José Martí e i processi di

integrazione in America Latina

 

20.02.2013 - Federico La Mattina per Marx21.it
 

jose-marti foto 33660rzciairpgi1La causa nazionale latinoamericana è, anzitutto, una causa sociale: perché l’America Latina possa rinascere, bisognerà cominciare con il rovesciarne i padroni, paese per paese. Si spalancano tempi di ribellione e di cambiamenti. C’è chi crede che il destino stia nel grembo degli dei, ma la verità è che lavora, come una sfida incandescente, sulla coscienza degli uomini.”

(Eduardo Galeano, “Le vene aperte dell’America Latina”)



Il 27 e 28 gennaio 2013 a Santiago de Chile si è tenuto il primo summit della Comunità dell’America Latina e dei Caraibi
(CELAC), nata il 2 dicembre 2011 a Caracas. Il summit si è concluso con la Dichiarazione di Santiago. La CELAC è costituita da 33 Stati di America Latina e Caraibi, fondamentale è l’assenza di Stati Uniti e Canada. Per quanto tra i paesi facenti parte della comunità vi siano evidenti divergenze politiche, c’è la volontà e l’interesse comune di trattare le questioni regionali senza l’ingerenza della longa manus proveniente dal nord.

 

La comunità è stata salutata da Fidel Castro come il più grande successo istituzionale dell’ultimo secolo per la regione e definita da Daniel Ortega la “condanna a morte per la Dottrina Monroe”. Raul Castro, sempre nel 2011, ha detto che per la prima volta nella storia “abbiamo un’organizzazione della Nostra America”, citando il celebre scrittore, patriota e rivoluzionario cubano José Martí. Il 28 gennaio contemporaneamente al summit , a Cuba si sono tenuti i festeggiamenti per il centosessantesimo anniversario della nascita di José Martí, evento di straordinaria importanza simbolica dato che Cuba ha assunto la presidenza pro tempore della CELAC per il 2013.

José Martí non è considerato esclusivamente un patriota e rivoluzionario cubano ma è percepito come un eroe dell’ intera America Latina, che egli stesso definì “ Nuestra America”. Giovanissimo, partecipa all’insurrezione cubana del 1868 che vide i proprietari terrieri orientali alla guida di contadini e schiavi, sotto il comando di Céspedes, opporsi al regime coloniale spagnolo. Martí viene incarcerato ed esiliato in Spagna. Negli anni successivi si stabilisce in Messico, in Guatemala, poi ritorna a Cuba, nel 1879 viene nuovamente deportato in Spagna ma riesce a imbarcarsi per gli Stati Uniti. Gli anni trascorsi negli USA rappresentano un punto di svolta nell’elaborazione del pensiero politico martiano: inizialmente predisposto molto positivamente verso gli Stati Uniti, arriverà ad assumere posizioni nettamente antimperialiste lottando con tenacia nel fronte antiannessionista. Nella lettera all’amico messicano Manuel Mercado scritta il 18 maggio 1895, lucida ed estrema testimonianza del pensiero politico martiano, emerge la limpida denuncia del pericolo imperialista statunitense. La lettera, rinvenuta in una sua tasca, è rimasta incompiuta; Martì morì il 19 maggio in battaglia, durante uno scontro con la retroguardia spagnola a Dos Rìos. Si riportano alcuni passaggi della lettera: “ Fratello mio carissimo […] ormai corro quotidianamente il rischio di dare la vita per il mio paese e per il mio dovere – lo comprendo bene e sono deciso a compierlo fino in fondo – di impedire in tempo, con l’Indipendenza di Cuba, che gli Stati Uniti si estendano sulle Antille e si precipitino con questa forza in più sulle nostre terra d’America. Quanto ho fatto fino ad oggi e farò in avvenire è per impedire proprio questo. […] Gli stessi obblighi minori e ufficiali dei popoli, come il suo e il mio, interessati in maniera più vitale a impedire che a Cuba si apra, con l’annessione da parte degli imperialisti di là e degli spagnoli, la strada che bisogna sbarrare, e che stiamo sbarrando col nostro sangue, dell’annessione dei popoli della nostra America al Nord torbido e brutale che li disprezza, avevano loro impedito […] Ho vissuto nel mostro e conosco le sue viscere: e la mia fionda è quella di David. […]”.

Martí considera la lotta per l’indipendenza cubana inscindibilmente legata al destino di tutta l’America Latina e dà rilievo alla questione nazionale verso cui ritiene sia necessario indirizzare tutte le forze; Il pensiero politico martiano, pur tenendo in considerazione la questione sociale, presenta una visione interclassista della società nel segno dell’”armonia” e della “conciliazione”. Il 30 gennaio 1891 in ”La Nostra America”, un saggio pubblicato su <<El Partido Liberal>> emerge con forza la questione latino-americana e l’opposizione nei confronti degli Stati Uniti: “ […] Ma un altro pericolo corre, forse, la nostra America, un pericolo che non proviene da lei stessa, ma dalla diversità di origini, sistemi e interessi tra i due fattori continentali, ed è giunta l’ora in cui le si avvicinerà, proponendo relazioni strette, un popolo intraprendente e forte, che la ignora e la disprezza. […] il dovere urgente della nostra America è quello di mostrarsi così com’è, una per spirito e intenti, rapida nel superare un passato soffocante, macchiata solo del sangue fecondo che fa uscire dalle mani la battaglia contro le rovine o del sangue delle vene che ci hanno lasciato forate i nostri padroni. Il disprezzo del vicino formidabile che non la conosce, è il pericolo più grave che corre la nostra America; ed è urgente, poiché il giorno della visita è prossimo, che il vicino la conosca presto, perché non la disprezzi […]. “

L’analisi severa dell’imperialismo americano e la continua tensione verso l’unità dei popoli latino-americani conferiscono al pensiero martiano una sconvolgente attualità. Pochi anni dopo la morte di Martí , nel 1901, il Congresso statunitense approvò l’Emendamento Platt (inserito nella costituzione repubblicana del 1902), che rese Cuba de facto un protettorato statunitense, riservando agli Stati Uniti il diritto di intervenire negli affari interni cubani (1). La necessità dell’indipendenza latino-americana e la comprensione del pericolo imperialista vennero espresse da Martí anche in occasione della Commissione Monetaria Internazionale Americana convocata dagli Stati Uniti nel 1891 per imporre ai paesi dell’America Latina un’unica moneta per le transazioni commerciali. Martí pubblicò un articolo su “La Rivista Ilustrada” di New York nel maggio 1891. Fidel Castro, in un articolo del 2009, ha definito la suddetta presa di posizione di José Martí come “l’analisi politica ed economica più impressionante che ho mai letto in vita mia” (2). Si riportano alcuni passaggi dell’articolo di J. Martí: “Quando un popolo è invitato da un altro ad accordarsi, l’accordo lo potrà fare in fretta lo statista ignorante e fuorviato, potrà celebrarlo senza giudizio la gioventù invaghita delle belle idee, potrà accoglierlo come una mercede il politico venale o demente e glorificarlo con parole servili. Ma chi sente nel cuore l’angoscia della patria, chi vigila e prevede, deve indagare e deve dire quali elementi compongono il carattere del popolo che invita e di quello che viene invitato, se essi sono predisposti all’opera comune di precedenti e tradizioni comuni e se è probabile o no che gli elementi pericolosi del popolo che invita si sviluppino nell’accordo che pretende a scapito del popolo invitato; deve indagare quali sono le forze politiche del paese che lo invita, quali gli interessi dei suoi partiti e quali gli interessi dei suoi uomini al momento dell’invito. Chi decide senza indagare o desideri l’accordo senza sapere o lo raccomandi tanto per parlare o perché fuorviato o lo difenda per la pochezza del suo provincialismo, farà del male all’America. […] Finché gli Stati Uniti non sapranno di più dell’America Latina e non la rispetteranno di più […] possono gli Stati Uniti invitare l’America Latina a un’associazione sincera e utile per essa? Conviene all’America Latina l’unione politica ed economica con gli Stati Uniti? Chi dice unione economica dice unione politica. Il popolo che compra, comanda. Il popolo che vende, è schiavo. […] ”.

Sono passati quasi centovent’anni dalla morte del rivoluzionario cubano e l’America Latina sta vivendo importanti cambiamenti. Il ventunesimo secolo ha visto la formazione di governi progressisti accomunati dall’opposizione al neoliberismo (declinata in forme diverse), la nascita di UNASUR e ALBA. Quest’ultima, nata in opposizione all’ALCA, si propone di difendere gli interessi dei paesi latinoamericani per bilanciare le asimmetrie tra i singoli Stati e combattere le disuguaglianze. L’ ALCA, progetto statunitense volto a ridurre le barriere doganali tra i paesi delle Americhe con l’esclusione di Cuba, è praticamente fallita in occasione del quarto Vertice delle Americhe. La nascita della CELAC ( che, come già detto, racchiude al suo interno realtà politiche molto diverse) si inserisce all’interno di questo processo di integrazione regionale sostenuta e promossa dall’importante affermazione di governi di indirizzo progressista ( neanche lontanamente immaginabili fino a non molti anni fa). Si riportano alcuni passi significativi della Dichiarazione di Santiago (3), documento conclusivo del summit della CELAC, riguardanti la necessità del multilateralismo nelle relazioni internazionali e in particolare le posizioni assunte sulla questione delle Isole Malvinas e sulla Siria: “ 4. […]Upon the 180th anniversary of the occupation by the United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland of Malvinas Islands, recall that the regional support to the Argentine claim towards such occupation of these territories is included in this heritage”

6. Reaffirm our conviction that agreed decisions reached in the scope of multilateralism are the cornerstone of an effective international order that can contribute to world peace and security. Reject, therefore, unilateral measures with extraterritorial effects that are contrary to international law and that might threaten multilateralism”

Per quanto riguarda la questione siriana, prendendo atto della gravità della crisi, si sollecita la comunità internazionale per una soluzione politica e pacifica senza alcuna interferenza esterna. Si riporta la parte conclusiva:

20. […] In that regard, we renew our support to the efforts to the Mission of the United Nations Special Joint Representative and of the Leage of Arab States of Syria, which results in an end to the violence and a solution can be achieved that is aimed at the welfare of the Syrian people and stability of the Arab Republic of Syria with the full respect for the sovereignty, independence, unity territorial integrity of that country, and in compliance with the principles and purposes of the United Nations Charter”

La presa di posizione in favore di una soluzione politica che rispetti la sovranità e l’indipendenza della Repubblica Araba di Siria è chiarissima e si inserisce appieno nella visione multilaterale dei rapporti internazionali che propone la CELAC.

Il centosessantesimo anniversario della nascita di José Martí coincide quindi con il conferimento della presidenza pro tempore della comunità a Cuba, importantissimo riconoscimento della rivoluzione cubana all’interno di un processo di integrazione latinoamericana di epocale importanza. L’America Latina per secoli sfruttata, depredata e deturpata si sta ritagliando in modo democratico e autonomo il ruolo e l’importanza che le spettano all’interno di un mondo che si va ridisegnando all’insegna del multipolarismo.
 


Note


I passi riportati di José Martí sono tratti da “Cuba USA America Latina”, scritti politici 1871-1895 / José Martí ; a cura di Marco Massoli e Antonio Melis; Firenze, La nuova Italia, 1972.
(1) http://www.fordham.edu/halsall/mod/1901platt.asp
(2) http://www.siporcuba.it/rf56t.htm
(3) Per leggere l’intero documento della Dichiarazione di Santiago: http://www.gob.cl/celac-noticias-en/2013/01/28/declaration-of-santiago-of-the-first-celac-summit.htm