Già da cinquanta anni, si è prodotta l’invasione della Repubblica di Cuba da parte di migliaia di mercenari allenati, equipaggiati, finanziati, trasportati e diretti dal governo nordamericano. La Rivoluzione ancora giovane, contando sulla coraggiosa azione delle milizie e delle giovani Forze Armate Rivoluzionarie, sotto la brillante conduzione del suo Comandante in Capo, Fidel Castro, direttamente dalla prima linea di fuoco, e con l’appoggio massiccio di tutto il popolo cubano, inflisse la prima ed umiliante sconfitta militare, politica e morale in America Latina al più grande e poderoso impero che ha conosciuto la storia dell’umanità.
Ma, come diceva Goethe, la storia normalmente si ripete, prima come un dramma e la seconda come una commedia. Playa Giron, sceneggiata nella Baia dei Porci, come si conosceva allora, è stata una battaglia nella quale ha vinto la ragione storica, la prodezza del popolo e la conduzione del capo della rivoluzione, contro una forza armata che cercava di stabilire un’entrata dal mare, installare un governo provvisorio che fosse riconosciuto immediatamente da tutti i complici dell’impero, che erano ben addomesticati. Come è universalmente conosciuto, ebbe tutte le caratteristiche di un vero dramma.
Dove è accaduta la commedia? Sembra davvero paradossale: è successa nella città che è stata la culla di tutto il processo d’indipendenza di un altro dei più grandi imperi della storia della Nostra America: a Caracas. E’ accaduta nell’Ambasciata di Cuba che, per legge universale, è parte inviolabile del paese al quale rappresenta, cioè, nel caso che commentiamo, una minuta porzione del territorio cubano, come lo conosce qualunque cittadino con una minima informazione. Piccola porzione territoriale che acquisì taglia di gigante davanti alla prodezza e dignità dei suoi rappresentanti, guidati dall’ambasciatore German Sanchez Otero.
Allora, il giorno 12 aprile 2002, un gruppo di gente, mescolanza di venezuelani diretti da Henrique Capriles Radonski e cubani controrivoluzionari, con lo stesso pensiero e la stessa intenzione di quelli che tentarono in Playa Giron, volle ripetere un’azione di simile natura politica ed etica, invadendo il territorio sovrano dell’Ambasciata di Cuba in Venezuela, dove appena c’era un piccolo gruppo di diplomatici, personale amministrativo, includendo donne e bambini.
Nei dintorni dell’Ambasciata, con le espressioni più conosciute dell’odio fascista, quando questo si manifesta; sotto la protezione della Polizia Municipale al comando del suo capo, Henrique Capriles Radonsky, i fascisti saltavano e colpivano, distruggendo veicoli dell’ambasciata, tagliavano l’elettricità e l’acqua, esprimendo con una perdita totale d’ogni senso della razionalità, “che dovranno mangiarsi i tappeti” per il “blocco” che sicuramente pretendevano imporre, come parte dell’accanimento imperialista che impone sull’isola della rivoluzione da cinquanta anni.
Ma non bastava tutto questo. Era necessario “invadere” questo territorio per ispezionare se lì si trovava il vicepresidente esecutivo Diosdado Cabello, per rapirlo e distruggere tutti gli organi del potere legale democratico del paese. Doppia commedia.
Avvisato dall’ambasciatore German Sanchez Otero che non avrebbero permesso sotto nessun pretesto tale invasione e che la respingerebbero a qualunque prezzo, Capriles chiese che gli fosse permesso entrare, cosa che è accaduta, previa autorizzazione dell’Ambasciatore, ma solo per un’intervista. Una volta dentro, chiese “percorrere” le installazioni dell’Ambasciata, sollecito che, ovviamente, fu respinto energicamente dall’Ambasciatore.
Quelli che hanno potuto apprezzare le immagini registrate di tali scene, potranno vedere gli occhi esagerati dell’allora sindaco Capriles Radonski e l’atteggiamento dominante con il quale pretendeva imporre la sua volontà sull’autorità dell’Ambasciatore, tentativo che, se avesse conosciuto un poco la storia di Cuba e dei suoi rivoluzionari, non avrebbe neanche sognato di fare. Ma come si dice, “l’ignoranza normalmente è molto audace”. Come poteva pretendere di ottenere quello che il più grande impero non ha potuto ottenere in cinquanta anni?
Infine, questo nuova Playa Giron, oltre a rappresentare una commedia grottesca, dimostrazione di totale ignoranza sulla legalità internazionale e di una mentalità chiaramente fascista, lascia tutto il popolo venezuelano di fronte alla riflessione, particolarmente per quelli che mostrano una certa simpatia per la sua candidatura per le elezioni del prossimo 7 ottobre, se un uomo con tali qualità potrebbe dirigere i problemi tanto complessi che espone oggi la politica venezuelana, nell’ambito interno come negli esteri; ancora di più quando non è stato capace di dimostrare il più piccolo segnale di autocritica per i suoi evidenti errori, per qualificarli in maniera molto generosa.
Sarebbe così, allora, come, se uscisse trionfatore, (fatto per fortuna impossibile) dirigerebbe la politica interna e le sue relazioni internazionali. Credo che non ci voglia troppo potere analitico per approdare alle conclusioni corrispondenti alle quali sta arrivando già un crescente numero di venezuelani e venezuelane, a dispetto della disperata campagna per la dimenticanza ed i melliflui appelli ad una riconciliazione sleale.