LA LIBERTÀ DEI CINQUE, PASSO PER

RISOLVERE PROBLEMI TRA CUBA-USA

 

 

23.05.2013 - http://italiano.prensa-latina.cu

 

 

Renè Gonzalez, uno dei Cinque cubani, ha considerato la libertà dei suoi quattro compagni che rimangono imprigionati negli Stati Uniti un pas...so necessario per incominciare a risolvere i problemi tra l'isola e Washington.

“Il popolo nordamericano non guadagna niente con questa controversia, ed in generale lo percepisce, benché non sia una priorità per loro stessi. Quando si manifestano, affermano che sono un po' stanchi che ancora la Guerra Fredda stia operando contro un paese che adesso non rappresenta un pericolo per loro, ha affermato.

In dialogo con il quotidiano Juventud Rebelde, Renè ha riflettuto che “il Governo degli Stati Uniti deve fare ciò che è corretto, quello che conviene al suo paese, sedersi con Cuba e negoziare tutti i problemi che li dividono ed ovviamente il caso dei Cinque, che sta in primo piano”.

Nella sua conversazione con Joventud Rebelde, ha riconosciuto che i cubani hanno dimostrato sensibilità con questo caso, ed ha potuto confermarlo con le dimostrazioni di appoggio che ha ricevuto per le strade dell'isola.

“Ma bisogna portare questa storia in tutti i luoghi, affinché risuoni negli Stati Uniti; il proposito fondamentale deve essere che finalmente la società nordamericana si metta in contatto con un caso che è stato trafugato, che viene mantenuto al margine”, ha segnalato.

Però Renè, a dispetto delle pratiche della sua permanenza a Cuba – dove era venuto in aprile per la morte di suo padre - non si sentirà in libertà fino a che anche i suoi compagni ritornino nella nazione caraibica.

Come ha affermato pochi giorni fa alla stampa, la sua priorità sarà lottare per la scarcerazione di Gerardo, Antonio, Ramon e Fernando.

 

 

René González Sehwerert: l’uomo, l’Eroe

 

Tratto dalla trasmissione televisiva cubana Mesa Redonda- Tavola Rotonda

 

 

13.05.2013 -  http://mesaredonda.cubadebate.cu

 

 

Eravamo, siamo e

saremo i Cinque
 

13.05 - Quel 12 settembre, senza aggettivi che lo possano definire nella sua violenza, fui l’ultimo ad arrivare a Mimi e quindi l’ultimo ad essere sistemato in una cella terribilmente fredda, con una materasso in cattivo stato, una coperta e un rotolo di carta igienica; tutti eravamo isolati.

Il silenzio era terribile in quel tredicesimo piano del Centro di Detenzione di Miami.

Per un istinto puramente animale, uno comincia ad andare avanti e indietro in quello spazio ridotto. Ogni tanto mi fermavo a guardare nello stretto vetro della porta metallica, dove costantemente ci vigilava una guardia, facendo la ronda.

Nella cella davanti alla mia, laterale per me, vedevo un uomo che a sua volta ogni tanto guardava dal finestrino. Una viso barbuto, austero, il petto nudo, e mi chiedevo: “Ma chi sarà questo t.ipo, non ha freddo?”

Era René, ma ancora non lo conoscevo.

In quei primi giorni sui quali c’è molto da raccontare, ci fecero scendere, lui ed io, alla Sala della Corte. Lì dovevamo dichiararci innocenti o colpevoli, che nel nostro caso era dichiararsi degni o indegni, onesti o disonesti, leali o traditori.

Noi due eravamo molto sicuri della nostra innocenza, ma c’era uno, che nemmeno conoscevo, che si sarebbe dichiarato colpevole.

Ognuno, separatamente, fu portato davanti al giudice, ma René lesse il tradimento sul viso d quel tipaccio che cercava d’ingannare con una storia.

Poi René mi disse: “Devo parlare con quel tipo”. Io gli chiesi solo di stare calmo.

E così lo conobbi.

Così diventammo i Cinque, fratelli.

Per questo la sua libertà è la nostra libertà, il suo dolore e la sua felicità sono anche nostri.

Per questo la nostra ingiusta prigione continuerà ad essere la sua prigione.

Per questo eravamo, siamo e saremo i Cinque, dove si fonde un solo uomo, un cubano come milioni di compatrioti, fedele al suo popolo e alla sua Patria.

Tony Guerrero Rodríguez

10 maggio del 2013

Prigione Federale di Marianna.

 

 

Adesso siamo più liberi,

afferma Gerardo Hernández

 

10.05  - Avrebbe potuto usare gli stessi pretesti di coloro che, molto presto, avevano deciso di dichiararsi colpevoli e di cooperare con le autorità: Dopo lunghi anni di separazione, ormai aveva vicine Olga e Irmita, e aveva potuto godere per appena quattro mesi della neonata Ivette. Che fare? Attaccarsi ai principi, lasciarle sole, tutte e tre, in un paese straniero e affrontare di nuovo anni di separazione? O ‘negoziare’ e dare quello che gli chiedevano in cambio del perdono e di una nuova vita? Nella sua mente non c’è mai stato il minimo dubbio, e nella sua condotta non ha mai vacillato.
I pubblici ministeri sapevano molto bene di avere molto poco contro di lui, e hanno cercato di toglierlo di mezzo con delle offerte. Ci sono rimasti mali quando lui gli ha cantato “El necio” [la canzone di Silvio Rodríguez che riafferma le ragione per scegliere di rimanere fedeli alla Rivoluzione], e si sono accaniti. Nessuno lo ha visto piangere quando allontanarono Olga dalle bambine e la gettarono in una cella. Lo avrà fatto in silenzio, come abbiamo fatto tutti noi per l’indignazione e il dolore quando questa notizia ci ha colpito ma in lui non abbiamo mai notato il più piccolo cedimento. Ha scontato con dignità ogni giorno della sua condanna ed è uscito a fronte alta, così come era entrato, ma gli sarebbe toccato di soffrire ancora in solitudine la perdita del fratello e del padre.
Oggi abbiamo saputo che René è a Cuba e ci rimane. Oggi ognuno dei Cinque è un poco più libero. Una parte di noi cammina per le strade dell’Isola e possiamo quasi respirarne l’aria, bruciarci al suo sole.
Qualcuno mi ha chiesto: come chiamarci adesso che non siamo più cinque, ma quattro. Sbagliato! Siamo cinque e continueremo ad essere cinque! Se oggi dobbiamo continuare la lotta non è solo per gli altri quattro, è anche per René, perché lo conosciamo e sappiamo che lui non sarà davvero libero fino a quando non saremo tutti ritornati in Patria. La differenza è che questa battaglia, che per noi Cinque è fino alla fine, da oggi conta con un nuovo portabandiera.
Auguri, René! I tuoi quattro fratelli festeggiano conte, orgogliosi!

Gerardo Hernández Nordelo
Prigione Federale di Victorville. California
3 maggio 2013

 

Ramón Labañino saluta la presenza a Cuba di René

 

08.05 - Ramón Labañino, uno degli antiterroristi cubani condannati e reclusi negli USA, ha detto che con la presenza di René González, uno dei suoi compagni, nella sua Patria è come "se una parte di noi già stesse a casa".

Quando ha conosciuto la notizia che la giudice Joan Lenard ha accettato il 3 maggio di modificare la liberà vigilata di González, permettendogli di rimanere in Cuba in cambio della rinuncia della sua cittadinanza statunitense, Labañino ha inviato un messaggio dalla prigione di Ashland, nello stato del Kentucky.

“Era ora dopo tante dilazioni e ingiustizie”, ha affermato.

Labañino, condannato nel 2001 all’ergastolo più 18 anni e sentenziato di nuovo nel 2009 a 30 anni di carcere, ha detto che lui, come Gerardo Hernández, Antonio Guerrero e Fernando González, si sentono meglio sapendo che la vita del loro compagno non sarà più in pericolo, in uno scenario circondato da tutte le minacce che conosciamo.

René González è uscito dalla prigione di Marianna, in Florida, nell’ ottobre del 2011 dopo aver scontato la sua condanna e da allora aveva dovuto restare nel territorio statunitense per scontare altri tre anni di libertà vigilata.

Labañino ha espresso il suo ottimismo e ha detto che piu presto che tardi il resto del gruppo tornerà a casa.

“Renè è la nostra avanzata. Lui porta l’abbraccio e l’affetto dei cinque a tutti voi.

Nella sua presenza siamo tutti e cinque in ogni azione che realizzerà per il bene di Cuba e l’umanità, nelle sue nuove responsabilità e nei compiti, nelle sue nuove missioni e nei sogni. Lui starà lì sino che finalmente i Cinque c’ incontreremo liberi in quella terra che tanto amiamo”, ha aggiunto.

“Siamo colmi d’allegria. L’amore e la verità vincono sempre sulle ingiustizie”, ha sottolineato nel testo diffuso dal Comitato Internazionale per la libertà dei Cinque combattenti contro il terrorismo.

Come può un uomo trasformarsi in Eroe? L’interrogativo viene chiarito da René González Sehwerert. Non ci sono in lui poteri soprannaturali e non ha una superstruttura di risorse belliche, è tutto nella sua anima, nei valori speciali su cui si basa.


Ieri, mentre osservavo attentamente le sue maniere e le sue espressioni di uomo umile e genuino durante la sua partecipazione alla ‘Mesa Redonda’, mi tornavano in mente a raffica una serie di immagini: la durezza di una cella, la convivenza con una popolazione penale, la nostalgia per tutte le abitudini della casa, il sacrificio della famiglia, l’interezza di un paese che non lo ha lasciato abbandonato alla sua sorte… e mi è scesa una lacrima.


Poi l’animo si è ricomposto, perché questo è ciò che si prova di fronte agli eroi. Uno sente, di fronte a loro che non ha diritto a essere debole, né a guardare le cose con pessimismo, perché essi ispirano la necessità della crescita, del miglioramento.


Mi sono soffermata sul suo sorriso timido; sull’intelligenza, sulla forza e onestà delle sue parole; sul tono dolce delle sue espressioni; sulle pause dei suoi gesti; sui principi che lo sostengono; sulla forza di essere innamorato… E mi sono detta: quest’uomo si merita Cuba, come questa terra merita di avere figli come lui.

 


IL RITORNO

 


Quando penso a tutti i passi che sono stati fatti per il ritorno di René, ricordo l’ultima lettera di José Martí al suo amico Mercado… e ho anche la conferma del codice etico della politica cubana.


Dalla stampa abbiamo saputo, con le parole esatte e necessarie, che dallo scorso 3 maggio la giudice Joan Lenard, della Florida, aveva accettato la richiesta presentata dall’antiterrorista per la modifica delle condizioni della sua libertà vigilata e rimanere a Cuba, in cambio della sua rinuncia volontaria alla cittadinanza statunitense.


Il giorno precedente, il Governo degli Stati Uniti aveva comunicato alla Corte che non si opponeva a tale richiesta.


Tutto questo si è catalizzato nei 15 giorni che René ha chiesto venire a La Habana, in seguito alla morte di suo padre. L’Eroe ha spiegato che la condizione di libertà vigilata ti permette che, se hai un problema nel tuo paese di origine, tu possa andare.


“Le leggi nordamericane prevedono che la rinuncia alla tua cittadinanza non puoi farla da suolo degli Stati Uniti, perciò in questa occasione la Procura non si poteva opporre più a questa domanda”, ha detto.


A questo spazio radiotelevisivo René è arrivato dopo che giovedì scorso gli è stato consegnato il Certificato di Perdita di Nazionalità degli Stati Uniti, documento rilasciato dal Dipartimento di Stato di quel paese settentrionale, per potere rimanere a Cuba.


Adesso René che ha subito 13 anni di reclusione in carceri nordamericane e da ottobre del 2012 si trova in regime di libertà vigilata, come ha spiegato, finalmente potrà scontare il resto dell’ingiusta sentenza nella sua patria, insieme ai suoi familiari.


L’Eroe della Repubblica di Cuba ha anche detto che “la giudice si è pronunciata a favore della nostra richiesta di rinuncia, ma ancora manca che si modifichi la libertà vigilata. Joan Lenard deve tornare a pronunciarsi, benché il mio avvocato Phillip Horowittz, consideri che la conclusione debba essere positiva”.


Adesso il suo avvocato deve fare una rapporto sullo status e, a partire da lì, resta solo da aspettare la decisione legale che deve avvenire prima del 23 maggio.


René ha aggiunto che la sua libertà a Miami era una specie di reclusione, determinata dalle circostanze, e che non gli garantiva sicurezza sulla sua integrità fisica e morale.
Ha sottolineato inoltre che le procedure sono state portate avanti con molta diligenza nell’Ufficio di Interessi nordamericano a Cuba. L’Eroe ha precisato che questa sarà una libertà vigilata senza limitazioni, come pure che sarebbe libero mentre resta fuori del territorio nordamericano.

 


FRATELLI

 

 

Non voglio riferirmi alla forza del sangue, ma a quella del sentimento. All’improvviso si resero conto che non erano soli, ma che erano Cinque. E Gerardo, che è arrivato a chiedere a loro di assumersi lui tutte le colpe per le quali li avrebbero processati in un giudizio politicizzato a Miami, gli parlò della canzone ‘El necio’, di Silvio Rodríguez.


A René piacque tanto quando la cantò, che gli chiese che gliela scrivesse su un foglietto (manoscritto che dopo quasi 15 anni conserva ancora). Ma non fece in tempo a imparare la musica, e Gerardo, dal grigiore di una cella, incominciò a fischiargliela.


È così che questo tema si è trasformato in Inno per loro, perché ovviamente, si riconoscevano, si vedevano rispecchiati in ogni verso, e stavano lì: decisi a morire come avevano vissuto.


Questo è un aneddoto tra i tanti, ma che abbiamo appreso con emozione per essere stato raccontato dallo stesso René, perché i suoi prossimi giorni non avranno altro proposito che quello di ottenere che i suoi altri quattro fratelli siano di ritorno nella loro patria.


Perciò non ci sarà ridefinizione nella causa: “Continueremo a essere Cinque, finché rimane uno a sopportare l’ingiustizia di quelle grate”, ha detto il compatriota.


Nessuno come René conosce le angosce più intime che si affrontano, per questo si sente nella pelle di Gerardo, di Ramón, di Fernando e di Antonio, per questo abbiamo avvertito che la sua felicità, anche sapendosi quasi sul punto di essere libero, non è completa.


“Siamo cinque e questa lotta non può finire fino a quando il quinto non ritorni a Cuba, dobbiamo continuare a lottare con la stessa forza e continueremo a ostentarlo così”, ha ripetuto con enfasi.


La bandiera della loro causa continuerà a essere la stessa: “Uno si sente carcerato fino a che gli altri quattro non saranno qui con noi”, ha commentato, mentre diceva che questo paese ha bisogno di loro, le loro famiglie, loro stessi devono essere qui quanto prima.


Ha anche posto l’enfasi sul fatto che la battaglia principale la dobbiamo vincere con la società nordamericana che non ha coscienza né conoscenza di quello che è successo con loro, per la stessa manipolazione del processo.


Nel frattempo, il dolore e la felicità di Gerardo, Fernando, Antonio e Ramón, ha riferito, saranno anche i miei.

 

 

Renè è già solo un patriota cubano

 

 

11.05.2013 da www.cubadebate.cu traduzione di Ida Garberi

 

 

Da ieri alle 2:00 pm Renè Gonzalez Sewherert è solo un patriota cubano. A quell’ora ha ricevuto nell’Ufficio di Interessi degli Stati Uniti a L’Avana il documento che certifica la sua rinuncia alla cittadinanza nordamericana. Così ha detto Renè in una conferenza stampa nel Centro di Stampa Internazionale la mattina di questo venerdì.

 

Ora, Renè Gonzalez, che ha sofferto 13 anni di cattività nelle carceri nordamericane e da ottobre del 2011 si trova sotto il regime di libertà vigilata, potrebbe compiere il resto della sentenza nella sua patria, insieme ai suoi parenti, senza necessità di ritornare negli Stati Uniti.

 

A dispetto di ciò ed all’allegria di vivere i suoi ultimi giorni a L’Avana, l’Eroe della Repubblica di Cuba non si considera libero, né formalmente, né spiritualmente.

 

“La giudice ha ceduto a beneficio della nostra petizione di rinuncia, ma ancora manca che si modifichi la libertà vigilata, per questo dico che non mi sento ancora libero. La giudice deve tornare a pronunciarsi, benché i miei avvocati considerino che la conclusione deve essere positiva.

 

“E, anche, perché non sarò libero fino a che i miei quattro fratelli, gli eroi Antonio, Fernando, Ramon e Gerardo, stiano qui con noi”, ha detto Gonzalez Sehwerert.

 

“Lotto per la nostra causa, da qualunque trincea; bisogna continuare a divulgare questa ingiustizia e, soprattutto, diffonderla nell’opinione pubblica degli Stati Uniti”, ha precisato.

 

“Adesso sono un cittadino cubano, un patriota dell’Isola, come sono sempre stato, ma questo non significa che provo rancori verso il popolo o il paese dove sono nato”, ha dichiarato in una conferenza stampa.

 

“Stare a Cuba non significa per niente essere libero, perchè non lo sarò sino a quando i miei quattro compagni, Gerardo Hernández, Ramón Labañino, Antonio Guerrero e Fernando González rimarranno prigionieri, solo per aver salvato la vita di molti innocenti, cioè il loro bene più prezioso”.

 

“È il momento di ricordare al mondo che continuiamo ad essere Cinque, come il primo giorno, e nello stesso tempo siamo uno” ha sottolineato.

 

“Non mi sentirò libero sino a che anche loro non torneranno con le loro famiglie, con il popolo”, ha aggiunto.

 

“Continuerò la lotta per la loro scarcerazione da qualsiasi trincea, per far sì che il mondo conosca questo caso, sorto per via della smania di qualcuno che per difendere i suoi terroristi ha messo noi dietro le sbarre”.

 

Offrendo dettagli su quest’ultimo processo, René ha spiegato che adesso si deve aspettare che la giudice si pronunci, anche se i suoi avvocati sperano che Joan Lenard permetta la sua permanenza definitiva nell’Isola.

 

“Questa mozione, la richiesta della perdita della nazionalità statunitense è stata presentata nel luglio dell’anno scorso, ma le autorità non avevano fiducia e non credevano che se io venivo a Cuba, avrei davvero rinunciato alla cittadinanza.

 

Non si tratta di un’azione di generosità da parte degli USA, in realtà non avevano pretesti per non accettare la mia domanda di perdita della cittadinanza nordamericana per venire definitivamente a Cuba, perchè secondo loro io sono una minaccia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti”, ha aggiunto René González.

 

Poi ha ringraziato a nome dei suoi compagni per la solidarietà espressa in differenti scenari dal presidente dell’Ecuador, Rafael Correa, che ha considerato un uomo degno dell’America Latina.

 

“Anche se ci sono interessi per stimolare l’abbandono della campagna per liberazione dei Cinque, non ci riusciranno e noi ora dobbiamo rinforzare la battaglia e gli sforzi per far conoscere questo caso allo statunitense medio”, ha precisato.

 

Alla domanda se la giudice Joan A. Lenard ha un termine per emettere una sentenza, ha risposto che il suo avvocato deve fare una notizia di status ed, a partire da questo momento, bisogna solo aspettare la decisione legale.

 

Renè ha affermato, inoltre, che non sente nessuna felicità per rinunciare alla sua cittadinanza. La sua decisione, come ha affermato, si deve a due ragioni primordiali.

 

Una, perché la sua libertà a Miami era una specie di reclusione, forzata dalle circostanze, in una “gabbia d’oro”, senza garanzie per la sua integrità fisica e morale.

 

Due, e lo ha sottolineato come la più importante, dovuto alla necessità di cercare di recuperare gli anni che lo hanno separato da sua moglie e figlie. “Questa era una priorità nella mia vita”, ha sottolineato al riguardo.

 

Dopo aver precisato che nel suo caso non c’è stato un gesto umanitario della giustizia nordamericana, “tutto il contrario”, Renè Gonzalez ha fatto una parentesi nella sua comparizione per ringraziare il popolo cubano.

 

“L’affetto della gente si manifesta in modo incredibile, è qualcosa molto sorprendente. Non credo di meritare tanto, ma questa mia Cuba ha un popolo generoso che mi ha commosso”, ha detto visibilmente scosso.

 

Infine, ha voluto separare il caso di Alan Gross dalla Causa dei Cinque, ha chiesto valore e sensatezza all’amministrazione degli Stati Uniti per sedersi a trattare i suoi rapporti con Cuba, e di spiegare il trattamento dei mezzi di diffusione nordamericani del caso, dal 1998.

 

Renè Gonzalez ha salutato i presenti con la lettura della lettera che gli ha inviato Gerardo Hernandez Nordelo e che è stata pubblicata ieri sera su Cubadebate.

 

 

René González, un patriota cubano

 

 

7.05.2013 - Sergio Alejandro Gómez www.granma.cu

 

 

“Il mio impegno con questo popolo è l’unica risposta possibile alla solidarietà, all’affetto e all’appoggio di 11 milioni di cubani”, ha detto ieri in una conferenza stampa René González, uno dei Cinque Eroi ingiustamente condannati negli Stati Uniti per aver combattuto il terrorismo.

 

Accompagnato dalla sua famiglia, René ha affermato che si sente un patriota cubano identificato con la nostra lotta e il nostro progetto. La sua priorità, ha assicurato, è incorporarsi alla campagna per il ritorno dei suoi quattro fratelli.

 

“Sino a quando non staranno qui, continueremo a lottare”, ha riferito. “Loro resisteranno e non si piegheranno”.

 

Per il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha detto solo una parola: “Coraggio!” Questa è la sola cosa che necessita per fare giustizia”.

 

A proposito della campagna mondiale per la liberazione dei combattenti ancora reclusi, ha precisato che quello che manca è giungere alla società nordamericana.

 

“Il popolo di questo paese, ha aggiunto, deve sapere che il governo degli USA ci ha messo in carcere per difendere ‘i suoi terroristi’. Deve sapere che una giudice mi ha detto che il terrorismo è un male, ma che non avevamo il diritto di combatterlo là”.

 

Sulla sua dura tappa di reclusione ha raccontato che le migliaia di lettere che riceveva sono state un grande aiuto ed ha lamentato di non aver potuto rispondere una per una. Inoltre lo hanno aiutato nella convivenza interna la dignità e lo status che dà lottare per le cose giuste.

 

“Queste prove le affrontiamo con le risorse di ognuno: io facendo ginnastica e leggendo; Tony comunicando tutto il tempo; Ramón con il suo sport; Fernando studiando e Gerardo con quel suo umorismo che lo innalza da qualsiasi tragedia”.

 

René ha condiviso le sue impressioni sulla Cuba che incontra oggi ed ha ricordato che durante la sua visita dell’anno scorso aveva scherzato con alcuni ragazzi del Cotorro, un quartiere del L’Avana e aveva detto loro che: “Le strade hanno più buchi, ma la gente ha la stessa essenza e questo mi rallegra”, ha aggiunto.

 

Un giornalista gli ha chiesto notizie di suo nipote Ignacio René, il figlio di Irmita: “Giocatore di baseball o pilota?” e René ha risposto subito: “Se è per me pilota, perchè io nel baseball sono una frana...

 

 

René potrà rimanere a Cuba!
 

Il primo dei Cinque è finalmente in Patria!

 

 

29.04.13 - J.M.Varona www.granma.cu

 

 

Riportiamo alcune battute della conferenza stampa di René González a La Habana
 

6.05 - “Un raggio di speranza per i miei quattro fratelli: questa è la libertà di René e in particolare, questo procedimento di rinuncia alla cittadinanza degli Stati Uniti”, ha detto René González Sheweret combattente contro il terrorismo condannato sul suolo americano, in un incontro con i giornalisti dei mezzi di comunicazione cubani, avvenuto lunedi presso il Centro Stampa Internazionale. “La vedo così, perché la lotta per la libertà di Fernando, Antonio, Gerardo e Ramon sarà una priorità nella mia vita, dopo che avrò completato questo procedimento … la giustizia non c’è ancora, perché abbiamo subito un processo lungo e tormentato con irregolarità e con condanne assurde, ma continueremo a lottare per riportarli a Cuba “, ha detto. (…)

A una domanda su ciò che manca nella campagna per la liberazione dei Cinque, ha risposto in modo chiaro: “Bisogna solo che la società americana sia a conoscenza del caso …, quindi invito i presenti ad aiutare la divulgazione della nostra causa negli Stati Uniti “.

Ha anche detto che nel caso dei Cinque, a Barack Obama, Presidente degli Stati Uniti, “gli è mancato il coraggio” per decretare la fine dell’ingiustizia.

In buona sostanza la battaglia per la Liberazione dei Cinque prosegue, perchè René non si dichiara libero fino a quando anche gli altri quattro cubani non rientrano a Cuba.

La giudice Joan Lenard ha accettato il 3 maggio, la richiesta presentata da René González per modificare le condizioni della sua libertà vigilata, rimanendo a Cuba in cambio della rinuncia alla sua cittadinanza statunitense.


L’Eroe della Repubblica di Cuba, René González, dovrà presentarsi nella Sezione d’Interesse degli Stati Uniti a L’Avana per cominciare le pratiche che si concluderanno quando sarà emesso un certificato di perdita di cittadinanza da arte del Dipartimento di Stato.


Il 2 maggio il Governo degli Stati Uniti aveva comunicato alla Corte che non si opponeva a questa richiesta.

 

Nelle conclusioni del documento ufficiale la giudice Lenard stabilisce in uno dei suoi punti che “se l’accusato, volontariamente rinuncia alla cittadinanza statunitense secondo la 8 USC/1481 (a) (5), mentre è autorizzato a rimanere a Cuba dal Tribunale e se viene emesso dal Dipartimento di Stato degli USA un Certificato di perdita di nazionalità, allora l’accusato passerà il resto del suo periodo di libertà vigilata a Cuba, senza necessità di presentare relazioni periodiche, e non ritornerà negli USA”.

 

La giudice Lenard puntualizza anche che: “Il 23 maggio 2013 l’accusato presenterà alla Corte o al tribunale una relazione del suo stato di rinuncia ed una copia certificata, di qualunque certificato emesso della perdita di nazionalità”.

 

René González è stato scarcerato in ottobre del 2013 dopo avere scontato interamente la sua condanna ed essere stato ingiustamente imprigionato per 13 anni e privato della visita di sua moglie per tutto questo tempo. Fino ad oggi l’Eroe cubano scontava una pena di tre anni di libertà vigilata in territorio nordamericano.

 

Da poco è arrivato a Cuba per quella che doveva essere una visita temporanea e privata per assistere al funerale di suo padre. René è anche cittadino cubano e sua moglie, le sue figlie e suo nipote vivono a Cuba.

 

Il popolo di Cuba, i sostenitori della causa per la liberazione dei Cinque - ora quattro - nel mondo intero, gli attivisti amici di Cuba e della sua Rivoluzione, e chi scrive, sono felici che René possa stare finalmente nella sua Patria e con la sua famiglia.