Il Presidente statunitense Obama è al suo secondo
mandato; potrebbe, adesso, avere le mani più libere per
adempiere ad alcune delle promesse fatte in campagna
elettorale e rimuovere finalmente le disposizioni che
violano il rispetto dei diritti umani e le norme che
tutelano i cittadini nordamericani e del resto del mondo che
il presidente Bush ha introdotto all’indomani dell’ 11
settembre del 2001.
Purtroppo, però, non si vedono molti passi avanti in questo
delicato settore. A Guantanamo è cominciato in questi giorni
il processo contro Jalid Sheij Mohamed, accusato di essere
il cervello degli attacchi alle Torri Gemelle, il che
significa che quella basa continua a mantenere le sue
funzioni di carcere extra territoriale per 166 detenuti,
dodici anni dopo la sua apertura. Si direbbe, al contrario,
che l’impegno di chiudere quel carcere, sia sempre meno
prioritario per il presidente Obama, se è vero che nelle
settimane scorse il Dipartimento di Stato ha chiuso
l’ufficio incaricato di gestirne la chiusura mentre il
responsabile Daniel Fried è stato spostato ad un altro
incarico e non è stato sostituito da un altro inviato
speciale.
Queste notizie contrastano con le dichiarazioni
del portavoce della Casa Bianca, Jay Carney che, proprio la
settimana scorsa ha rinnovato l’impegno del governo a
chiudere la prigione di Guantánamo come Obama si era
impegnato a fare appena eletto nel 2009.
Dubitare della serietà di quella promessa è lecito se è vero
quel che ha raccontato il canale televisivo NBC divulgando
un documento di 16 pagine del Dipartimento di Giustizia in
cui viene fornita la giustificazione legale per
l’eliminazione di cittadini nordamericani all’estero. Per
quanto il solito portavoce Jay Carney abbia dichiarato che
il presidente Obama è molto attento a rispettare la
Costituzione nelle azioni rivolte contro il terrorismo, la
verità è che – pressato dagli interrogativi di alcuni membri
dei Comitati di Giustizia e Intelligenza del Senato - il
Dipartimento di Giustizia, nel 2011, ha fornito un documento
(più ampio delle 16 pagine che lo riassumono adesso rese
pubbliche dalla NBC) in cui si sostiene che, poiché Al Qaeda
prepara in maniera continua e senza sosta attacchi
terroristi contro gli Stati Uniti, il Governo non ha bisogno
di prove concrete per agire.
Il casus belli è l’eliminazione, attraverso un
aereo non pilotato (un micidiale
drone), di Anwar Al Aulaki,
cittadino statunitense, ancorché predicatore della Jihad e
rifugiato in Yemen. Insieme a lui sono morti altri due
cittadini statunitensi oltre al figlio sedicenne del
predicatore, anche lui cittadino nordamericano.
Secondo molte organizzazioni per i diritti umani degli Stati
Uniti, si è trattato di un’esecuzione extra giudiziaria per
cui hanno denunciato il governo esigendo di conoscere il
memorandum che regola questo tipo di operazioni.
L’amministrazione di Obama ha fatto orecchie da mercante ma
adesso che quel testo è finito nelle mani del giornalista
Michael Isikoff della NBC, al portavoce Carney non è rimasto
che sostenere che “questi attacchi sono legali, sono etici e
sono intelligenti”, tirandosi naturalmente addosso l’ovvia
domanda: “Il figlio di 16 anni di Aulaki, ucciso dal drone,
era anche lui un terrorista che faceva pensare ad un attacco
imminente?”
La Casa Bianca non può cavarsela con la semplice
affermazione che l’Amministrazione fa molta attenzione nel
momento di decidere chi e in che momento va attaccato”.
Il caso di Aulaki suscita interrogativi e per fortuna induce
organizzazioni, gruppi per i diritti civili, congressisti
perché si tratta di cittadini statunitensi. Ma chi potrà
chiedere ragione alla Casa Bianca per tutto quel che succede
con i cittadini del resto del mondo?
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