|
|
Una lettura imprescindibile
Parole di Ricardo Alarcon
de Quesada nella presentazione del libro "Cuba-Stati Uniti. Dieci
tempi di una relazione" di Ramon Sanchez Parodi nella Casa dell’Alba |
|
8.09.11 - www.granma.cu
|
|
Il libro di Ramon Sanchez Parodi ('Cuba-USA Dieci tempi di una relazione'), dev'essere accolto per quello che è, un grande evento intellettuale, chiamato a lasciare traccia trascendentale tra i suoi lettori che si spera saranno molti a Cuba e non solo. Si tratta di un nuovo contributo per cui ringraziamo Oceano Sur sempre impegnata nel diffondere testi preziosi per la lotta dei popoli per la loro emancipazione.Questa opera si occupa con precisione rigorosa, linguaggio preciso ed invidiabile sintesi di mezzo secolo di relazioni tra Cuba e gli Stati Uniti da Eisenhower ad Obama. Non manca alcun episodio rilevante e tutti sono spiegati con documenti ufficiali e prove a disposizione di ogni studioso. Ma non si limita a tale periodo. Il primo tempo descrive, con lo stesso rigore, quello che è successo da quando le tredici colonie nord americane si separarono dall'Inghilterra. Il nuovo stato, come Chomsky ha ricordato, è nato sostenuto da due forze che non hanno mai smesso di guidarlo: l'espansionismo ed il razzismo. Impadronirsi di Cuba è stato uno dei suoi primi obiettivi, chiaramente definito da Thomas Jefferson e diventata una sorta di norma imperativa per la cosiddetta "classe politica" e buona parte dell’ intellettualità e della stampa. Parodi lo riassume: "I vari governi e presidenti nordamericani hanno agito sistematicamente contro ogni possibilità che Cuba uscisse dal dominio spagnolo e cadesse nelle mani di un’altra potenza che non fosse gli Stati Uniti." Ma, osserva, "non fu una attesa statica e immobile." Washington dispiegò una diplomazia molto attiva per far fallire ogni pretesa delle potenze europee e anche per impedire i progetti liberatori di Bolivar; represse e perseguitò ferocemente la emigrazione patriottica cubana dando sostegno materiale e logistico all'esercito coloniale in una condotta che ha portato il Padre della Patria a scoprire che "il segreto della sua politica è quello di impossessarsi di Cuba". Promosse e aiutò ad articolare la tendenza annessionista della aristocrazia zuccheriera schiavista i cui rappresentanti parteciparono alle riunioni della Casa Bianca, citate nel libro, che ebbero luogo prima della nascita della maggior parte dei combattenti della Grande Guerra. La corrente annessionista era uno strumento servile della strategia imperiale, ma alla fine finì in una profonda frustrazione che si riflette nel suo esponente più in vista, José Ignacio Rodríguez: Cuba non è stata incorporata nella nazione nordamericana come uno stato in più ma bensì, trattata come un possesso, rimase sottomessa alla condizione di stato vassallo malamente travestito da repubblica. Il libro aiuta a dissolvere il mito attentamente fabbricato da una potente macchina propagandistica il cui compito è quello di ingannare e istupidire. Non sono pochi coloro che ancora fanno riferimento al conflitto tra la nazione cubana e l'imperialismo degli Stati Uniti con la fuorviante espressione "controversia". Alcuni continuano ad impiegarlo nei testi in in cui non manca il linguaggio sinuoso ed occulto. Come Parodi dimostra, questo conflitto non è altra cosa che l’inevitabile scontro della nazione, liberata il 1 gennaio 1959, con la potenza che la soggiogava e da quel giorno è determinata a ristabilire il suo dominio. Questo e solo questo spiega il comportamento di undici amministrazioni per più di mezzo secolo. Capitolo dopo capitolo, senza dimenticare nessuno aspetto rilevante, il libro esamina ogni momento di questa lotta esponendo le ragioni per Cuba e polverizzando le false argomentazioni nordamericane. Voglio sottolineare solo alcuni momenti chiave di questa lunga storia. I cultori dell’inventata "disputa" sono soliti tergiversare con un dato elementare: quando e perché è cominciata? Su questo enigma non risolto nell’abbondante produzione di molti "cubanologi" si intrecciano elucubrazioni, a volte divertenti, per esempio, il tentativo di stabilire una data esatta all'inizio della guerra economica imposta a Cuba, che riducono al cosiddetto "embargo", o quando si cerca di decifrare la dinamica dello scontro e del suo sviluppo per oltre mezzo secolo. Lo scontro di Washington con il movimento rivoluzionario cubano cominciò prima che Fidel Castro scendesse vittorioso dalla Sierra Maestra. L'amministrazione Eisenhower diede pieno sostegno politico, economico e militare al regime di Batista, fino all'ultimo giorno; manovrò cercando di fabbricare una "terza forza" per sostituirlo quando il suo crollo era evidente ed alla fine fu favorevole all'installazione di una giunta militare che facilitò la fuga del dittatore e dei suoi principali collaboratori. Fu allora, quando ancora il nuovo governo non si era stabilito in L'Avana, che Washington ha iniziato la sua guerra economica contro Cuba. I fuggitivi di Batista si portarono via la quasi totalità delle riserve di valuta cubana, la trasferirono negli Stati Uniti in voli organizzati dall’ambasciata USA, in un'operazione di saccheggio senza precedenti che mise Cuba sull'orlo della bancarotta, all'inizio di gennaio 1959. Ovviamente niente aveva fatto il governo rivoluzionario per provocare l'ostilità di Washington, non avrebbe potuto nemmeno tentarlo, perché il nuovo governo non era ancora nato. Inutile dire che a Cuba non è stato restituito un solo centesimo e nessuno dei ladri ha ricevuto punizione. Che spoliazione, stimata a più di 400 milioni di $ dell’epoca; è stato la fonte del potere economico della mafia annessionista-batistiana e non i suoi presunti successi negli affari come amano lodare i propagandisti dell’ impero ed i non pochi inventati 'specialisti' negli affari cubani. Della vera origine di queste fortune nessuno parla, neppure menzionano i privilegi, assolutamente unici, che avrebbero ricevuto per via dell’esenzioni fiscali questi ed altri antichi sfruttatori che lasciarono Cuba. Pochi temi sono stati tanto falsificati e manipolati come quello dell’emigrazione cubana verso gli Stati Uniti.
Il punto di partenza è ignorare completamente le sue profonde radici nella storia nazionale, il suo carattere veramente di massa all’inizio della guerra grande, nel 1868 e la brutale repressione dei suoi ‘volontari’, che secondo dati ufficiali spagnoli, provocò tra febbraio e settembre del 1869 e solo nel porto de L’Avana, la partenza verso il nord di più di 100000 cubani, uno di ogni dodici della popolazione, il maggior esodo dell’Isola, assolutamente superiore a qualsiasi altro successivo.
Il suo carattere continuato durante la pseudo Repubblica raggiunse livelli allarmanti nel 1958, quando Cuba era superata solo dal Messico e, stando alle statistiche ufficiali nordamericane, l’emigrazione cubana era più numerosa di quelle, tutte insieme, degli altri paesi del continente.
Quella era la situazione migratoria nel gennaio del 1959 tra Cuba e gli Stati Uniti; i cubani erano, e di molto, il principale gruppo migratorio dopo quello messicano verso gli USA.
D’improvviso all’inizio di quell’anno cominciarono ad arrivare gli yacht e nei successivi voli organizzati dall’ambasciata yankee, centinaia di malfattori, ricercati e beneficati dell’ex regime. Tutti furono accolti con le braccia aperte, ricevettero benefici speciali e sorprendenti espressioni d’appoggio pubblico ai più alti livelli del governo.
Quel trattamento privilegiato incontrò un riflesso legislativo con la Legge de Ajuste Cubano, promulgata nel 1966.
Si è scritto molto sul carattere sovversivo di questa Legge e sulla sua irresponsabile promozione dell’emigrazione illegale e disordinata, con l’uso della violenza, e che ha provocato morti e sofferenze tra i cubani.
Voglio segnalare un aspetto che fa di questo un testo completamente differente da qualsiasi altra legislazione approvata da Washington. Per aggiustare la situazione legale dei diversi gruppi migratori tutte queste leggi cercavano di dare benefici agli integranti del gruppo nazionale in questione che s’incontrasse in territorio nordamericano alla data della promulgazione della norma.
La Legge di Ajuste Cubano esplicitamente escluse dai suoi benefici la totalità dell’emigrazione cubana, perchè si riferisce solo a coloro che erano giunti lì “il primo gennaio del 1959 o dopo”.
La menzione di questa data ripetuta varie volte è la consacrazione dell’intima solidarietà di Washington con i batistiani e apertura verso il futuro della sua applicazione le conferisce il suo senso di volgare provocazione politica.
Nessuno si è domandò le conseguenze che quell’infame testo ebbe per le decine di migliaia di emigranti cubani che erano entrati nel paese prima del 1º gennaio del 1959, e che furono discriminati con brutalità.
La propaganda imperiale offende tutti i cubani; se si offrissero ad altri i benefici che – si presume - danno ai cubani, il territorio nordamericano sarebbe virtualmente occupato da un’incontenibile ondata di stranieri.
E per questo che mai, nè prima nè dopo, Washington ha proposto una cosa simile per qualsiasi altro gruppo umano.
I risultati si vedono: secondo le cifre ufficiali nordamericane, l’emigrazione cubana che occupava il secondo posto nel 1958 è scesa a meno dell’ottavo scalino, spiazzata da tanti altri paesi latinoamericani che non contano, senza dubbio, con una legge di Aduste.
Tutto questo si riferisce all’emigrazione legale. Il contrasto sarebbe anche maggiore se si contassero i detti ‘illegali’, nessuno dei quali, come si sa, è cubano.
Nonostante tutto questo la propaganda anticubana ha fabbricato l’immagine di un popolo che vuole disperatamente andarsene.
E anche peggio. Secondo la propaganda, i cubani non emigrano: scappano, fuggono in cerca di un rifugio.
Colossale menzogna smentita dai fatti. Questi emigranti sono, dopo i canadesi, coloro che visitano di più Cuba, e quello di Miami è l’aeroporto con più voli verso l’Isola, tutti strapieni di cubani.
Per mezzo secolo sono stati falsificati volgarmente i dati sull’emigrazione cubana, Politici, giornalisti e accademici hanno ripetuto senza arrossire che milioni di compatrioti se ne sono andati da Cuba nel periodo rivoluzionario.
Questa falsità evidente si reitera, anche se viene poi contraddetta apertamente dalle informazioni che pubblicano ogni anno l’Ufficio di Censimento e il Servizio di Migrazione degli Stati Uniti.
Nella relazione più recente, di quest’anno, per la prima volta i cubani sono al disotto della cifra di un milione, che include anche tutti coloro che sono nati là, e ovviamente non sono mai ‘fuggiti da Cuba’.
Permettetemi di ritornare alla famosa "disputa". Molto inchiostro e carta sono
stati consumati in inutili disquisizioni sulla dinamica delle relazioni tra i
due paesi negli ultimi 50 anni.
|
|