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Fidel, Malcolm X e la |
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20.09.10 - Enrique Ubieta Gómez www.granma.cu
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Oggi 19 settembre si compie mezzo secolo dall’incontro di Fidel e Malcolm X, nell’hotel Theresa de Harlem, New York.
Per intendere il contesto di quell’incontro, si devono conoscere i fatti che lo circondavano: la Rivoluzione cubana trionfante, presieduta dal suo giovane leader partecipava ad una Sessione Generale delle Nazioni Unite.
Il governo nordamericano, prepotente, negava di dare un trattamento ufficiale ai cubani ed i più importanti e sontuosi alberghi di Manhattan chiusero le porte o posero condizioni inaccettabili alla delegazione dell’Isola.
Il quartiere negro della città ed il suo Hotel Theresa le apersero senza esitazioni.
Malcolm X facilitò il trasferimento dei cubani ed organizzò una guardia a difesa nei dintorni dell’installazione.
Il Theresa si trasformò nel centro alternativo di una nuova epoca che iniziava: migliaia di residenti di Harlem si riunirono giorno e notte di fronte all’hotel, per acclamare e sostenere la presenza di Fidel.
Erano anni d’aperta segregazione razziale negli Stati Uniti: quartieri, scuole, ristoranti ed anche i posti a sedere sugli autobus si riservavano in forma esclusiva per i bianchi e molti leader negri lottavano per i diritti civili della loro comunità.
Malcolm X era allora un leader negro che combatteva in forma prioritaria la discriminazione razziale.
Per questo è importante segnalare l’istinto di classe che condusse questi combattenti per i loro diritti a capire che la Rivoluzione cubana rappresentava anche loro.
Il reportage sul fatto, pubblicato dalla rivista Bohemia nell’ottobre del 1960, riferiva che: “Quando migliaia di cittadini negri gridavano la notte scorsa ‘Vogliamo Castro’, quello che gridavano in realtà era ‘Vogliamo un Castro’.
Malcom X dirà durante l’incontro che: “Finchè lo Zio Sam parla male di Fidel, significa che questi fa bene le cose”.
Erano tempi di cambio ed in quella settimana coincisero a New York Jawaharlal Nerhu dell’India, l’egiziano Gamal Abdel Nasser, gli africani Sekou Touré della Guinea e Kwame Nkrumah del Ghana, Nikita Jruschov dell’Unione Sovietica e Josip Broz Tito della Yugoslavia, tra gli altri.
L’Assemblea formalizzava l’entrata dei 14 nuovi Stati sovrani, 13 africani. Le strade di Harlem non solo si riempivano di residenti ma anche di migliaia di latinoamericani che esprimevano la loro solidarietà con Fidel e la Rivoluzione cubana.
Jruschov e Nasser andarono all’hotel per incontrare il rivoluzionario cubano.
“La presenza del leader della Repubblica Araba Unita ha reso più complesso il panorama razziale di questo distretto — scriveva Bohemia nel suo reportage—, aggiungendo contingenti arabi alla mobilitazione generale”.
Nell’edificio delle Nazioni Unite si sferravano altre battaglie: il disinteresse statunitense per il disarmo che proponevano i sovietici; la complicità dell’organismo internazionale con l’imperialismo nella guerra destabilizzatrice del Congo, che tentava di far cadere il primo ministro Lumumba (poi assassinato); il debito morale e materiale dei paesi occidentali mai saldato, con i popoli africani; l’esempio della Rivoluzione cubana e la parola affilata del suo leader.
Fidel rompeva il protocollo spontaneamente ed apriva una nuova era d’irriverenza sociale e politica. Il suo discorso fu interrotto 30 volte —in forma assolutamente inusuale—dagli applausi. Gli arabi, gli asiatici, i rivoluzionari cubani, s’incontravano per la prima volta, si applaudivano e si appoggiavano reciprocamente.
L’ammirazione di Malcolm X per la Rivoluzione cubana e la rapida radicalizzazione del suo pensiero avevano come sfondo il contesto internazionale delle lotte popolari.
Per essere il leader dei negri, l’afroamericano si sarebbe trasformato nel leader di tutti gli oppressi, un combattente anticapitalista. Quel cambio radicale gli costò poi la vita.
Il Suo concetto di “rivoluzione negra” acquistò rapidamente un senso classista : “Ora la rivoluzione negra si sta sviluppando in Africa, e Asia e America Latina; e quando dico “rivoluzione negra” — sono parole sue del 1964 — mi riferisco a tutti coloro che non sono bianchi. I negri, i mulatti i rossi ed i gialli, cioè gli sfruttai del sud, che include quelli del nord. Nel 1965 disse ancor più chiaramente: “Non è corretto classificare la rivolta dei negri come un semplice conflitto razziale dei negri contro i bianchi o come un problema puramente nordamericano. Quello che vediamo è una ribellione globale degli oppressi contro gli oppressori, degli sfruttati contro gli sfruttatori.
Nel 1964, il Che partecipò, rappresentando Cuba, ad una sessione dell’Assemblea delle Nazioni Unite e Malcolm X lo invitò a partecipare ad un incontro dell’ Organizzazione dell’Unità Afro Americana — al quale partecipò Babu, un alto dirigente della Tanzania, il cui capo di governo era allora Julius Nyerere.
Il Comandante guerrigliero non riuscì a partecipare, ma inviò un messaggio solidale, che il leader afroamericano lesse.
Nel messaggio ricordava la visita di Fidel ad Harlem e terminava con questa frase: “Uniti vinceremo!”. Sia la Rivoluzione cubana che Malcom X erano preoccupati per i fatti del Congo, perchè i rivoluzionari congolesi, dopo l’assassinio di Lumumba, lottavano in condizioni disuguali contro il governo pro imperialismo che era stato imposto.
Ma Malcolm X fu assassinato a sua volta il 21 febbraio del 1965.
“Tutti gli uomini liberi si devono impegnare a vendicare il crimine del Congo”, aveva detto Che Guevara nelle Nazioni Unite, e lo stesso Che, con un pugno di cubani, andò tra aprile e dicembre del 1965 nelle selve congolesi, combattendo gomito a gomito con i fratelli africani.
Malcolm X non vide sino a dove sarebbe giunto lo spirito internazionalista della Rivoluzione cubana, che dieci anni dopo si sarebbe impegnata nel processo definitivo di liberazione dell’Africa nelle terre angolane.
“Per il popolo cubano l’internazionalismo non è solo una parola, ma è qualcosa che abbiamo visto mettere in pratica a beneficio di grandi settori dell’umanità”, ha affermato Nelson Mandela il 26 luglio del 1999.
Un internazionalista nordamericano, negro come Malcolm X, ha dedicato anche lui la sua vita alla lotta contro l’ingiusto blocco economico del suo paese contro Cuba, e mi riferisco al reverendo Lucius Walker, recentemente deceduto a New York.
Sono momenti dell’altra storia delle relazioni tra i popoli di Cuba e degli Stati Uniti, la storia della rivoluzione negra, che un giorno dovremo scrivere.
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