L'Imputazione 3, aggiunta nel maggio 1999 contro Gerardo Hernandez
Nordelo, dopo quasi otto mesi di prigionia, si basa su una premessa, più
che falsa, assurda: l'inventata esistenza di un piano del governo cubano
per attaccare aerei USA nello spazio internazionale che equivale a dire
che Cuba voleva un confronto militare con il suo potente vicino.
Qualcuno può credere che questa fosse l'intenzione di un paese che non
aveva mai attaccato nessuno e stava attraversando, in quel momento, la
peggiore crisi economica della sua storia? Chi potrebbe vincere una
guerra con gli Stati Uniti?
Il primo problema per fabbricare qualcosa di così tanto delirante
é che vi è una copiosa documentazione che dimostra l'esatto contrario.
Cuba, oltre a denunciarlo pubblicamente, ha protestato per ogni
violazione del suo territorio mediante note diplomatiche in cui si
sollecitava Washington ad agire per impedirne il ripetersi. Ci furono
più di una dozzina di approcci ufficiali. Parallelamente facemmo
iniziative discrete, ad alto livello, con il Dipartimento di Stato e la
Casa Bianca, in cui trasmettemmo la nostra preoccupazione e chiedemmo
che ci aiutassero ad evitare uno scontro. Il presidente Fidel Castro
intervenne personalmente in questi sforzi. Bill Clinton promise che le
provocazioni non si sarebbero ripetute.
In risposta alle nostre note diplomatiche il Dipartimento di Stato ci
informò di aver avviato il processo per il ritiro della licenza di volo
a
José Basulto, capo del gruppo provocatore, e ci chiese ulteriori
informazioni che ricevette e di cui ringraziò formalmente, per scritto
..
Mr. Basulto, per inciso, allora portò la sua follia sino a dichiarare
apertamente che il deterioramento dell'economia era tale che Cuba non
aveva i mezzi per proteggere i suoi confini e promise di continuare le
provocazioni.
Il 24 febbraio 1996 era un giorno soleggiato e caldo. Un piacevole
sabato dove nessuno, qui, immaginava la tragedia. Lungo il Malecón molti
guardavano una competizione d'imbarcazioni sportive. Altri preparavano,
alacremente, la penultima sfilata di Carnevale. Non erano pochi
anche coloro che si dirigevano allo stadio per assistere a una
partita decisiva in cui la squadra di baseball della capitale affrontava
la sua principale rivale. Presso l'Università avevamo appena commemorato
il 40 ° anniversario della fondazione del Direttorio Rivoluzionario
della FEU (Federazione degli Studenti Universitari) e, a mezzogiorno,
vecchi combattenti e studenti celebravamo la data anche sul lungomare.
Migliaia di abitanti dell'Avana partecipavano a queste attività,
spensierati, senza avere la minima idea che, da qualche parte al di là
del mare, qualcuno pianificava sorvolare la città per confermare la
peregrina ipotesi della nostra impotenza.
Altri, dall'altra parte dello stretto della Florida, sì prevedevano ciò
che sarebbe accaduto. Secondo le informazioni che Washington avrebbe
consegnato, successivamente, alla missione della ICAO (International
Civil Aviation Organization), che investigò sull'incidente, il
Dipartimento di Stato incaricò un funzionario di mantenersi in contatto
permanente con l'aeroporto di Opalocka da prima del decollo dal volo
fatale . Più tardi, quando quando la Giunta per la Sicurezza del
Trasporto Aereo discuteva la questione - perché finalmente ritirarono la
licenza a Basulto -, un funzionario di nome Houlihan, responsabile di
monitorare i radar USA dal centro di controllo in California, testimoniò
che diverse settimane prima e la vigilia del 24 febbraio lo avevano
avvertito, da Washington, che vigilasse soprattutto i voli che il gruppo
Basulto avrebbe effettuato quel giorno perché si sarebbe prodotto un
incidente.
Qualcuno era a conoscenza di ciò che sarebbe potuto accadere, ma non
fece nulla per evitarlo come era suo dovere, né allertò Cuba.
Sì, c'era un piano, ma era del tutto estraneo al governo di Cuba e,
naturalmente, a Gerardo Hernandez Nordelo.
Gerardo probabilmente stava, come molti sostenitori della squadra 'industriales',
aspettando la vittoria della sua squadra. Niente lui sapeva e nessuno a
Cuba della incombente provocazione aerea. Non poteva prevedere che ciò
che altri hanno pianificavano avrebbe avuto tanto gravi conseguenze per
lui.
Lui non sapeva nulla di ciò che sarebbe successo quel giorno. Non
avrebbe mai potuto immaginare che quel luminoso pomeriggio di anticipata
primavera si sarebbe trasformato, anni più tardi, nella volgare calunnia
che lo condusse ad un vero inferno.
EL PLAN
Ricardo Alarcón de Quesada
El Cargo 3, agregado en mayo de 1999 contra
Gerardo Hernández Nordelo después que llevaba
casi 8 meses preso, reposa sobre una premisa,
más que falsa, absurda: la inventada existencia
de un plan del gobierno cubano para atacar
aeronaves de Estados Unidos en el espacio
internacional lo que equivale a decir que Cuba
quería una confrontación militar con su poderoso
vecino. ¿Puede alguien creer que esa era la
intención de un país que jamás había atacado a
nadie y atravesaba en esos momentos la peor
crisis económica de su historia? ¿Qué podía
ganar en una guerra con Estados Unidos?
El primer problema para fabricar algo tan
delirante es que existe copiosa documentación
que prueba exactamente lo contrario. Cuba,
además de denunciarlo públicamente, protestó
cada violación a su territorio mediante notas
diplomáticas en las que solicitaba a Washington
que actuase para impedir su repetición. Fueron
más de una docena de planteamientos oficiales.
Paralelamente hicimos gestiones discretas, a muy
alto nivel, con el Departamento de Estado y la
Casa Blanca, en las que transmitimos nuestra
preocupación y les pedimos ayudasen a evitar una
confrontación. El Presidente Fidel Castro
intervino personalmente en esos esfuerzos. Bill
Clinton prometió que las provocaciones no se
repetirían.
En respuesta a nuestras notas diplomáticas el
Departamento de Estado nos informó que habían
iniciado el proceso para retirarle su licencia
de vuelo a José Basulto, el jefe del grupo
provocador, y nos pidió informaciones
adicionales que recibió y agradeció,
formalmente, por escrito..
El señor Basulto, por cierto, llevó su
insensatez entonces a declarar abiertamente que
el deterioro de la economía era tal que Cuba no
tenía medios para proteger sus fronteras y
prometió continuar las provocaciones.
El 24 de febrero de 1996 era un día soleado y
tibio. Un sábado agradable en el que nadie aquí
vislumbraba la tragedia. A lo largo del Malecón
muchos contemplaban una competencia de lanchas
deportivas. Otros preparaban afanosamente el
penúltimo desfile del Carnaval. No eran pocos
tampoco los que se dirigían hacia el estadio
para asistir a un juego decisivo en el que el
equipo de pelota insignia de la capital
enfrentaría a su principal rival. En la
Universidad acabábamos de conmemorar el 40
Aniversario de la fundación del Directorio
Revolucionario de la FEU (Federación Estudiantil
Universitaria) y a mediodía, viejos combatientes
y estudiantes celebrábamos la fecha también
junto al litoral.
Miles de habaneros participaban en esas
actividades, despreocupados, sin tener la menor
idea de que, en algún lugar más allá del mar
alguien planeaba sobrevolar la ciudad para
confirmar la peregrina hipótesis de nuestra
indefensión.
Otros, allende el Estrecho de la Florida, sí
anticipaban lo que iba a suceder. Según la
información que Washington entregaría más tarde
a la misión de la OACI (Organización de Aviación
Civil Internacional) que investigó el incidente,
el Departamento de Estado encargó a un
funcionario mantenerse en contacto permanente
con el aeropuerto de Opalocka desde antes de
despegar el fatídico vuelo. Tiempo después,
cuando la Junta para la Seguridad del Transporte
Aéreo discutía el asunto – porque finalmente le
retiraron a Basulto su licencia -, un
funcionario de apellido Houlihan, responsable de
monitorear los radares norteamericanos desde el
centro de control en California, testificó que
varias semanas antes y la víspera del 24 de
febrero le habían advertido desde Washington que
vigilase especialmente los vuelos que el grupo
de Basulto haría ese día porque se iba a
producir un incidente.
Alguien estaba enterado de lo que podía suceder
pero no hizo nada para evitarlo como era su
obligación y tampoco alertó a Cuba.
Sí, hubo un plan, pero a él eran totalmente
ajenos el Gobierno de Cuba y por supuesto,
Gerardo Hernández Nordelo.
Gerardo probablemente estaba, como tantos
industrialistas, esperando la victoria de su
equipo. Nada conocía él ni nadie en Cuba de la
provocación aérea que se avecinaba. No podía
adivinar que lo que otros planeaban tendría tan
graves consecuencias para él.
Él nada sabía de lo que pasaría aquel día. Nunca
pudo imaginar que aquella luminosa tarde de
primavera anticipada sería transformada, años
después, en la vulgar calumnia que lo condujo a
un verdadero infierno.