Colpo definitivo alla credibilità di Reporter senza Frontiere: Robert Ménard, fondatore e padre padrone dell’organizzazione fino al 2008, quando ha scelto di passare ad una ricchissima quanto fantomatica fondazione con sede a Doha, che al momento non ha neanche un sito Internet funzionante, si è schierato con la destra fascista appoggiando la campagna elettorale del Front National francese di Jean-Marie Le Pen e quella presidenziale di sua figlia Marine.
Per Robert Ménard (Orano, 1953), piede nero (francese d’Algeria) e figlio di un fascista commilitone di Jean-Marie Le Pen nell’OAS, è il traguardo di un percorso che lo riporta alle origini, dalle quali probabilmente non si era mai allontanato se non tatticamente. Spacciatosi per buona parte della sua vita come liberale, libertario e persona di sinistra, Ménard aveva via via rotto gli argini, spostando RSF da una presunta origine liberal-progressista verso un suprematismo occidentalista completamente identificato nella politica di George Bush.
Nel corso di questi anni ha fatto parlare di sé per posizioni sempre più estreme, islamofobe, omofobe, per la pena di morte e a favore della tortura. Oggi, dopo aver abbandonato RSF, il libello “Vive le Pen”, a giorni in libreria a Parigi e firmato con la moglie, Emmanuelle Duverger, vuole essere la risposta di estrema destra a “Indignez-vous!” (Indignatevi!) di Stéphane Hessel. Nel pamphlet Ménard prova ancora a vendersi come paladino della libertà d’espressione ma per denunciare stavolta la discriminazione da parte dei media e della politica francese, in particolare di quelli di sinistra, contro l’estrema destra e la censura contro le “idee” razziste e fasciste propagandate dal Front National. Furbo come una volpe Ménard cita continuamente Voltaire (darebbe la vita per permettere al negazionista della Shoah Robert Faurisson di dire la sua, sic) e non ammette ancora di voler entrare in politica nel Front National ma ci gira intorno e sostiene di considerare giuste le motivazioni degli elettori del FN oltre che il programma di quel partito.
Quella sul coming out fascista di Ménard, che di fronte alle crescenti polemiche in Francia si è già dichiarato vittima di un “processo per eresia” da parte dei benpensanti di sinistra e che sta impostando tutta la propaganda sulla denuncia dell’intolleranza contro di sé e contro il FN, è una notizia di quelle imbarazzanti e di conseguenza i grandi giornali italiani finora la stanno ignorando.
Per anni infatti “Reporter senza frontiere”, che si presentava come una ONG liberal-democratica se non apertamente progressista, ha avuto entusiasta stampa sui grandi media italiani che pendevano e pendono dalle labbra di questa organizzazione e dalle sue denunce tralasciando il fatto che da più parti Ménard e RSF erano accusati di amnesie selettive al momento di scegliere di quali casi occuparsi. Non importava quanto squilibrate fossero le denunce contro violazioni della libertà d’espressione vere o presunte (tanta Cuba e ancor di più Venezuela e niente Messico, Colombia o Honduras per semplificare). Tutto quello che proveniva da RSF era preso e pubblicato come oro colato. Quei pochi studiosi che in questi anni si sono permessi di far rilevare le crescenti incongruenze di tale organizzazione e il fatto che questa fosse tutt’altro che neutra nel difendere la libertà di stampa e d’espressione, sono stati puntualmente diffamati e demonizzati come pericolosi estremisti.
La verità era però sotto gli occhi di chiunque volesse vederla.
Mentre RSF contribuiva a creare il caso Yoani Sánchez a Cuba (che per fortuna nessuno ha mai incarcerato, né torturato), si disinteressava completamente a tutti i blogger che in decine di paesi sono incarcerati e in qualche caso uccisi, ma hanno la sfortuna di vedere conculcati i loro diritti da un governo autoritario vicino agli interessi degli Stati Uniti. Mentre in Venezuela RSF schierava quotidianamente l’artiglieria contro il governo di Hugo Chávez, difendendo a spada tratta anche media apertamente golpisti, come RCTV, nulla diceva dei giornalisti ammazzati dalla dittatura hondureña di Roberto Micheletti.
Mentre denunciava la mancanza di libertà di espressione in Cina o in Iran teneva uno scrupoloso silenzio su casi come quello dell’Iraq o di altri paesi “amici” del golfo persico e sugli attacchi deliberati ai media commessi dalle truppe alleate che portarono per esempio alla morte del cameraman di Tele5 José Couso.
Tutto ciò rispondeva ad una precisa logica economica e politica. E’ stato ripetutamente denunciato e infine ammesso che Reporter senza Frontiere era finanziata, oltre che direttamente dalla CIA, dalle più importanti fondazioni filo-repubblicane statunitensi, come Freedom House o National Endowment for Democracy, in genere organiche al governo di George Bush. Tali fondi non servivano per fomentare la libertà di espressione ma per orchestrare vere e proprie campagne di disinformazione e diffamazione contro sgoverni sgraditi nelle quali RSF è stata più volte presa con le mani nel sacco. Purtroppo, denunciare come RSF non avesse in maniera terza a cuore la libertà di stampa, ma fosse uno strumento per la politica di “regime change” bushiano, laddove l’eufemismo del cambio di regime voleva dire cambiare un regime (autoritario o democratico poco importa) con uno amico degli Stati Uniti, in genere autoritario, ha portato finora all’ostracismo di chi, documentatamente, tali denunce presentava.
Ancor più difficile è stato far luce sulla sinistra figura dell’uomo simbolo di RSF, Robert Ménard. Per anni tenutosi al coperto sotto la conveniente bandiera del politicamente corretto, questo si era via via liberato di ogni remora. Nell’agosto 2007 la sua aperta difesa dell’uso della tortura fu oggetto dell’ultima denuncia del grande Franco Carlini prima di morire. Quella sulla tortura non era l’ultima ignominia di Ménard, omofobo, favorevole alla pena di morte (salvo che in Cina) e islamofobo (vorrebbe privare i musulmani della cittadinanza francese) come un Borghezio qualsiasi e nonostante citi Voltaire a ogni pié sospinto.
A ben guardare non c’è nulla di strano nell’approdo di Ménard al Front National. Ma quelli che l’hanno difeso ed esaltato in questi anni e hanno disdegnato i dubbi di chi avanzava legittime preoccupazioni sul caso RSF, dovrebbero avere l’onestà intellettuale di non negare questa informazione e, possibilmente, fare autocritica.