Alessandro Pagani – http://albainformazione.com
“Fai attenzione ai mezzi di comunicazione, perché se non sarai prevenuto, costoro ti faranno amare l’oppressore e odiare l’oppresso”, ebbe a scrivere Malcom X il grande attivista nero assassinato il 21 febbraio 1965 all’interno del terrorismo di Stato statunitense contro la comunità afroamericana negli USA.
Orbene, quando leggiamo articoli come quello di Massimo Cavallini sul “Fatto Quotidiano” dell’11 settembre 2015 in merito alla condanna di 13 anni e 9 mesi al fascista e golpista reo confesso Leopoldo Lopez, non possiamo fare a meno di constatare come la suddetta frase di Malcom X si addica proprio a questo genere di giornalisti salariati, che cercano di far “amare l’oppressore e odiare l’oppresso”. Costui infatti accusa di “processo farsa” e di “condanna farsa” il potere giudiziario di un paese sovrano riconosciuto dalle Nazioni Unite. Egli, parla di un paese all’orlo del baratro, quando, invece, sappiamo che il Venezuela è stato premiato dalla FAO per aver debellato completamente il problema della fame in Venezuela; senza poi menzionare tutte le missioni e progetti sociali che hanno ridato speranza ad una popolazione – quella venezuelana – che nella sua maggioranza, fino a prima del trionfo rivoluzionario di Chávez nel 1999, si trovava relegata ai margini della società.
Il giornalista, inoltre, si lascia andare a giudizi di valore fuori luogo e fuori da ogni realtà quando afferma che: “il governo bolivariano – oggi guidato da Nicolas Maduro, figlio ed apostolo di Hugo Chávez- s’è rivelato del tutto incapace, non solo di governare un Paese trascinato sull’orlo dello sfascio economico, politico e morale, ma anche di allestire un’appena decente (decente nel senso di non totalmente grottesca) parodia di giustizia”. Ora, tali affermazioni sono false. Maduro – come sappiamo – si sta dimostrando un ottimo successore di Chavez, se pensiamo alla politica interna e internazionale che sta portando avanti assieme alla collaborazione del popolo venezuelano e mediante accordi che stanno rafforzando il progetto bolivariano e martiano di una Patria Grande in “Nuestra América”.
Da quando Maduro è al governo, non è di certo mancato l’ampliarsi della guerra di “Quarta Generazione” contro il processo rivoluzionario. Questo lo si evince se pensiamo alle campagne mediatiche in corso contro il governo di Maduro; se pensiamo alla guerra economica, alla guerra psicologica e culturale; al paramilitarismo e alle “guarimbas”, che hanno portato il paese andino-amazzonico al limite di una guerra a “bassa intensità”, e che se non si è conclusa in un colpo di stato o in una guerra civile, è dovuto alla grande capacità politica e umana del primo presidente operaio di “Nuestra América”, il Compagno Nicolas Maduro. Un Nicolas Maduro, che ha saputo raccogliere e rafforzare la bandiera dell’unità civico-militare ereditata dal Comandante Eterno Hugo Chavez.
Le accuse di “processo farsa” e di “condanna farsa” palesano il ridicolo, se non fosse che tali considerazioni vanno inserite all’interno di una campagna di odio orchestrata dalle agenzie dell’impero con sede a Washington. Non è un caso, infatti, che l’articolo di Cavallini è un vero e proprio “copia e incolla” di altri articoli “spazzatura” della stampa allineata agli interessi di stato statunitensi (BBC, el Pais, El Mundo, etc) e che cercano di “far amare l’oppressore”: l’imperialismo yankee e i suoi accoliti, e “odiare l’oppresso”: i popoli e i governi che oggi stanno dimostrando all’opinione pubblica internazionale che uscire dalla crisi del capitale è possibile solo nella costruzione del socialismo del XXI secolo; attraverso la realizzazione di quello che i popoli e i governi membri dell’ALBA-TCP definiscono – a ragione – come “Nuestros Socialismos” (al piurale, perché basato sulle proprie condizioni oggettive e soggettive presenti nelle diverse nazioni).
Ma chi è Leopoldo Lopez? Questo fascista e golpista reo confesso, che suddetto giornalista italiano lo disegna come un “paladino della libertà”, un “oppresso”, un “combattente per la libertà”?
Lopez, di cittadinanza venezuelana, è il capo dell’organizzazione di estrema destra “Voluntad Popular”, gruppo che non ha mai nascosto le proprie simpatie per altri gruppi di estrema destra che nel passato non troppo remoto, durante gli anni delle dittature militari fasciste e dell’Operazione Condor in America Latina, si sono macchiati dei peggiori crimini contro l’umanità; da quando è finita la seconda guerra mondiale. Per fare un confronto con l’Italia potremmo dire che Voluntad Popular rappresenta la stessa forza politica che allora ha rappresentato l’MSI in Italia.
Le attività di Leopoldo Lopez hanno inizio negli anni Novanta del secolo passato quando costui intraprende un percorso di studi nel Kennedy School of Government dell’Università di Harvard, un Centro di alti studi strategici e militari finanziato e diretto dalla Agenzia Centrale di Intelligence statunitense (CIA). Fu allora che Lopez conobbe il generale David Petraeus, che successivamente si è scoperto essere un agente della CIA.
Nel 2002, in seguito all’addestramento ricevuto da quella accozzaglia di spie e assassini che sono la CIA, lo vediamo dirigere le proteste che provocarono decine di morti innocenti, propiziando il colpo di stato contro il governo rivoluzionario e bolivariano di Hugo Chavez. Sempre i quei giorni, si fece conoscere per l’assedio contro l’Ambasciata della Repubblica di Cuba a Caracas.
Nonostante un’amnistia ricevuta nel 2007, Lopez rimarrà al centro dell’attenzione, per l’ingente e cospicuo furto di fondi da PDVSA, attraverso “Primero Justicia”, il Partito di cui è stato il dirigente principale.
Leopoldo Lopez non ha mai nascosto il suo interesse a diventare presidente della Repubblica, qualcosa che non è un reato in Venezuela, non fosse altro che, per ottenere tale obiettivo e di fronte all’incapacità di fare breccia nella maggioranza della popolazione venezuelana, decideva di costituire un “patto criminale” con l’estrema destra narco-paramilitare colombiana e nella fattispecie con Alvaro Uribe, accusato non poche volte per i suoi stretti legami con le Autodefensas Unidas de Colombia che, al contrario di essere state smantellate durante il suo governo, hanno trovato riparo giuridico dietro alla sua “mano dura” contro il popolo colombiano e il suo “cuore grande” verso i paramilitari.
In un intervista Alvaro Uribe dichiara: “Mi sono riunito con Leopoldo Lopez, un dirigente politico, giovane e ambizioso, con grandi capacità come dirigente politico. Con lui abbiamo delineato la lotta contro il narcotraffico”. Questa intervista risale a quando Uribe era presidente della Colombia.
Ora, bisognerebbe chiedere a Cavallini, che scrive per il “Fatto Quotidiano”, un quotidiano che fa della “lotta contro la corruzione” il suo cavallo di battaglia, perché mai un presidente della Repubblica di una nazione come la Colombia si riuniva con il capo dell’opposizione – di una opposizione per di più golpista e immischiata nel narcotraffico – e non con il governo eletto democraticamente e costituzionalmente presente in Venezuela, per parlare di lotta contro il narcotraffico? Cosa direbbe un qualsivoglia governo italiano, se il presidente di un paese amico si incontrasse con i capi della mafia per parlare di lotta contro il narcotraffico, per esempio?
Risulta evidente che leggendo l’articolo di Cavallini, chi stia muovendo un “giudizio farsa” non è il potere giudiziario venezuelano, ma, semmai, il giornalista italiano, che al posto di provare ad analizzare senza pregiudizi ideologici la complessa situazione oggi in corso in Venezuela, ha preferito dare addito alle fanzine di una certa stampa internazionale allineata alla guerra non convenzionale in corso contro il Venezuela e contro tutti i Paesi membri dell’ALBA-TCP, che evidentemente danno fastidio agli interessi economici degli Stati Uniti nell’emisfero occidentale, dove l’America Latina è sempre stata considerata dai governi statunitensi come il proprio “Patio Trasero” (Giardino di casa).
Un altro colpo contro la credibilità del giornalismo italiano.