Cuba: sospetti sulla manipolazione dei contenuti da parte di Twitter

Nuove attribuzioni di responsabilità dei social network sui contenuti postati dagli utenti. Questa volta la polemica giunge da Cuba a seguito della diffusione su Twitter di una notizia falsa che riportava la morte del lider maximo Fidel Castro.

 

 

9.01.12 - http://it.cubadebate.cu/ da www.blogstudiolegalefinocchiaro.it

 

 

Il portale web filogovernativo Cubadebate ha pubblicato un articolo di protesta contro Twitter accusando il social network di avere facilitato la diffusione della “bufala” posizionando l’hashtag “#FidelCastro” al primo post nella lista degli argomenti più “twittati” del momento.

 

L’articolo riporta anche che il messaggio sulla morte del leader è stato originariamente postato sull’account di un utente chiamato “@naroh” che, attraverso la creazione di una moltitudine di account secondari, ha inondato la sfera di twitter con migliaia di messaggi che simultaneamente riportavano la falsa notizia.

 

L’account apparterrebbe a un utente spagnolo, David Fernandez, che però ha dichiarato di essere stato vittima di un attacco tramite botnet al suo profilo di Twitter. Tale ipotesi è sostenuta anche dal magazine cubano, che infatti sottolinea come, curiosamente, i messaggi diffusi attraverso l’account @naroh sarebbero stati postati tramite un server italiano.

 

Secondo Cubadebate, l’attacco botnet è stato inscenato da “controrivoluzionari necrofili” e la notizia della morte di Fidel sarebbe stata amplificata volontariamente da Twitter attraverso la manipolazione della classifica degli hashtag più popolari.

 

A sostegno di questa tesi, l’articolo riporta un precedente. Sembra infatti che, in occasione di un convegno sui social network recentemente tenutosi a L’Avana, una gran quantità di utenti di Twitter abbiano postato messaggi di sostegno a Cuba contraddistinti dal tag “#derechosdecuba”. Tuttavia, sebbene alcune statistiche web indicassero il topic come uno dei più attivi, Twitter non ha mai riportato tale hashtag nelle sue liste degli argomenti più “twittati”.

 

Un portavoce di Twitter, Jodi Olson, ha dichiarato che la compagnia non ha intenzione di commentare le critiche provenienti dal Governo cubano, ma ha aggiunto che, com’è noto, il social network non interviene sui contenuti.

 

Twitter, Cuba e la guerra allo spam

 

 

4.01.12 - Rosa Miriam Elizalde http://www.cubadebate.cu/

 

La testardaggine dei fatti ci mette di fronte a un paradosso: per quanto riguarda Cuba, per rispettare quanto stabilito dalla Legge degli Stati Uniti, Twitter viola le norme che ha emanato per i propri utenti. Alcune legittime come liberarli  dagli "spam" o messaggi spazzatura che infastidiscono, allo stesso modo, tutti coloro che sono lì, non importa la loro appartenenza politica.

Cuba è diventato un tema spinoso per il social network, per la trama perversa della politica e legislazione USA relativa all'isola. Non bisogna essere una lince per scoprire che la paga ad utenti tweeter professionisti di Miami e servizi specializzati che diffondono contenuti virali, provengono dai
20 milioni $ annui che il Congresso degli Stati Uniti destina all'Amministrazione, per Legge, per la sovversione nel paese caraibico.

Il mandato del Congresso è pubblico, così come i finanziamenti per la "creazione di leader" ed il "sostegno a campagne pubblicitarie e politiche" attraverso "le nuove tecnologie della comunicazione". In altre parole, la Legge USA decreta che Washington può fabbricare dissidenti, blogger e tweeter contro Cuba, come se
ciò fosse la cosa più naturale del mondo.

Nel dicembre 2009, il Washington Post ha pubblicato un documento sintesi dei dibattiti al Congresso su istanza del senatore
John Kerry, che ha richiesto un'indagine su questi fondi scandaloso che riforniscono un'industria multimilionaria anti cubana in Miami. La cosa straordinaria è che alcuni giorni fa, questo stesso giornale, neppure si é chiesto come fosse possibile che 50 utenti di tweeter - secondo misure dell'agenzia AP - localizzati soprattutto in quella città (vedi Trendsmap), avessero generato, il 2 gennaio, più di 100 messaggi "spam" al minuto, che si concentravano su voci sulla morte del leader cubano Fidel Castro. Questa inondazione di messaggi con gli hashtag #Fidel Castro e  Fidel Castro, che correvano alla velocità del rullo di una macchina della lotteria, solo potevano provenire  da sistemi automatizzati.

Ed è notevole questa 'svista' professionale del Washington Post, perché questo giornale e decine di pubblicazioni in tutto il mondo hanno richiamato l'attenzione sula chiusura degli account su Twitter, dopo l'argomento inappellabile  delle sue norme contro lo "spam", in cui anche, in modo sospetto, sono caduti i membri del movimento Occupy negli USA.

Per non andare troppo lontano, The Wall Street Journal riporta le preoccupazioni della rete di microblogging per l'aumentando delle catene virali "che minacciano l'utilità dei social network" e assicura che Twitter, per fine anno, avrà cinque programmatori "scienza spam", rispetto ai due di oggi, e nove specialisti in abusi di account, nel quadro del suo organico di 750 dipendenti.

Tuttavia, interrogato dalla stampa,  il portavoce di Twitter, Jodi Olson, ha offerto una scusa infantile sui contenuti ed è stato attento a non parlare della parolaccia "spam", quando gli hanno domandato sulla campagna virale contro Cuba, lo scorso
2 gennaio, benché tutti gli utenti che hanno sbirciato nel social network, quel giorno, potevano riconoscere le infinite catene e cosi si riflessero nelle misurazioni in Topsy, Google e lo stesso Twitter offerte da Iroel Sanchez sul suo blog 'La pupila insomne' e riprodotte da 'Cubadebate'. Se accettiamo per buono quello che ha detto Olson - "as you know, we don’t mediate content" ("Come sapete, noi non mediamo i contenuti") - è legittimo pensare che l'algoritmo anti-spam del social network esige seri aggiustamenti.


Non è la prima volta che Twitter 'patina' di fronte alle politiche del governo degli Stati Uniti per Cuba. Nell'
ottobre 2010, dopo diversi giorni di chiusura del servizio di invio di messaggi via cellulare da Cuba a Twitter, la società lo ha ristabilito e ha annunciato che era lei che lo aveva disabilitato. Twitter ha chiuso questa possibilità sotto pressioni e, forse, sotto la minaccia di una multa astronomica dell'Ufficio degli Attivi Stranieri (OFAC) del Dipartimento del Tesoro, che quando vede soldi che si stanno muovendo 90 miglia a Sud (degli USA ndt) dà grida al cielo, finché non riceve la garanzia che questi servono al "cambio di regime" come stabilisce la imperiale legge statunitense.

Twitter ancora deve la spiegazione del perché ha chiuso e poi aperto il servizio, che beneficia i dipendenti locali di Washington sull'isola - il blocco degli Stati Uniti impedisce ai cubani i vantaggi del commercio elettronico -. Ha ricevuto Twitter una chiamata "importante", come nell'estate del 2009, quando il Dipartimento di Stato ha chiesto che non facesse riparazioni sui loro server per non interferire con la guerra di messaggi  contro l'Iran, attivata da questa rete sociale?

Un giorno lo sapremo. Nel frattempo, chiunque abbia un briciolo di buon senso di fronte a questi
ostinati fatti, può da sé arrivare alla conclusione che Twitter, come molte altre aziende d'Internet USA, è spesso costretta a rispettare le ordinanze giudiziarie dei tribunali USA - lo abbiamo visto con la consegna dei dati di presunti collaboratori di Wikileaks - e con le richieste di varie agenzie responsabili di garantire la legge. E così fa, anche se deve passare sopra una elementare norma anti-spam che loro, come deve essere, difendono davanti ai propri utenti.