –spiega-. Inviammo tutta la documentazione all’ autorità che aveva richiesto  l’estradizione (il ministero degli esteri  messicano). Un altro atteggiamento non sarebbe stato serio -sottolinea.

 

Poi Fidel si è ammalato gravemente e questo tema,  come molti altri, avrebbe dovuto aspettare.

 

-Perche parlare  di López Obrador in questi  momenti quasi preelettorali?

 

“Perchè io avevo un debito con lui. Io gli volevo dire che (anche se non gli abbiamo consegnato la documentazione richiesta) che non stavamo in nessun complotto contro di lui, nè (lo fummo) nè siamo vincolati a nessuno per danneggiarlo. Che come ho detto nel mio scritto mi onoro di condividere i suoi punti di vista.

 

- È precisamente lì che dicono che Lei ha dato il bacio del diavolo",    Comandante.

 

“Così  che non si può parlare d’invitarlo a visitare Cuba, vero?, dice   sorridendo malizioso.  Rischierebbe molto, non è così? Gli ricadrebbe addosso tutta quella banda per screditarlo e togliergli  voti”.

 

- Come 50 anni fa, nei primi tempi della Rivoluzione, nei quali viaggiare  a Cuba era tutta una  un’audacia. Una foto Della partenza e dell’arrivo  dall’aeroporto del Messico per L’Avana potrebbe  costare persecuzione, colpi, carcere?

 

Fidel mantiene la sua risatina, e consiglia:

 

"Non vi preoccupate tanto voi messicani per queste cose. Tutto questo cambierà. Non ho il minimo dubbio  che più presto di quanto immaginate, in Messico ci saranno grandi cambiamenti”.

 

“Il mondo del futuro dev’essere

comune per tutti”


 
Fidel risponde alle domande della direttrice de La Jornada, del Messico, Carmen Lira Saade

 

Anche se non c’è nulla che denoti malessere di sorta, credo che a Fidel non piacerà  quello che gli dirò adesso:

 

-Comandante, tutto il fascino della Rivoluzione Cubana, il riconoscimento, la solidarietà di una buona parte dell’intellettualità universale, i grandi  successi  del popolo di fronte al blocco, infine, tutto si perse negli scarichi per causa della persecuzione agli omosessuali in Cuba.

 

Fidel non sfugge al tema. Non nega nè respinge la dichiarazione. Solo chiede tempo per ricordare, dice, come e quando si scatenò il pregiudizio nelle fila rivoluzionarie.

 

Cinque decenni fa e per causa dell’omofobia, si emarginarono gli omosessuali in Cuba e  molti furono inviati in campi di lavoro militari-agricoli, con l’accusa de "controrivoluzionari".

 

“Sì, ricorda, furono momenti di una grande ingiustizia, una grande ingiustizia!”ripete enfatico,  chiunque l’abbia provocata. Se la facemmo noi, noi altri… Sto trattando di delimitare la mia responsabilità in tutto questo, perchpe ovviamente, personalmente, io non ho qusto genere  di pregiudizi.

Si sa che tra i suoi  migliori e più vecchi amici ci sono omosessuali.

 

Però, allora , come si formò quell’odio  per il "differente?

 

Lui pensa che “tutto si  produsse come una reazione spontanea nelle fila rivoluzionarie,  proveniente dalle  tradizioni. Nella  Cuba di prima non no solo si discriminavano i negri: si discriminavano anche le donne e ovviamente gli omosessuali…

Sì, sì. Però non nella Cuba della "nuova" morale, di quella di cui erano tanto orgogliosi i rivoluzionari di dentro e di fuori…

 

Chi fu quindi il responsabile, diretto o indiretto, che non fece smettere quello che stava succedendo nella società cubana? Il Partito? Perchè  a quell’ora il Partito Comunista di Cuba non "esplicitò" nei suoi statuti la proibizione di discriminare per l’orientamento sessuale.

 

“No,dice Fidel. Se qualcuno è responsabile, sono io...

 

“È vero che  in quei  momenti non mi potevo occupare di quel tema … Ero immerso, principalmente, nella  Crisi d’Ottobre,  la guerra,  le questioni politiche…”

 

-Per questo divenne   un serio e grave problema politico, Comandante.

 

“Comprendo, comprendo… Noi non  lo sapemmo valutare … sabotaggi  sistematici, attacchi  armati, si succedevano tutto il tempo: avevamo tanti e tanto terribili problemi, problemi di vita o di morte, sai, che  non prestavamo sufficiente attenzione.

 

Dopo tutto quello, divenne molto difficile  la difesa della Rivoluzione all’estero…

 

L’immagine si era deteriorata per sempre in alcuni settori, soprattutto dell’Europa.

 

“Comprendo, comprendo -ripete-: era giusto…

 

La persecuzione degli omosessuali poteva avvenire  con minore o maggior protesta, in qualsiasi parte. Ma non nella Cuba rivoluzionaria – gli dico.

 

“Comprendo: è come quando il santo pecca, vero?… Non è lo stesso se lo fa il peccatore, no?

 

Fidel sbozza un tenue sorriso, per poi ritornare  serio:

 

“Guarda: pensa tu com’erano i nostri giorni in quei  primi mesi della Rivoluzione: la guerra con gli yankee, il tema delle armi e, quasi simultaneamente a questo, li piani degli attentati contro la mia persona…

 

Fidel rivela quanto "tremendamente "influirono in lui  e quanto alterarono la sua vita le minacce di attentati e gli attentati stessi di cui fu vittima:

 

“Non potevo stare in nessuna parte, non avevo un posto dove vivere…” I tradimenti  erano all’ordine del giorno e lui doveva saltare da un posto all’altro…

 

“Scappare alla CIA, che comprava tanti traditori, a volte tra  la stessa gente di uno, non era una cosa semplice; ma alla fine, in ogni modo, ci si devono assumere le responsabilità , ed io mi assumo la mia. Io no darò la colpa  ad altri…”, sostiene il dirigente rivoluzionario.

 

Solo lamenta di non aver fatto correzioni allora…

 

Oggi, senza dubbio, il problema si sta affrontando:

 

Con lo slogan "L’omosessualità non è un pericolo, l’omofobia sì", si è svolta recentemente in molte  città dell’Isola la terza Giornata Cubana per il Giorno  Mondiale contro l’Omofobia.

 

Gerardo Arreola, corrispondente  de La Jornada, in Cuba, racconta puntuale il dibattito  e la lotta  che si porta  avanti nell’Isola per il rispetto dei  diritti delle minoranze sessuali.

 

Arreola riferisce  che è Mariela Castro, una sociologa di 47 anni –figlia del presidente cubano Raúl Castro-, la leader del Centro Nazionale di Educazione Sessuale (Cenesex), istituzione che – lei dice – è riuscita  a migliorare l’ immagine di Cuba dopo l’emarginazione degli  anni ‘60.

 

"Siamo qui le cubane ed i cubani, per continuare  a lottare per l’inclusione, perchè questa sia  la lotta per tutte e per tutti, per il bene di tutte e di tutti",  ha detto Mariela Castro  inaugurando la giornata, scortata da transessuali che sostenevano una bandiera cubana ed un’altra multicolore del movimento gay.

 

Oggi in Cuba, gli sforzi per gli omosessuali includono iniziative come il cambio d’ identità dei transessuali o le unioni di civili tra persone dello stesso sesso.

 

Dagli anni ‘90, l’omosessualità  nell’Isola è depenalizzata, anche se possono avvenire alcuni casi d’assedio della polizia. E dal 2008 si praticano operazioni gratuite di cambio del sesso.

 

 

IL BLOCCO

 

 

Nel 1962 gli Stati Uniti hanno decretato il blocco  contro Cuba. *Si è trattato  di "un feroce tentativo di genocidio"*… come lo ha chiamato  Gabriel García Márquez, lo scrittore che ha realizzato la miglior cronaca del periodo.

 

“Periodo che dura ancora nei nostri giorni” - mi avverte Fidel.

 

“Il blocco è vigente oggi più che mai e con l’aggravante, in questi momenti, che è legge costituzionale  negli Stati Uniti Estados Unidos, per il fatto che la vota  il presidente, la vota il Senato, la vota la Camera dei Rappresentanti…”*

 

Il numero dei voti e la sua applicazione possono  alleviare considerevolmente, o no, la situazione. Ma lì sta…

 

-Sì, lì c’è la legge Helms-Burton, d’ingerenza e annessionista… con la legge Torricelli, debitamente approvata dal Congresso degli Stati Uniti.

 

Ricordo bene il senatore Helms quel giorno del 1996 in cui  fu approvata la sua iniziativa. Era esultante e ripeteva ai giornalisti il succo delle sue pretese:

 

“Castro deve andarsene da Cuba. Non m’importa come Castro lascia il paese: se è in forma verticale, o in forma orizzontale, questo è un problema loro…Ma Castro deve lasciare Cuba.”

 

 

COMINCIA L’ASSEDIO

 

 

“Nel 1962, quando gli USA decretarono il blocco , *Cuba si trovò d’immediato di fonte alla reltà che non aveva nulla più di  sei milioni di cubani decisi, in un’isola luminosa e povera…”

 

Nessuno, nessun paese, poteva commerciare  con Cuba; non sipoteva comprare o vendere  con nessuno, e guai a quel paese o impresa! Che non si rassenasse all’assedio commerciale   decretato dagli  Stati Uniti  Estados Unidos. Sempre mi ha richiamato  l’attenzione quella nave della  CIA che pattugliava le acque territoriali  sin a pochi anni fa, per intercettare le navi che portavano merci all’Isola.

 

Il problema maggiore è sempre stato, senza dubbio, quello dei medicinali e degli alimenti, che si mantiene anche nei nostri giorni. Ancora oggi  non si permette a nessuna impresa alimentare  di commerciare con Cuba, nemmeno considerando l’importanza  dei volumi d’acquisto dell’Isola o il fatto che questa è obbligata a pagare anticipato.

 

Condannati a morire di fame, i cubani dovettero "inventare la vita un’altra volta da principio", dice García Márquez.

 

Svilupparono una "tecnologia della necessità" ed una "economia della penuria", riferisce : tutta  una "cultura della solitudine".

 

Non ci sono gesti di rammarico e tanto meno di amarezza, quando Fidel Castro ammette l’abbandono in cui gran parte del mondo lasciò l’Isola. Al contrario…

 

“La lotta, la battaglia che abbiamo dovuto affrontare ci ha costretto a sforzi superiori a quelli che avremmo fatto senza il blocco”, dice Fidel.

 

Ricorda con una sorta di orgoglio, per esempio, la gigantesca operazione di massa che portarono avanti cinque milioni di ragazzi, raggruppati nei CDR. In una sola giornata di otto ore  eseguirono la  vaccinazione di massa in tutto il paese ed eliminarono  malattie come la poliomielite o il paludismo.

 

O quando più di 250000  alfabetizzatori, centomila erano ragazzini, andarono ad alfabetizzare   la maggior parte della popolazione adulta del paese che non sapeva leggere e scrivere.

 

Ma il grande salto " è quello nella medicina e nella biotecnologia:

 

-Si dice che è stato lo stesso  Fidel che mandò a studiare in Finlandia un gruppo di scienziati e di medici che si dovevano incaricare della produzione dei medicinali.

 

“Il Remick ha usato contro di noi  la guerra batteriologica. Ha portato qui  il virus II del Dengue. Nella Cuba pre-rivoluzionaria non si conosceva nemmeno il Debgue I. Qui è apparso nella su aforma II, molto più pericoloso  perchè produce un dengue emorragico che attacca soprattutto i bambini.

 

“Entrò da Boyeros. Lo portarono i controrivoluzionari, quelli stessi che vanno con Posada Carriles, quelli che sono stait liberati con l’indulto di Bush, quelli stessi che hanno organizzato il sabotaggio dell’aereo di Barbados.  Quella stessa gente ricevette il compito d’introdurre  il virus”, denuncia Fidel.

 

- Incolpavano  Cuba perchè, dicevano, c’erano molte zanzare nell’Isola – gli dico.

 

“Come non averle se per combatterle ci vuole l’abate, e l’abate non lo potevamo comprare: lo producevano solo negli Stati Uniti”! -rivela.

 

Il viso del Comandante s’incupisce:

 

" Cominciarono  a morire i bambini", ricorda. “Non avevamo niente per attaccare la malattia. Nessuno ci voleva vendere le medicine e le attrezzature con cui si sradica il virus. Centocinquanta persone morirono vittime della malattia. Quasi tutti erano bambini…

 

"Dovemmo comprare  di contrabbando, anche se  era carissimo. Dovunque era proibito portare i prodotti a Cuba. Una volta, per misericordia, ci lasciarono portare un poco del carico."

 

Per "misericordia", ha detto l’uomo forte della Rivoluzione. Confesso il mio turbamento…

 

Non precisamente per misericordia, ma per solidarietà, accorsero alcuni amici di Cuba. Fidel cita, per il Messico, gli Echeverría: Luis e María Esther che, anche se già non stavano nel governo, riuscirono ad ottenere alcune attrezzature che permisero d’alleviare in qualche modo l’epidemia.

 

“Non lo  dimenticheremo mai”, dice commosso.

 

- Vede ? gli dico. Non tutte sono state cattive o sfortunate relazioni con i personaggi del potere messicano…

 

“Certo che no”,dice prima della conclusione della chiacchierata -intervista e passiamo al pranzo, con sua moglie, Dalia Soto del Valle.

 

Da questa terrazza siderale dove  si colloca per guardare ed analizzare il mondo, la vita… Fidel “fa un brindisi perchè  "nel mondo del futuro si abbia  una sola Patria".

 

“Che significa che questi sono spagnoli, altri inglesi, altri africani? E che alcuni hanno più degli altri…?

 

“Il mondo del futuro  dev’essere comune, ed i diritti degli  esseri umani devono stare al disopra dei diritti   individuali… E sarà un mondo ricco, dove i diritti saranno  tutti uguali per tutti…”

 

- Come si ottiene  questo, Comandante?

 

“Educando… educando e creando amore e fiducia”.