All’inizio di gennaio del 2014 le agenzie davano notizia che, finalmente, il comando militare USA aveva accettato la riduzione e spostamento della base militare di Futenma sull’isola giapponese di Okinawa. Da molti anni era in atto un braccio di ferro tra gli abitanti dell’isola e i comandi militari statunitensi con una quantità di manifestazioni di protesta e denuncia, anche di oltre 100mila persone, sia in Okinawa che sul territorio metropolitano del Giappone, contro la presenza della base di Futenma e i problemi derivanti dalle migliaia di militari americani. In realtà il problema è ancora più vasto poichè gli USA hanno sull’isola qualcosa come 14 basi (aeree, marina, marine) che occupano il 18% del territorio con quasi 30mila soldati. Ne scrisse diverso tempo fa anche il Corriere della Sera con abbondanza di dati, dettagli e cartine, ma curiosamente senza citare il vero motivo di disagio e proteste della popolazione.
Cioè la notevole massa di disturbi, molestie e atti di violenza dei militari USA. Diverse le aggressioni e stupri di ragazze tra cui, anni fa, l’uccisione di una di esse. Vi sono località, nell’isola di Okinawa, in cui sono più numerosi i militari statunitensi che non la popolazione asiatica.
Evidente la lunga lotta dei civili contro le basi ma anche contro amministrazioni giapponesi a lungo piuttosto sorde alle proteste della gente. Tra l’altro, recenti notizie d’agenzia, davano conto che nel 2013 sono stati denunciati circa 24mila atti di molestie e violenze “all’interno” delle basi USA, cioè tra gli stessi soldati e soldatesse statunitensi sia in patria che nel mondo, dove le basi militari americane sono intorno a 830 e in aumento. Okinawa fu conquistata dagli americani in una durissima battaglia tra marzo e maggio del 1945, poco prima del tremendo atto finale della II guerra mondiale nel Pacifico col bombardamento atomico delle città di Hiroshima e Nagasaki del 6 e 9 agosto 1945 con complessivamente 350mila vittime civili giapponesi.
L’isola di Okinawa, come era strategica allora, lo è anche oggi poiché si trova nel mar cinese orientale molto vicina sia a Taiwan che alle coste meridionali della Cina che è dunque circondata a sud-est da almeno 25 basi militari USA. Inoltre, in seguito alla guerra in Afghanistan, gli americani hanno installato da tempo due grandi e strategiche basi aeree a Mazar-i-Sharif, nel settentrione dell’Afghanistan, e poco più a nord vicino Dushambe, capitale del Tagikistan.
In pratica alcune centinaia di caccia e bombardieri USA si trovano a meno di un’ora di volo dalla frontiera sud-ovest della Cina. Cambiando completamente lo scenario geografico agli antipodi in Americalatina, la situazione è sostanzialmente sempre di notevole e prepotente invadenza USA. Anche qui il dominio strategico dell’Impero è ben chiaro e netto. Per esempio, espulsi nel 2007 con la grande base di Manta dall’Ecuador del presidente Correa ( che ospita da quasi due anni nell’ambasciata di Londra l’arci-nemico informatico degli USA, l’australiano Julian Assange), l’esercito USA ha installato nella stretta alleata Colombia sette nuove basi e addirittura otto ne conta nel territorio del Perù sulla costa del Pacifico.
Si dice che con queste basi e anche altre minori, per esempio nel golpista Honduras (dove venne abbattuto con un colpo di stato quattro anni fa il governo progressista del presidente legalmente eletto Manuel Zelaya ), le forze armate USA possano sorvegliare, per esempio, importanti paesi oggi non propriamente al loro servizio, come Argentina e sopratutto il vasto ed emergente Brasile.
Poi nei Caraibi, oltre al possesso dell’isola di Puerto Rico paese privato di sovranità e ” associato ” agli Usa, è con la tristemente famosa base di Guantanamo che gli USA possono controllare e dominare cieli e mari tra la Florida, il Centro america, i Caraibi e la sponda nord del sud america percorsa sopratutto dal Venezuela bolivariano, altra bestia nera di quello che i caraibici chiamano ” el imperio del Norte”. Oltretutto quella di Guantànamo, che è una delle più vaste basi americane all’estero con 33 chilometri di perimetro, è anche un territorio illegalmente occupato nell’isola di Cuba, paese contro il quale da 55 anni i governi Usa attuano una serie di prepotenze vergognose.
Dal totale blocco economico e commerciale (esteso anche a livello internazionale) che causa a Cuba ogni anno danni per oltre due miliardi e mezzo di dollari, a minacce più o meno velate e numerose provocazioni di vario tipo.
Come le sovvenzioni a suon di milioni di dollari agli sparuti gruppuscoli dei cosiddetti dissidenti (non più di 250 persone in tutta l’isola profumatamente retribuite), fino a gravi atti di violenza appaltati a terroristi esterni a Cuba come Luis Posada Carriles, agente CIA, pianificatore dell’abbattimento con bomba a bordo di un aereo di linea cubano nel 1976 e della serie di bombe in hotel, bar e discoteche dell’Avana nel 1997.
In uno di quegli attentati, opera di mercenari salvadoregni, nell’hotel Copabana nel quartiere di Miramar Playa venne ucciso l’imprenditore italiano Fabio di Celmo. A inizio del 2002 inoltre il governo USA decise di internare proprio a Guantànamo due-trecento prigionieri sospetti di attività anti Usa in relazione alla guerra d’invasione in Afghanistan. Se non fossero bastate le violenze e torture nelle carceri di Bagdad nella concomitante guerra Usa in Irak, anche a Guantànamo sono state in funzione sezioni speciali di tortura come nel famigerato Ray-X camp.
Una vergogna mondiale a cui gli americani hanno sempre voltato le spalle.
A proposito della base di Guantànamo a Cuba, ho ritrovato una videocassetta di un programma del giornalista italiano Oliviero Beha andato in onda su RaiDue nel 1993. Rivisto oggi, risulta che quello di Beha è stato il più serio e completo reportage su Cuba mai fatto dalla tv italiana. E’ di oltre due ore, in due puntate, dove il giornalista della Rai fa un ampio giro per Cuba intervistando decine di persone, dai più umili contadini e lavoratori a storici e docenti universitari, medici ospedalieri e personalità politiche come Vilma Espìn, la mai dimenticata moglie di Raùl Castro scomparsa due anni fa. Ma il giornalista italiano incontra anche uno dei capi dissidenti di allora, Gustavo Arcos.
Dopo L’Avana, con visite in ospedali, scuole, istituzioni, mercati, strade e altre città e campagne dell’isola, Beha giunge a Guantànamo, città da cui prende nome il golfo e l’omonima base Usa che occupa l’intero sbocco sui due lati della baia che si affaccia sul mar Caribe. Beha, ricevuto dal colonnello cubano Josè Requès (il comando USA nega ogni contatto e visita) può vedere una “maqueta”, il modellino in scala della base fatto dai cubani. La base è molto vasta e contiene pista d’atterraggio di 2 chilometri, vari attracchi navali, caserme per almeno 8mila soldati,carceri, grande ospedale, centrale elettrica, campo sportivo.
I cubani, negli anni 80, sulle colline laterali costruirono un mirador, chiamato “Los malones”, una zona panoramica con tanto di bar e cannocchiali per guardare la base. Con richiesta di permesso anticipata, il luogo è stato aperto anche a turisti e visitatori. La base è circondata da alte reti spinate e da 44 torrette armate di sorveglianza americana, separate da soli 60 metri da una seconda linea di torrette questa volta dell’esercito cubano.
La base di Guantànamo, che esiste dal 1902 epoca in cui gli Stati Uniti strapparono Cuba alla Spagna già provata da due guerre d’indipendenza dei cubani, dopo la vittoria della rivoluzione di Fidel Castro di fine 1958, conobbe molti problemi e drammi come l’uccisione da parte degli americani di alcuni pescatori cubani. Altre provocazioni e incidenti continuarono negli anni seguenti ma da tempo gli yankee si sono limitati a grida o gesti insultanti. Proprio a conclusione della inchiesta tv Beha sale su una torretta e intervista due giovanissime guardie cubane, due giovani una bianca e bionda, l’altra di capelli e pelle scura. Hanno 18 e 19 anni, fanno un anno e mezzo di servizio militare attorno alla base statunitense.
Beha chiede loro se non hanno paura, proprio lì al posto 17 gli americani avevano sparato alcuni colpi pochi giorni prima. “No, non abbiamo paura,- rispondono le ragazze-. noi stiamo qui di guardia per coscienza e difesa della nostra Patria, loro stanno là illegalmente e solo per denaro.”. ” Che progetti avete per il futuro”, chiede Oliviero Beha. E le due militari: “Studieremo all’università. Io -dice la soldatessa cubana bianca -voglio diventare medico. Io, aggiunge la soldatessa di colore, frequenterò la facoltà di diritto”. Tv italiana, 1993, Rai Due, reportage a Cuba di Oliviero Beha. Termina con le immagini di queste due sorridenti guardie di frontiera cubane in mimetica e kalasnikov davanti alle fortificazioni della base militare USA di Guantanamo nel territorio di Cuba.
Sui titoli di coda sale la colonna sonora col ritornello musicale di “Guantànamera”…