Mentre
l’amministrazione del Presidente Barack Obama mantiene intatta la politica del
bloqueo, crescono nel mondo
intero le voci che rifiutano la permanenza di questo assedio economico,
commerciale e finanziario contro Cuba. La più recente
relazione
dell’isola caraibica presentata all’Assemblea Generale dell’Organizzazione delle
Nazioni Unite (ONU) sulla necessità di mettere fine a questa politica segnala,
incluso, “un’opposizione senza precedenti dentro gli stessi Stati Uniti”.
Sottolinea che il rappresentante John Tanner, Presidente del Sottocomitato di
Commercio del Comitato dei Mezzi e degli Arbitrati della Camera dei
Rappresentanti del Congresso Statunitense, ha affermato nell’aprile del 2010 che
sono falliti gli obiettivi del bloqueo.
In un’udienza convocata per trattare la situazione della nazione dei Caraibi,
Tanner ha ugualmente sottolineato che questa politica ha chiuso il mercato
cubano ai lavoratori, ai proprietari terrieri ed agli uomini d’affari
nordamericani.
Un altro esempio illustrativo è quello del giugno del 2010, quando l’ex
presidente James Carter, ha sollecitato ad Obama di togliere il bloqueo contro
l’arcipelago per considerarlo “controproducente”.
“Non sono d’accordo con le sanzioni contro i popoli di nessun paese”, ha
aggiunto.
Secondo la relazione, questa politica ha creato all’isola perdite superiori ai
975mila miliardi di dollari, cifra che prende in considerazione la svalutazione
del dollaro di fronte all’oro dal 1961 al 2010.
Questi danni si fanno sentire, specialmente, nelle aree molto sensibili della
società come sono quella della salute, dell’educazione, dell’alimentazione e
anche del settore finanziario e bancario, del commercio estero e
dell’investimento straniero.
Precisamente, nel settembre del 2010, l’ONG, Amnisty Internacional ha pubblicato
“Il bloqueo statunitense contro Cuba. Il suo impatto nei diritti economici e
sociali”, in cui assicura che le sanzioni imposte all’isola impediscono
specialmente l’accesso della popolazione ai medicinali ed alla tecnologia
medica.
Ha indicato che mettono in pericolo la salute di milioni di persone ed ha
esortato il mandatario statunitense a togliere queste misure, di non rinnovare
le sanzioni imposte contro Cuba in virtù della Legge di Commercio con il Nemico.
Da parte sua, il senatore Bryron Dorgan, in un intervento del plenum del Senato
dove si analizzava il progetto di legge a favore della libertà di viaggiare alla
nazione delle Antille, ha considerato immorale utilizzare gli alimenti ed i
medicinali come se fossero armi.
Inoltre, “è impensabile il fatto di punire il governo cubano restringendo i
diritti del popolo nordamericano, ed è questo ciò che abbiamo fatto durante 50
anni”, ha enfatizzato Dorgan, questionando l’autorità che ha il governo per
decidere dove possono viaggiare o no gli statunitensi.
Anche nel 2010, l’Assemblea Annuale Speciale Congiunta del Consiglio Nazionale
delle Chiese di Cristo degli Stati Uniti, il Servizio Mondiale delle Chiese ed
il Consiglio Latinoamericano delle Chiese, hanno approvato una risoluzione che
esorta ad avviare un cambiamento nei rapporti tra entrambi i paesi.
Si è anche espresso per l’eliminazione delle restrizioni dei viaggi dei
nordamericani sull’Isola, per il sollevamento del bloqueo, così come per la
revisione delle sentenze imposte ai
Cinque antiterroristi
dell’arcipelago incarcerati nella nazione settentrionale dal 1998.
Gerardo Hernandez, Antonio Guerrero, Renè Gonzalez, Ramon Labañino e Fernando
Gonzalez, compiono estese condanne negli USA per monitorare le organizzazioni
terroriste anticubane radicate nella Florida.
Nello stesso modo, nel maggio del 2011 il Reverendo nordamericano Jesse Jackson,
ex candidato alla presidenza e famoso attivista per i diritti civili del suo
paese, ha fatto alcune dichiarazioni sul tema in un’intervista con Prensa Latina
a Doha, capoluogo del Qatar.
“Se abbiamo potuto (riguardo al governo nordamericano) conversare, capirci e
stabilire rapporti con la Cina, che ha un’ideologia diversa dalla nostra, è
un’idea antiquata il fatto di non poterlo fare con Cuba”, ha sentenziato.
Intanto, l’amministrazione nordamericana continua affermando pubblicamente la
presupposta necessità di preservare il bloqueo come “strumento di pressione” e
mantiene i condizionamenti d’ordine interno come requisito per modificare la
politica rispetto a Cuba.
Le autorità dell’isola denunciano che, sebbene il governo di Obama abbia
adottato alcune misure positive, queste sono insufficienti e limitate
estremamente e non hanno l’intenzione di alterare il complesso gruppo di leggi,
regolazioni e disposizioni che conformano questa politica.
Il 25 ottobre
l’Assemblea Generale dell’ONU ha votato per la ventesima volta consecutiva la
relazione sulla “Necessità di mettere fine al bloqueo economico, commerciale e
finanziario imposto dagli Stati Uniti contro Cuba”: 186 stati votarono a favore,
due contro (Stati Uniti e Israele), Svezia e Libia erano assenti, tre si sono
astenuti (Isole Marshall, Palau e Micronesia).
Nell’ottobre
2010, 187 nazioni hanno votato a favore
dell’eliminazione di questa politica unilaterale qualificata come assurda,
illegale, moralmente insostenibile ed il principale ostacolo economico
dell’arcipelago.
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