LA LIBERTÀ DI YOANI:

PARAFRASANDO UN TERRORISTA

 

 

 

12.04.2013 - di Aleida Godínez http://cubananatural.typepad.com/blog/

 

 

Yoani Sánchez visita Miami. È la tappa più anelata di un giro pagato dalla CIA. Il resto dei porti toccati sono puro schermo. Come i toreri rinomati dopo aver infilzato il toro, uscirà di spalle dalla mafia terroristica coperta durante mezzo secolo dai peggiori dei nati a Cuba e negli stessi Stati Uniti, dal consenso delle loro amministrazioni.

 

Anche se sono dell’opinione che interesserebbe a molto pochi, nessuno a Cuba può conoscerla, grazie alla politica di isolamento economico che [gli Stati Uniti] ipocritamente utilizzano per accusare il governo cubano di restringere l’accesso a Internet. Come lei stessa ha pubblicato sul suo blog, vive “Nell’isola dei disconnessi!”, lei stessa ha appena riconosciuto in un salone del Congresso quanto pochi sono numericamente quando ha affermato: “Se tutti i cubani che stanno tentando di fare qualcosa dentro l’Isola per democratizzare il paese potessero arrivare fino a qui, sono sicura che potremmo riempire questa sala”.

 

A parte questo, quelli che la contrastano abbiamo milioni di ragioni per farlo. È probabile che chi ora gioca con il toro si sia dimenticato l’apologia che aveva fatto della licenza di uccidere: “Gente che aspetta con il bastone o il coltello sotto il letto per poterli un giorno usare. Odi imbottiti contro quello che lo denunciò, si è loro impedito che avessero un impiego migliore o si fece in modo che il figlio più piccolo non potesse studiare all’Università. Ci sono tanti che aspettano un possibile caos che dia loro il tempo necessario per la vendetta, che desidererebbero non essere nati in questa epoca dove solo si può essere vittima o carnefice, dove tanti rimpiangono la notte dei lunghi coltelli”.

 

Yoani ha avuto la sfrontatezza di concedere interviste ma nessuna a un giornalista rispettabile, bensì a quelli che persino un giorno condannarono i Cinque antiterroristi cubani in un insultante giudizio e hanno preso dei soldi per imporre alla giuria, assediata e con pregiudizi, le crudeli condanne che con marcato patriottismo e dignità affrontano quasi da 15 anni, i cubani che hanno portato l’uniforme di recluso con lo stesso onore e coraggio con cui un soldato porta le sue più preziose decorazioni. Ma ella dorme come il suo ammiratore Luís Posada Carriles, dopo birre e cari paladares, come un bebé.

 

Accusano gli amici della Rivoluzione Cubana di essere dei furfanti aggressivi, orchestratori di incidenti sul suolo nordamericano. Bisogna chiedersi: da quando gli Stati Uniti concedono visti agli amici di Cuba definiti con quell’appellativo che può albergare solo in menti come quella di Carlos Alberto Montaner? Se qualche volta lo ha fatto, è stato proprio quando hanno ammesso lui negli Stati Uniti, quando lo hanno ricevuto dopo avere evaso la giustizia cubana stanco di far esplodere negozi in quartieri di La Habana degli anni ‘60, come davvero fa solo un assassino da quando era appena adolescente.

 

Nessuno a Cuba ha tentato di far tacere la bloguera pagata dall’impero. Insieme al suo lavoro come salariata di Washington è stata nominata corrispondente a La Habana del giornale spagnolo El País, Segretaria della Società Interamericana della Stampa per la regione e non ha mai affrontato un processo penale contro di lei.

 

I suoi argomenti si basano sulle direttive della Central Agency of Intelligence, e sulla sua politica ostile, di più di mezzo secolo contro Cuba, che non ci perdona di aver fatto una Rivoluzione più grande di noi stessi.

 

Stanchi come devono già essere di sentire per anni lo stesso racconto, di vedere screditare davanti ai loro occhi finti scioperi della fame e stereotipate e ingannatrici vecchie facce che i più alti funzionari diplomatici a La Habana non si vergognano di riconoscere che i loro dissidenti remunerati vanno di porta in porta “troppo preoccupati di cercare denaro per le proprie vite e non godono di riconoscimento popolare”.

 

Se rimaneva qualche dubbio, il che sembra già poco probabile, il suo giro per il mondo della mafia del Congresso degli Stati Uniti e dei più recalcitranti della fauna terroristica che abita a Miami, lo ha appena confermato. È andata lì ad alimentare individui come Ramón Saúl Sánchez Rizo, al quale dobbiamo insieme a Eduardo Arozena l’avere introdotto a Cuba il ceppo del dengue emorragico che causò la morte, oltre ad altre persone, di 101 bambini cubani. È andata lì a trovare il sostegno di un assassino abominevole che risponde al nome di Félix Rodríguez che ha dato l’ordine di assassinare Ernesto Ché Guevara nella scuola di la Higuera quel fatidico 9 ottobre 1967.

 

Certamente altri blogueros hanno potuto essere premiati con tanti fasci di migliaia di euro per infamare Cuba, ma la CIA ha studiato molto bene la sua personalità perché la bloguera, secondo le sue parole “crede che l’autonomia economica del cittadino porta irrimediabilmente autonomia politica”, secondo le sue stesse parole “l’ho vissuto sulla mia pelle: sono passata dal silenzio all’opinione proprio il giorno in cui ho potuto dedicarmi alla mia attività professionale e lavorativa che mi ha permesso autonomia dallo stato”, e conosce ciò che è capace di fare per ottenerla. Non dimentichiamo che il suo interesse per il denaro la portò a sposarsi con un cittadino tedesco per andare a risiedere in Svizzera, con l’assenso del suo allora marito Reinaldo Escobar per raggiungere i suoi obiettivi. E rimarco l’allora marito perché risulta complicato qualificare il suo attuale stato civile.

 

Là fu la Generación Y in persona a ricevere gli applausi di traditori e imbroglioni, assassini e batistiani, maneggiatori di bombe e manipolatori mediatici mascherati da vittime innocenti, con il beneplacito del governo che secondo lei l’ha perseguitata, ricordiamo quel post: “Sotto casa mia ci sono due uomini che mi seguono da qualunque parte!”.

 

Là si sta rigirando negli escrementi di Miami rendendo conto a coloro che la pagano e la applaudono, la stimolano e ne ammirano l’ego, là è andata a leccare gli stivali a chi uno di questi giorni come è già successo con famosi dissidenti “Hanno messo lo yacht in mare, ma faceva acqua”.

 

Ma non siamo sorpresi, ce l’ha insegnato il nostro americano José Martí quando disse: “Questo mondo ha incredibili viltà, tutte causate dall’interesse”.

 

La viltà di Yoani Sánchez è vendere la Patria per un pugno di dollari e così riaffermare il suo compromesso col terrorismo.