“La causa nazionale latinoamericana è, anzitutto, una causa sociale: perché l’America Latina possa rinascere, bisognerà cominciare con il rovesciarne i padroni, paese per paese. Si spalancano tempi di ribellione e di cambiamenti. C’è chi crede che il destino stia nel grembo degli dei, ma la verità è che lavora, come una sfida incandescente, sulla coscienza degli uomini.”
(Eduardo Galeano, “Le vene aperte dell’America Latina”)
Il 27 e 28 gennaio 2013 a Santiago de Chile si è tenuto il primo summit
della Comunità dell’America Latina e dei Caraibi
(CELAC), nata il 2
dicembre 2011 a Caracas. Il summit si è concluso con la Dichiarazione di
Santiago. La CELAC è costituita da 33 Stati di America Latina e Caraibi,
fondamentale è l’assenza di Stati Uniti e Canada. Per quanto tra i paesi
facenti parte della comunità vi siano evidenti divergenze politiche, c’è
la volontà e l’interesse comune di trattare le questioni regionali senza
l’ingerenza della longa manus proveniente dal nord.
La
comunità è stata salutata da Fidel Castro come il più grande successo
istituzionale dell’ultimo secolo per la regione e definita da Daniel
Ortega la “condanna a morte per la Dottrina Monroe”. Raul Castro, sempre
nel 2011, ha detto che per la prima volta nella storia “abbiamo
un’organizzazione della Nostra America”, citando il celebre scrittore,
patriota e rivoluzionario cubano José Martí.
Il 28 gennaio contemporaneamente al summit , a Cuba si sono tenuti i
festeggiamenti per il centosessantesimo anniversario della nascita di
José Martí,
evento di straordinaria importanza simbolica dato che Cuba ha assunto la
presidenza pro tempore della CELAC per il 2013.
José Martí non
è considerato esclusivamente un patriota e rivoluzionario cubano ma è
percepito come un eroe dell’ intera America Latina, che egli stesso
definì “ Nuestra America”. Giovanissimo, partecipa all’insurrezione
cubana del 1868 che vide i proprietari terrieri orientali alla guida di
contadini e schiavi, sotto il comando di Céspedes, opporsi al regime
coloniale spagnolo. Martí viene incarcerato ed esiliato in Spagna. Negli
anni successivi si stabilisce in Messico, in Guatemala, poi ritorna a
Cuba, nel 1879 viene nuovamente deportato in Spagna ma riesce a
imbarcarsi per gli Stati Uniti. Gli anni trascorsi negli USA
rappresentano un punto di svolta nell’elaborazione del pensiero politico
martiano: inizialmente predisposto molto positivamente verso gli Stati
Uniti, arriverà ad assumere posizioni nettamente antimperialiste
lottando con tenacia nel fronte antiannessionista. Nella lettera
all’amico messicano Manuel Mercado scritta il 18 maggio 1895, lucida ed
estrema testimonianza del pensiero politico martiano, emerge la limpida
denuncia del pericolo imperialista statunitense. La lettera, rinvenuta
in una sua tasca, è rimasta incompiuta; Martì morì il 19 maggio in
battaglia, durante uno scontro con la retroguardia spagnola a Dos Rìos.
Si riportano alcuni passaggi della lettera: “ Fratello mio carissimo […]
ormai corro quotidianamente il rischio di dare la vita per il mio paese
e per il mio dovere – lo comprendo bene e sono deciso a compierlo fino
in fondo – di impedire in tempo, con l’Indipendenza di Cuba, che gli
Stati Uniti si estendano sulle Antille e si precipitino con questa forza
in più sulle nostre terra d’America. Quanto ho fatto fino ad oggi e farò
in avvenire è per impedire proprio questo. […] Gli stessi obblighi
minori e ufficiali dei popoli, come il suo e il mio, interessati in
maniera più vitale a impedire che a Cuba si apra, con l’annessione da
parte degli imperialisti di là e degli spagnoli, la strada che bisogna
sbarrare, e che stiamo sbarrando col nostro sangue, dell’annessione dei
popoli della nostra America al Nord torbido e brutale che li disprezza,
avevano loro impedito […] Ho vissuto nel mostro e conosco le sue
viscere: e la mia fionda è quella di David. […]”.
Martí considera la lotta per l’indipendenza cubana inscindibilmente
legata al destino di tutta l’America Latina e dà rilievo alla questione
nazionale verso cui ritiene sia necessario indirizzare tutte le forze;
Il pensiero politico martiano, pur tenendo in considerazione la
questione sociale, presenta una visione interclassista della società nel
segno dell’”armonia” e della “conciliazione”. Il 30 gennaio 1891 in ”La
Nostra America”, un saggio pubblicato su <<El Partido Liberal>> emerge
con forza la questione latino-americana e l’opposizione nei confronti
degli Stati Uniti: “ […] Ma un altro pericolo corre, forse, la nostra
America, un pericolo che non proviene da lei stessa, ma dalla diversità
di origini, sistemi e interessi tra i due fattori continentali, ed è
giunta l’ora in cui le si avvicinerà, proponendo relazioni strette, un
popolo intraprendente e forte, che la ignora e la disprezza. […] il
dovere urgente della nostra America è quello di mostrarsi così com’è,
una per spirito e intenti, rapida nel superare un passato soffocante,
macchiata solo del sangue fecondo che fa uscire dalle mani la battaglia
contro le rovine o del sangue delle vene che ci hanno lasciato forate i
nostri padroni. Il disprezzo del vicino formidabile che non la conosce,
è il pericolo più grave che corre la nostra America; ed è urgente,
poiché il giorno della visita è prossimo, che il vicino la conosca
presto, perché non la disprezzi […]. “
L’analisi severa dell’imperialismo americano e la continua tensione
verso l’unità dei popoli latino-americani conferiscono al pensiero
martiano una sconvolgente attualità. Pochi anni dopo la morte di Martí ,
nel 1901, il Congresso statunitense approvò l’Emendamento Platt
(inserito nella costituzione repubblicana del 1902), che rese Cuba de
facto un protettorato statunitense, riservando agli Stati Uniti il
diritto di intervenire negli affari interni cubani (1). La necessità
dell’indipendenza latino-americana e la comprensione del pericolo
imperialista vennero espresse da Martí anche in occasione della
Commissione Monetaria Internazionale Americana convocata dagli Stati
Uniti nel 1891 per imporre ai paesi dell’America Latina un’unica moneta
per le transazioni commerciali. Martí pubblicò un articolo su “La
Rivista Ilustrada” di New York nel maggio 1891. Fidel Castro, in un
articolo del 2009, ha definito la suddetta presa di posizione di José
Martí come “l’analisi politica ed economica più impressionante che ho
mai letto in vita mia” (2). Si riportano alcuni passaggi dell’articolo
di J. Martí: “Quando un popolo è invitato da un altro ad accordarsi,
l’accordo lo potrà fare in fretta lo statista ignorante e fuorviato,
potrà celebrarlo senza giudizio la gioventù invaghita delle belle idee,
potrà accoglierlo come una mercede il politico venale o demente e
glorificarlo con parole servili. Ma chi sente nel cuore l’angoscia della
patria, chi vigila e prevede, deve indagare e deve dire quali elementi
compongono il carattere del popolo che invita e di quello che viene
invitato, se essi sono predisposti all’opera comune di precedenti e
tradizioni comuni e se è probabile o no che gli elementi pericolosi del
popolo che invita si sviluppino nell’accordo che pretende a scapito del
popolo invitato; deve indagare quali sono le forze politiche del paese
che lo invita, quali gli interessi dei suoi partiti e quali gli
interessi dei suoi uomini al momento dell’invito. Chi decide senza
indagare o desideri l’accordo senza sapere o lo raccomandi tanto per
parlare o perché fuorviato o lo difenda per la pochezza del suo
provincialismo, farà del male all’America. […] Finché gli Stati Uniti
non sapranno di più dell’America Latina e non la rispetteranno di più
[…] possono gli Stati Uniti invitare l’America Latina a un’associazione
sincera e utile per essa? Conviene all’America Latina l’unione politica
ed economica con gli Stati Uniti? Chi dice unione economica dice unione
politica. Il popolo che compra, comanda. Il popolo che vende, è schiavo.
[…] ”.
Sono passati quasi centovent’anni dalla morte del rivoluzionario cubano
e l’America Latina sta vivendo importanti cambiamenti. Il ventunesimo
secolo ha visto la formazione di governi progressisti accomunati
dall’opposizione al neoliberismo (declinata in forme diverse), la
nascita di UNASUR e ALBA. Quest’ultima, nata in opposizione all’ALCA, si
propone di difendere gli interessi dei paesi latinoamericani per
bilanciare le asimmetrie tra i singoli Stati e combattere le
disuguaglianze. L’ ALCA, progetto statunitense volto a ridurre le
barriere doganali tra i paesi delle Americhe con l’esclusione di Cuba, è
praticamente fallita in occasione del quarto Vertice delle Americhe. La
nascita della CELAC ( che, come già detto, racchiude al suo interno
realtà politiche molto diverse) si inserisce all’interno di questo
processo di integrazione regionale sostenuta e promossa dall’importante
affermazione di governi di indirizzo progressista ( neanche lontanamente
immaginabili fino a non molti anni fa). Si riportano alcuni passi
significativi della Dichiarazione di Santiago (3), documento conclusivo
del summit della CELAC, riguardanti la necessità del multilateralismo
nelle relazioni internazionali e in particolare le posizioni assunte
sulla questione delle Isole Malvinas e sulla Siria: “ 4.
[…]Upon the 180th anniversary of the occupation by
the United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland of Malvinas
Islands, recall that the regional support to the Argentine claim towards
such occupation of these territories is included in this heritage”
“ 6. Reaffirm our conviction that agreed
decisions reached in the scope of multilateralism are the cornerstone of
an effective international order that can contribute to world peace and
security. Reject, therefore, unilateral measures with extraterritorial
effects that are contrary to international law and that might threaten
multilateralism”
Per quanto riguarda la questione siriana, prendendo atto della
gravità della crisi, si sollecita la comunità internazionale per una
soluzione politica e pacifica senza alcuna interferenza esterna.
Si riporta la parte conclusiva:
“ 20. […] In that regard, we renew our support
to the efforts to the Mission of the United Nations Special Joint
Representative and of the Leage of Arab States of Syria, which results
in an end to the violence and a solution can be achieved that is aimed
at the welfare of the Syrian people and stability of the Arab Republic
of Syria with the full respect for the sovereignty, independence, unity
territorial integrity of that country, and in compliance with the
principles and purposes of the United Nations Charter”
La presa di posizione in
favore di una soluzione politica che rispetti la sovranità e
l’indipendenza della Repubblica Araba di Siria è chiarissima e si
inserisce appieno nella visione multilaterale dei rapporti
internazionali che propone la CELAC.
Il centosessantesimo anniversario della nascita di José Martí coincide
quindi con il conferimento della presidenza pro tempore della comunità a
Cuba, importantissimo riconoscimento della rivoluzione cubana
all’interno di un processo di integrazione latinoamericana di epocale
importanza. L’America Latina per secoli sfruttata, depredata e deturpata
si sta ritagliando in modo democratico e autonomo il ruolo e
l’importanza che le spettano all’interno di un mondo che si va
ridisegnando all’insegna del multipolarismo.
Note
I passi riportati di José Martí sono
tratti da “Cuba USA America Latina”, scritti politici 1871-1895 / José
Martí ; a cura di Marco Massoli e Antonio Melis; Firenze, La nuova
Italia, 1972.
(1)
http://www.fordham.edu/halsall/mod/1901platt.asp
(2)
http://www.siporcuba.it/rf56t.htm
(3) Per leggere l’intero
documento della Dichiarazione di Santiago:
http://www.gob.cl/celac-noticias-en/2013/01/28/declaration-of-santiago-of-the-first-celac-summit.htm