28 giugno 2012 - A. Riccio www.giannimina-latinoamerica.it
L’America Latina innovatrice e progressista, multietnica e multiculturale, quella che ha cominciato a rivendicare la gestione del proprio territorio, la sovranità delle nazioni, la non ingerenza, il rifiuto delle privatizzazioni e della svendita delle risorse, non ha mai avuto vita facile, ma adesso l’attacco è su molti fronti ed è mascherato da parole ideologicamente menzognere e da rivendicazioni che, dietro qualche principio giusto, nascondono i soliti, bassi interessi di sfruttamento.
Dopo aver dichiarato decaduto il Presidente Lugo del Paraguay per i gravi incidenti occorsi a Curuguaty - che avrebbe dovuto fare di Silvio Berlusconi il nostro parlamento dopo i fatti del G8 di Genova? - adesso di fa più duro l’assedio a Evo Morales, fra tutti i Presidenti progressisti del “Continente reaparecido”, quello a cui tocca il compito più difficile in quanto indio aymara chiamato a governare e quindi a cercare di realizzare la quadratura del cerchio fra le richieste delle popolazioni native che hanno dalla loro solo lo strumento della protesta, e la classe dirigente bianca che non ha mai smesso di mettere i bastoni fra le ruote, di destabilizzare e di lavorare in combutta con il potente vicino del Nord, quegli Stati Uniti che, distratti dalla loro politica d'ingerenza in Medio Oriente, sembrano adesso intenzionati a riprendersi le redini del comando sul continente americano. Il Presidente della Bolivia, Evo Morales, è certo un agnello in mezzo ai lupi della politica, è un uomo che porta nelle massime istanze dello stato boliviano la sua cultura e la sua grammatica; è questo, per me, uno degli aspetti più interessanti e nuovi del suo governo e penso che sarebbe utile ascoltarlo e prestare attenzione alle sue parole. Pochi giorni fa, quando già il suo paese fronteggiava le violente manifestazioni dei poliziotti, la marcia di protesta delle popolazioni native e molti altri problemi, ha voluto essere presente alla Conferenza indetta dall’ONU e chiamata Rio+20, disertata e vanificata dalle nazioni più potenti, per lasciare questo messaggio che vale la pena leggere nella traduzione che ne ha fatto l’associazione A Sud, sempre presente in questi incontri da cui dipende il nostro futuro di abitanti del pianeta.
L’ECONOMIA VERDE È IL NUOVO COLONIALISMO
PER SOTTOMETTERE I NOSTRI POPOLI
I popoli del Sud oggi festeggiano il nuovo anno Andino Amazzonico, festeggiano l’Inti Raimy, in quechua Festa del Sole, l’Inca Cuti, in Aymara il ritorno del padre sole, l'orologio cosmico che ci indica i secoli della Madre Terra. Oggi anche in Bolivia è festa, festeggiamo l’anno nuovo andino amazzonico. Voglio fare gli auguri a tutti i popoli del sud, specialmente al movimento indigeno, ai popoli originari.
Vent’anni fa, al Vertice della Terra realizzato qui in Brasile, si poneva una riflessione profonda sulla vita e sull’umanità prendendo in considerazione il nostro pianeta terra. Ricordo il grande messaggio di un uomo saggio, Fidel Castro, presidente e Comandante della Cuba Rivoluzionaria che ci diceva «ammazzate la fame, non l’uomo, pagate il debito ecologico, non il debito estero». Adesso ci rendiamo conto che quest’uomo aveva ragione, quando affermiamo che bisogna condannare il debito del sistema capitalista, giacchè noi Paesi cosiddetti poveri, o in via di sviluppo, sentiamo che il debito dei paesi capitalisti è impagabile.
In questa conferenza è importante fare profonde riflessioni tenendo presenti le generazioni future. Si discute sulla cosiddetta Economia Verde che, secondo il sentimento dei movimenti sociali del mondo, e specialmente del movimento indigeno, è il nuovo colonialismo per sottomettere i nostri popoli e i governi anticapitalisti.
L’ambientalismo dell’economia verde è un nuovo colonialismo con doppia faccia, da una parte è un colonialismo della natura, dato che commercializza le risorse della vita e dall’altro è un colonialismo dei paesi del Sud, che portano sulle loro spalle la responsabilità di proteggere l’ambiente distrutto dall’economia capitalista industriale del Nord.
Questo cosiddetto ambientalismo commercializza la natura convertendo ogni albero, ogni pianta, ogni goccia d’acqua e ogni essere della natura, in una merce sottomessa alla dittatura del mercato che privatizza la ricchezza e socializza la povertà.
L’economia verde usurpa la creatività della natura, che è patrimonio comune di tutti gli esseri vivi esistenti, con il fine di espropriarla per il tornaconto privato giustificato con la stessa scusa della tutela della natura. È una strategia imperialista che quantifica le nostre risorse naturali: ogni fiume, ogni lago, ogni pianta ogni prodotto naturale viene tradotto in denaro, per il profitto aziendale e la loro privata appropriazione. Nel conferire una redditività economica alla natura, la fonte di vita di tutte le generazioni si converte in un bene privato per il beneficio di alcune persone. Tale redditività è solamente una delle realizzazioni del capitalismo distruttore.
Ma l’ambientalismo del capitalismo, l’economia verde, è anche un colonialismo depredatore perché permette che gli obblighi che hanno i paesi sviluppati di preservare la natura per le generazioni future, siano imposti ai paesi chiamati in via di sviluppo, mentre i primi si dedicano in modo implacabile a distruggere l’ambiente. I paesi del Nord si arricchiscono grazie a un’orgia depredatoria delle fonti naturali della vita e ci obbligano, noi paesi del Sud, ad essere i loro guardaboschi poveri.
Hanno la pretesa di eliminare la nostra sovranità sulle nostre risorse naturali, limitando e controllando l’uso e lo sfruttamento delle nostre stesse risorse. Vogliono creare meccanismi d’intromissione, per erigere, monitorare, giudicare e controllare le nostre politiche nazionali. Hanno la pretesa di giudicare e castigare l’uso delle nostre risorse con argomenti ambientalisti.
Vogliono uno Stato debole, con istituzioni deboli, sottomesse, senza organizzazione, che gli regali le risorse naturali, come è sempre successo nella storia. Per questo è così importante una profonda riflessione in questa conferenza internazionale, su come il capitalismo dell’economia verde promuove la privatizzazione e la commercializzazione della biodiversità e il traffico delle risorse genetiche. La biodiversità per l’Economia Verde non è Vita è un affare, per questo arrivo alla seguente conclusione: in questa conferenza, per il capitalismo la vita non è un diritto ma soltanto un affare e utilizza l’ambiente con fini colonizzatori.
Cari presidenti, non è possibile che la cosiddetta civilizzazione di 200 o 300 anni possa distruggere la vita armoniosa nella quale hanno vissuto i popoli indigeni per più di 5000 anni, questa è la profonda differenza tra l’occidente e i paesi del sud, specialmente con i movimenti sociali che vivono in armonia con la Madre Terra.
Un piccolo contributo dalla Bolivia per questa lotta è l’approvazione della Legge della Madre Terra e sviluppo integrale per vivere, approvata due giorni fa dal Senato, il suo obiettivo è vivere bene in sviluppo integrale attraverso l’armonia e l’equilibrio con la Madre Terra, per costruire una società giusta, equa e solidaria e senza povertà.
Per ottenere lo sviluppo integrale abbiamo bisogno di realizzare in modo complementare, compatibile e interdipendente i seguenti diritti:
1. I diritti della Madre Terra
2. I diritti dei popoli indigeni
3. I diritti dei poveri a superare la povertà
4. Il diritto del popolo boliviano a Vivere Bene
5. Il diritto e l'obbligo dello Stato allo sviluppo sostenibile
Non possiamo svilupparci senza toccare la Natura, ne' svilupparci distruggendo la Natura, per questo la nostra legge propone la complementarietà di questi diritti. Oltre a ciò la nostra Legge crea anche l’Ente Plurinazionale di Giustizia Climatica, per gestire l’adattamento e la mitigazione climatica e crea un Fondo Nazionale di Giustizia Climatica. Una piccola esperienza vissuta fino ad ora in Bolivia, con lo scopo del vivere bene del nostro popolo, è il recupero delle nostre risorse naturali. Attraverso questo la nostra economia nazionale è migliorata sensibilmente. Vi posso riportare tre esempi: l’impresa più grande della Bolivia, Yacimientos Petrolíferos Fiscales Bolivianos, nel 2005 rendeva appena 300000000 dollari, dopo la sua nazionalizzazione quest’anno riceverà 3500000000 dollari grazie alla lotta del popolo boliviano e alla realizzazione del suo mandato di nazionalizzare le nostre risorse naturali.
Sappiamo di essere un piccolo paese, chiamato paese povero e in sviluppo, le nostre riserve internazionali dell’anno 2005 erano 1700000000 dollari, quest’anno stiamo arrivando a 13000000000 di riserve internazionali. L’investimento pubblico in Bolivia nel 2005, prima che io arrivassi alla presidenza, era di 600000000 dollari, di cui il 70% erano crediti e donazioni, quest’anno l’investimento è programmato per più di 5000000000 dollari. Potete immaginare com’è cambiata la nostra economia dopo aver recuperato e nazionalizzato gli idrocarburi? E' un’esperienza molto importante il recupero delle nostre risorse naturali; con molto rispetto invito i paesi del mondo a recuperare e nazionalizzare le proprie risorse naturali. Le risorse naturali sono dei popoli e devono stare sotto il controllo dello Stato e non possono essere un beneficio economico delle transnazionali.
Un’altra esperienza riguarda i servizi di base, che non potranno essere mai un affare privato. In Bolivia ad esempio i servizi di telecomunicazione e l’acqua erano privati, dopo essere arrivato alla presidenza, è iniziata questa forma di recupero dei servizi di base. Lo Stato ha il dovere di dire no alle privatizzazioni, giacchè nessuna attività delle transnazionali ci aiuta a risolvere i problemi sociali così importanti in Bolivia.
Care compagne e compagni presenti, sarebbe veramente importante pensare alle generazioni future, e possiamo farlo solamente ponendo fine ai modelli di saccheggio che depredano e distruggono le nostre risorse naturali.
Il capitalismo non è una soluzione, mi dispiace molto che si stia creando un seguito alla cosiddetta economia verde, dato che questa è il nuovo colonialismo per sottomettere i popoli e i governi anti-imperialisti e anticapitalisti, per questo vi esorto a riflettere per il bene delle future generazioni, se vogliamo passare alla storia e se vogliamo che questo evento sia importante, non abbiamo altra alternativa: dobbiamo approvare un documento che permetta di porre fine alle politiche economiche, ecologiche e sociali che stanno portando il mondo alla distruzione dell’umanità.
Presidenti vi ringrazio per la vostra attenzione, giacchè è molto importante che tutti i popoli del mondo continuino a lavorare insieme.
Evo Morales Ayma - Presidente della Bolivia
Plenaria, Conferenza Onu Rio +20, Rio de Janeiro, 21 giugno 2012